Patrono della Diocesi
BIOGRAFIA
Antonio nacque a Lisbona (Portogallo) nel 1195 ed ebbe la sua prima formazione in una famiglia cristiana, importata a Lisbona dopo che, tolta ai musulmani, questa città riebbe il suo volto cristiano (1195-1202). Aveva circa sette anni quando cominciò a frequentare come esterno la scuola della cattedrale e vi ricevette una sufficiente formazione elementare e media, si direbbe ora (1202-1210). In quell’ambiente sbocciò la sua vocazione religiosa. La crisi della pubertà non intaccò la sua innocenza, ma affrettò la sua scelta: l’Ordine dei Canonici regolari di sant’Agostino prima nel monastero di San Vincenzo di Lisbona (1210-1212) e poi in quello di Santa Croce di Coimbra (1212-1220). Vi ricevette una completa formazione religiosa e teologica, la prima favorita dalla sua singolare pietà e disciplina, la seconda dalla sua costante applicazione allo studio e dalla fervida intelligenza e tenace memoria.
Nel 1220 fu sacerdote a Coimbra. Quando ormai pareva gli si aprisse davanti un avvenire tranquillo di insegnamento teologico nelle scuole del monastero o di cura d’anime nelle parrocchie da esso dipendenti, ecco che una nuova crisi lo spinse a passare all’Ordine francescano. Fu la sete del martirio a provocargli quella crisi, quando la chiesa del suo monastero accolse le reliquie dei cinque missionari francescani martirizzati nel Marocco. Indossato l’abito francescano e mutato il nome di Fernando in quello di Antonio, dopo breve preparazione nell’eremo dell’Olivares, vicino a Lisbona (estate-autunno 1220), fece la professione religiosa e partí missionario per il Marocco. Ma subito una strana malattia spezzò il suo sogno (dicembre 1220-marzo 1221). La nave del ritorno, sospinta da venti contrari, anziché in Spagna andò a gettare l’ancora in un porto della Sicilia.
Nel convento francescano di Messina fu informato del Capitolo generale dei francescani, che avrebbe avuto luogo ad Assisi nella Pentecoste di quel 1221. Antonio vi partecipò, probabilmente l’unico francescano portoghese presente. Vide san Francesco, ma non si fece conoscere. Aveva ormai capito che la via della santità è quella del totale abbandono alla volontà di Dio e la scelse senz’altro. Frate Graziano, ministro provinciale della Romagna, condusse con sé lo sprovveduto fraticello, perché celebrasse la Santa Messa ai frati del romitorio di Montepaolo. Qui Antonio volle vivere in pieno la regola dell’eremita francescano (giugno 1221 – 24 settembre 1222). Furono quindici mesi di totale affossamento nel nascondimento, nella rigorosa penitenza e nella contemplazione.
Ne uscí il 24 settembre 1222, quando, in occasione di un’ordinazione sacerdotale celebrata a Forlí, dovette per obbedienza tenere un discorso. Inizia la sua grande epopea di predicatore, di docente e di ministro dell’Ordine. Dalla Romagna propriamente detta la sua predicazione si allargò all’Italia superiore e alla Francia meridionale. Dapprima fu questo il suo compito principale (24 settembre 1222 – autunno 1224) e fece di lui il primo grande predicatore popolare all’Ordine francescano. In seguito il suo compito principale fu l’insegnamento della Teologia ai frati minori nelle scuole di Bologna e di Montpellier (autunno 1224 – giugno 1226), primo docente di quella Teologia francescana che poco tempo dopo avrebbe avuto maestri della grandezza d’un Alessandro d’Hales, d’un san Bonaventura e d’un beato Giovanni Duns Scoto.
Un terzo compito venne a strapparlo all’insegnamento teologico ormai avviato, per aprirgli un nuovo campo di lavoro come custode della provincia di Limoges e poi come ministro provinciale della provincia di Romagna, che si estendeva allora anche a tutta l’Italia settentrionale. Si rese benemerito oltre che della fondazione di parecchi conventi, anche del tentativo di conciliare il fresco ideale francescano con la dura realtà d’un Ordine in pieno sviluppo (giugno 1226 – luglio 1230).
Ma, sfatto dalle fatiche e dall’idropisia, nel luglio del 1230 ottenne d’essere liberato da ogni incarico e di ritirarsi a Padova nel convento di Santa Maria Madre del Signore (agosto 1230 – 13 giugno 1231). E cosí Padova ebbe la fortuna di raccogliere gli ultimi guizzi della grande fiamma, grandi quanto la fiamma stessa: la compilazione dei Sermoni domenicali e festivi, unica opera certamente di sant’Antonio; il tentativo di domare quella belva feroce che fu Ezzelino III da Romano; e il quaresimale quotidiano peregrinante nelle chiese della città, che rivelò tutt’intera l’anima apostolica di Antonio.
Dopo il sereno tramonto (13 giugno 1231), il suo corpo per espressa sua volontà restò a Padova; la quale, in seguito all’eccezionale esplosione taumaturgica succeduta alla deposizione della salma nella chiesa di Santa Maria Madre del Signore, promosse con tale impegno la canonizzazione di Antonio da ottenerla neanche un anno dopo la sua morte (30 maggio 1232). Sette secoli dopo, il 16 gennaio 1946, papa Pio XII lo proclamò “Dottore della Chiesa” col titolo di “evangelico”.