IL SIGNORE È DENTRO LA TUA ATTESA – Lettera del Vescovo Mimmo per la I Domenica di Avvento, 2 dicembre 2018

30-11-2018

 

Cara Gilda,

il mio pensiero, all’inizio di questo nuovo anno liturgico, è rivolto in particolare a te e a tutti i giovani, a voi che abitate questa nostra Chiesa e che riempite di gioia il mio cuore con la vostra presenza ad ogni nostro incontro. Penso alla tua vita e a quella dei tuoi coetanei, penso ai mille impegni che colorano e riempiono le vostre giornate: lo studio, la danza, il calcetto, la palestra, il British e le tante fatiche della vostra età … Siamo sempre di corsa e, in questo correre, troppe volte rischiamo di perdere il sapore dell’attesa, quel tempo lento che rianima la vita.

L’attesa è ciò che tesse le trame della nostra esistenza accompagnandola in ogni suo momento. Ne raccoglie i segreti, le paure e i desideri. È il freno o la spinta, la sua memoria o il fremito del suo cuore. È sempre diversa, ma sempre presente. Attendiamo cose. Attendiamo persone. Noi stessi siamo attesa.

Noi. Attesa. Attendiamo.

L’Avvento è, soprattutto, il farsi prossimo di Dio. Non sulle nubi ma nei piccoli gesti puri dei cuori assetati di pace. Non su un trono di fiamme, ma nella delicatezza improvvisa di chi ci è vicino. Dio elimina ogni distanza, è Lui stesso che viene e, anche all’uomo lontano, va incontro per ricucire i lembi della lontananza. È questo l’Avvento!

Attendi allora, attendi con fiducia. Tutta la vita va vissuta ed interpretata come un’attesa del Signore, il quale non è mai puntuale con gli orari che pretendiamo di fissargli noi, ma è sempre fedele a tutti gli appuntamenti che ci stabilisce Lui.  Non lasciare che il tuo cuore si appesantisca con cose che occupano spazio ma svuotano di senso. Alza il capo, Gilda, si rallegri il tuo cuore: il Signore viene, ancora una volta, per realizzare le Sue promesse di bene, per aiutarti a ricostruire la speranza. Lui viene perché ti ama. Tu attendilo, veglia. Il Signore è il veniente.

Il segno della prossimità del Signore è un germoglio. Questo germoglio è affidato a te perché tu ne sia custode. Un germoglio, ossia un indizio di vita. Una possibilità. Una promessa. Un appuntamento per il futuro. Al germoglio non ti puoi aggrappare per trovare sicurezza e sconfiggere la paura. Il germoglio puoi custodirlo con gli occhi, difenderlo dal gelo con il calore del cuore, favorirne lo sviluppo nella speranza.

Il Vangelo presenta sempre germogli che ti aiutano a crescere e che tu puoi far crescere.

E i germogli spuntano anche nei deserti del mondo. Affiorano perfino tra le rovine. Ma, cara Gilda, se il germoglio è una promessa, è anche una responsabilità. Evoca una promessa mantenuta, che però è tutta da mantenere attraverso la propria attenzione e la propria cura.

Nel Vangelo di questa I domenica di Avvento, Gesù ci prepara a vivere e attraversare le crisi come una componente dell’ordinaria crescita insita nel mistero della vita, che ci richiede una dignità e un’audacia senza pari: stare in piedi e non lasciarsi piegare dalla paura. Non avere paura, Gilda. Non lasciarti mai piegare dalla paura. Questo è il tempo della speranza. Ed è della speranza che dobbiamo prenderci cura. “Alzatevi e levate il capo” sono i verbi che l’avvento ci consegna.

Alzarsi significa credere che il Signore è venuto sulla terra per aiutarci a vincere la rassegnazione, l’indifferenza, la diffidenza. Alzarsi significa allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove il Signore un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza. E non ci sarà più pianto, né lutto, e tutte le lacrime verranno asciugate.

E levare il capo vuol dire muoversi, reagire. Essere certi che il Signore viene ogni giorno, ogni momento, nel qui e ora della storia. L’importante è saperlo attendere, saperlo scorgere dietro la trama dei giorni e sotto la crosta degli avvenimenti.

Non avere paura, Gilda. Non abbiate paura, ragazzi. Vegliate e svegliate. Svegliate tanti dall’appiattimento spirituale. Svegliate la gente dal sonno religioso, dalle abitudini, dalla ripetitività rituale. Aiutate la gente ad entrare nella storia, operando le scelte di ogni giorno secondo la logica del Vangelo. Svegliate il territorio che vi è affidato, scegliendo di abitarlo, da protagonisti e rispondendo con la vita alle domande di senso che la gente pone.

Abbiate cura della speranza, che è nemica di ogni superficialità e di ogni appesantimento. Sperare significa fidarsi del futuro. E prepararlo nella pazienza, nell’attesa trepida, nella fedeltà all’impegno presente. Non appoggiarla su cose o calcoli. Una speranza di corto respiro, ripiegata su sé stessa, individualistica, non è speranza.

Occorre invece sperare per tutti e attendere il Signore assumendo su di sé l’attesa di ogni creatura, anche di coloro che non sperano più nulla, o che si sono stancati di aspettare.

Coraggio, Gilda, l’attesa è resistenza, è pazienza, è responsabilità! Siate voi stessi il segno che viene, perché avete già il cuore oltre le cose. Perché la Parola accade nella storia. Il Signore si fa vicino in questa storia. Non possiamo non conoscere anche le attese di questa storia.

Donaci di amare, Signore, profondamente questa storia, questo nostro tempo, le persone, uomini e donne, giovani, vecchi e bambini. Questi. Questi qui, non altri … donaci di amare questa terra. Donaci di amarli al punto di non contare più il tempo e i passi. Donaci di credere, sì … donaci di credere annunciando, chiamando altri a camminare insieme. Chiamando altri a prendersi cura di questo tempo. Di accogliere l’umano. Questo umano che ti ha tirato sulla terra. Che ti porta nella mia casa. Che ti fa chiedere a ciascuno e anche a me di seguirti. Tu coinvolto con me a tal punto da cambiarmi la vita. Questo fa l’amore. Ama e crede. Questo fa l’amore, coinvolge assumendosene, fino in fondo, la responsabilità. Dona all’altro, a ciascuno, a tutti e anche a me, questo profondo senso di gratitudine che nasce dalla responsabilità profonda che ci tiene in piedi, gli uni davanti agli altri, responsabilità di un vedere, un ascoltare, un capire …

Questo amare ci liberi ad accogliere tutti, nel tempo presente, nel volto che incontriamo. E tutto, tutto il pregare, il sentire, il parlare, sia consegna ad altri del regno vicino … presente.

Credi nell’amore, Gilda. Perché Dio è amore, solo amore, sempre amore.

Il nostro cuore attende. Alza il capo. Risolleva il cuore. Accogli il dono. Accogli la lentezza del tuo tempo per gustare il senso della reale attesa che non è domani, nel giorno della Sua venuta, ma già oggi nel mistero della Sua presenza. Attendi, Gilda. E lo vedrai già davanti a te. Perché il Signore è dentro la tua attesa. E si consegna nelle tue mani, con immensa fiducia. Perché ti ama e si fida di te.

† don Mimmo, tuo Vescovo