VA’ E RIPARA LA MIA CASA – Lettera del Vescovo Mimmo per la II Domenica di Avvento, 9 dicembre 2018

07-12-2018

 

Miei cari giovani,

sto pensando molto a voi. Incontrarci, toccare le vostre vite, sfiorare i vostri desideri, ritrovarmi nei vostri occhi, ha lasciato in me la traccia delicata e avvolgente dei vostri volti e delle domande che vi portate dentro. Ha lasciato in me la vostra sete di verità, di comprensione del senso delle cose, della vostra vita, del dolore, degli amori impossibili, di una libertà che sia capace di dialogo autentico con tutti, insieme al timore di non essere capiti, di non essere capaci, di non essere all’altezza.

Nel Vangelo della prossima domenica forse ci colpiranno i nomi di Pilato, di Erode, nomi del potere politico e del potere religioso, nomi di chi può decidere della vita di altri, nomi di chi sembra avere capito come si vive sulla terra, trasformando il potere che è servizio, in privilegio di sé e della propria parte. La Parola di Dio, che è la presenza operante di Lui nella storia, non si ferma di fronte a queste contraddizioni, alle logiche di peccato, ai soprusi. “Scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”. Non sembra trovare posto nell’ascolto dei potenti ma nell’ascolto di Giovanni, in un deserto. Quest’ultimo evoca la cura dell’ascolto interiore, la verifica dei criteri di ricerca del bene, il riconoscimento dell’altro nelle proprie relazioni. Evoca la cura della formazione della coscienza che non può prescindere dalla storia, dall’orizzonte delle proprie relazioni, da una reciprocità accolta e vissuta. Il deserto può diventare allora il luogo della vera accoglienza dell’altro. Chi avrebbe scommesso su di lui, su un uomo che vive nel deserto e si ciba di locuste e miele selvatico? Oggi potremmo dire: chi scommette sulla formazione della coscienza, sul tempo da sprecare nell’ascolto reciproco e soprattutto di voi giovani? Eppure è Giovanni che non solo attende ma annuncia l’attesa, cioè accende la luce dell’attesa di Dio nella storia, un’attesa che si fa parola per tutti, un’attesa capace di preparare la via al Signore. Come non pensare anche ai discepoli a cui Gesù chiederà di preparare la pasqua prima della sua passione? Gesù aveva desiderato ardentemente mangiare la pasqua con loro, renderli partecipi fino in fondo della sua comunione con il Padre, con tutti gli uomini. Nell’esperienza del Risorto capiranno quello che prima non riuscivano a capire: Gesù si è consegnato a loro, ha impegnato tutta la sua esistenza nell’aiutarli a riconoscere la vera via di salvezza, cioè la via della condivisione della vita, vita di uomini, vita di fratelli, di figli e padri nella storia. È bellissimo questo movimento libero di Dio, questo suo dialogo aperto che non separa buoni e cattivi ma chiede di preparare la via per Lui.

Cari giovani, è nel deserto delle vostre domande e della vostra ricerca che può maturare la consapevolezza di essere amati, attesi, cercati, la consapevolezza di poter preparare la via, di avere cura della realizzazione autentica della vostra vita. Giovanni sa che i deserti possono diventare spazi in cui germogliano i fiori più belli e soprattutto inaspettati. È questa la radicalità della nostra vita: desideriamo amare. Beato chi si sorprende ad amare. Beato chi si stupisce perché ama. Beati gli occhi che sono capaci di credere in quest’amore!

Mi ha sempre colpito un versetto che non leggeremo domenica ma che per me rimane fondamentale: Giovanni “ricondurrà i cuori dei padri verso i figli e preparerà il popolo ad accogliere il Signore”. Più lo leggo e più mi sorprende. Non è semplicemente l’affetto o l’abbraccio di un padre, è il cuore di un padre che si rivolge al figlio, è il cuore di una generazione che si volge all’altra, è il cuore della storia che si trova a cambiare prospettiva. È il movimento della riconciliazione, del perdono, della fiducia, della strada condivisa. È la via attraverso cui i figli si riconoscono fratelli. L’attesa di Dio rifiorirà nell’attesa dell’altro!

Le nostre strade non somigliano troppo a quelle che annunciano la giustizia, la pace, la fraternità realizzata sulla terra, la presenza di Dio. Hanno più il sapore della concorrenza, della difesa dall’altro, a volte della vendetta. Hanno il sapore dell’esclusione dei giovani dal mondo del lavoro. Eppure il Signore si volge ancora a noi! Convertiamoci a questo Dio che si converte a noi. Chi si accorgerà del Bambino? Chi si accorgerà delle sofferenze di Maria, delle preoccupazioni di Giuseppe? Chi preparerà il luogo in cui potrà nascere Gesù? Poniamoci insieme queste domande, da esse rinascerà la nostra speranza, germoglierà la pace, la parola si farà contemplazione, la vita dei poveri beatitudine, Dio continuerà a incarnarsi nella nostra storia.

Quali sono oggi i sentieri da raddrizzare, i burroni da riempire, le vie che Dio stesso ci consegna come ricerca di comunione? Chi si accorge oggi della voce di Dio negli immigrati, esclusi, oltraggiati e giudicati? Chi si affligge per il loro dolore? Chi si accorge dei disagi dei giovani di ogni Sud del mondo? Chi dà voce alla speranza presente negli occhi di chi continua a credere nell’umano e a fidarsi di Dio, di chi attende la salvezza perché l’ha vista fiorire sulla terra?

La parola “progetto” deve tornare a caricarsi di significato, di speranza, di senso, nella vostra vita e nella vostra attesa. Mi piace pensare al deserto come quella sete che attraversa anche voi e che custodite gelosamente dentro: non vi basta vedere, vorreste entrare in ciò che vedete; non vi basta aspettare, vorreste abbracciare chi aspettate; non vi basta studiare, vorreste capirne il senso e vederne le finalità concrete; non vi basta scherzare, vorreste vedere tutti sorridere; non vi basta condividere un pasto, vorreste che quella tavola avesse sempre più posti, sempre uno in più; non vi basta soffrire, avreste bisogno di vivere da soli e in silenzio quello che non comprendete, i disagi ingiusti vostri e degli altri, le delusioni; non sopportate più che si parli di accoglienza e di rispetto della vita, vorreste che a nessuno fosse negato il diritto di esistere, un posto su questa terra. Mettete le vostre energie nello studio, nel capire, nella cura delle relazioni, per cercare insieme vie di realizzazione e promozione dell’umano, della giustizia sulla terra, della pace, della condivisione.

Carissimi giovani, questo significa preparare la via senza farsi strada. Un giorno sarete medici, forse insegnanti, artigiani, operai, esperti in nuove tecnologie, non so … Non dimenticate il perché, non dimenticate di preparare la via, sempre. La via della prossimità con tutti, la via della preferenza dei deboli, la via dell’onestà e gratuità. La via della coerenza, con la forza del Vangelo.

Miei cari giovani, avete unito i vostri passi a quelli del vostro vescovo! Non posso non sentire la mia attesa, misurata, dilatata, accolta e raccolta dalla vostra! Spero che avremo presto modo di incontrarci ancora e conoscerci meglio. Vi aspetto, aspetto che veniate anche voi a trovarmi, desidero incontrarvi non solo per le strade, nelle chiese e nelle vostre case, luoghi della quotidianità vissuta, ma anche nella mia casa affinché possiate sentirla sempre più vostra e, insieme, condividere la voglia di esserci! Voi giovani avete già risvegliato il volto nuovo di questa Chiesa, una Chiesa che si sta interrogando e avvicinando sempre di più ai passi dei suoi figli, alle loro attese. Mi ritornano le parole che hanno indicato la via a Francesco d’Assisi: Francesco, va e ripara la mia casa! È l’inizio di un cammino per lui di cui gradualmente capirà il significato. Anche per noi è così: è un nuovo inizio, un germoglio di vita per tutti! È un esodo bellissimo ed è anche attesa! Il Signore cammina con noi! Continuate a cercarlo in ciò che vi riscalda il cuore, in ciò che vi rende inquieti, nel tempo che donate alle vostre relazioni, agli amici, ad aiutare chi fa più fatica, nel vostro impegno. La Sua voce non tarderà a farsi riconoscere. Il Signore porti a compimento ciò che Lui ha iniziato in voi! Vi abbraccio e vi benedico!

† don Mimmo, vostro Vescovo