“Questo povero grida e il Signore lo ascolta”

Lettera alla comunità in occasione della II Giornata Mondiale dei Poveri
15-11-2018

 

“Questo povero grida e il Signore lo ascolta”: è un versetto del Sal 34(33) ad aprire la celebrazione della II Giornata Mondiale dei Poveri e soprattutto a donarci nuovamente la grazia di confidare in Dio quale nostro unico Signore e salvatore. È la forza dei poveri, il loro sguardo verso l’alto, la loro dignità, il loro affidamento a un amore più grande, la loro attesa di vera liberazione, a riconsegnarci il senso, l’urgenza e la radicalità di un cammino da condividere.

I poveri rifugiandosi in Dio e non cedendo all’efficacia di altre garanzie annunciano la vita; la loro condizione li aiuta a essere umili, ad accogliere la mano tesa del fratello e la benedizione della sua presenza; misurano lo spessore delle parole, la delicatezza degli sguardi, la densità del silenzio, gettando nella terra il seme dell’ascolto autentico! I poveri sono beati! Sono beati perché attendono con speranza la verità e la giustizia che germoglieranno nell’abbraccio del fratello!

Insieme a tutta la Chiesa sparsa sulla terra, la nostra comunità diocesana è chiamata a riconoscere il grido del povero come fermento di comunione, perché possiamo crescere e maturare in uno sguardo accogliente che, nella prossimità all’altro, preferisce i più deboli, si accorge di chi fa più fatica, distingue le povertà che rischiano di escludere, di isolare al margine della strada, della storia, nella tristezza e nell’abbandono, nell’indifferenza. L’ascolto del povero si fa memoria di una misericordia che sempre precede e rialza: il Signore per primo si è chinato sul suo popolo, ne ha avuto compassione, ne ha udito il grido, ne ha conosciuto le sofferenze e la miseria, ne ha saggiato l’oppressione. È sceso, lo ha liberato facendolo uscire dalla schiavitù (cf Es 3,7-12).

Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che le prime comunità cristiane cercano di vivere l’unità fraterna, la condivisione del pane e della preghiera, la comunione dei beni (cf At 2,42-48). Nessuno tra loro è bisognoso, ciascuno ha ciò che occorre per vivere. Lo stile di vita povero e fraterno è anche la forza dell’annuncio del Risorto.

Come Chiesa ci è chiesto di ripartire dall’ascolto dei poveri quale processo di reale rinnovamento. Ci è chiesto di farci mediatori della prossimità di Dio, di prendere l’iniziativa, di fare il primo passo, non solo in termini di risposta a un bisogno, in termini di assistenza, ma vivendo la carità come espressione del Regno di Dio vicino, come ricerca di giustizia, come tensione a una solidarietà che possa incidere sulle politiche sociali e alimentare logiche di gratuità, di ricerca del bene comune, perché sia possibile la reale partecipazione degli ultimi, degli esclusi.

Ricordo un passaggio che mi ha molto colpito, ripreso dalla Didascalia apostolorum, in cui l’autore spiega come il vescovo debba comportarsi rispetto alla distribuzione dei posti nelle assemblee delle celebrazioni domenicali. Sono raccomandati con una certa cura il posto che deve occupare ciascuna categoria di persone e l’accoglienza da fare a coloro che giungono a celebrazione iniziata. Se arriva qualcuno che occupa un posto d’onore nella società il vescovo non è tenuto a favoritismi, ma se giunge un povero, soprattutto se straniero e avanti negli anni, il vescovo è tenuto a fermarsi, a cedergli il suo posto, a rischio anche di sedersi a terra.

Ho nel cuore, e non potrebbe essere diversamente, un pensiero particolare per i giovani. Il vostro grido sale a Dio: il lavoro che manca, la necessità di dovere spesso lasciare la nostra terra, la precarietà che vi accompagna, l’incapacità di credere in un amore che duri per sempre. La speranza rinasca in voi e nelle vostre relazioni, perché voi possiate annunciare oggi che è possibile non essere schiavi di logiche di peccato, di sopruso, della sete di profitto, della smania del potere, che Dio non si stanca di scendere, di vincere le tenebre della paura e della rassegnazione, di donare la sua comunione agli uomini.

Chiedo al Signore che il suo annuncio di liberazione conquisti la fame e la sete di senso che è in voi, perché possiate rispondere a Lui con la stessa gratuità con cui vi guarda e vi ama, e possiate considerare di donare la vostra vita seguendolo più da vicino, nella via della povertà e di speciale consacrazione a Lui. Dio non vive fuori dal mondo e dalla storia, la sua comunione rimette in piedi i deboli, ridona la vista ai ciechi, rimargina le ferite dell’anima e dello spirito. Dio non chiama i perfetti, chiama voi che siete capaci di accorgervi del povero!

Sono gli ultimi che ci consegnano tra le mani il valore e la speranza della nostra vocazione missionaria! È agli ultimi in particolare che il Signore affida il sogno di una Chiesa povera, fedele al Vangelo, che accoglie e si prende cura, che sappia fare della condivisione il sale di ogni progetto pastorale. Una Chiesa prossima, accogliente, vicina a tutti. Una Chiesa che non confida nelle strutture e nei programmi ma nella misericordia del Padre. Una Chiesa che riconosce nel volto dei poveri il grido dei suoi figli amati e benedetti. Una Chiesa pronta ad alzare gli occhi al Signore per affidare a Lui il grido dei suoi figli, pronta ad abbassarli per dire grazie, per leggere i segni di misericordia, per benedire le ragioni della speranza, la promessa di pace.

È tutto questo il senso dell’invito che come Chiesa diocesana abbiamo esteso a tanti tra coloro che attualmente hanno perso il lavoro. Condivideremo insieme semplicemente un pranzo ma sarà il segno concreto di un’attenzione che ha bisogno di maturare come presa di coscienza e risposta responsabile nelle nostre comunità.

«Desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi (…) conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa» (Evangelii gaudium, 198). La nostra preghiera e la nostra azione pastorale sentano fortemente il bisogno di riscoprire questa centralità. La nostra gioia risorga ogni giorno nel rendere ragione della speranza dei poveri.

† don Mimmo, vostro padre e fratello