Meditazione del vescovo Giuseppe sul tempo presente

14-04-2024

Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni” dice Pietro al popolo nel libro degli Atti. La violenza sembra dominare e Dio sembra impotente, ma il Signore interviene, si oppone alla violenza e all’odio e ridà vita a suo Figlio, ridà vita all’Amore, alla Pace e alla Speranza.

Care sorelle e cari fratelli il grande problema dopo la Resurrezione di Gesù è credere a quelli che lo hanno visto risorto, cioè credere al Vangelo. E’ il problema di Tommaso che non ha fiducia nelle parole dei suoi amici, discepoli come lui, che lo hanno incontrato mentre lui era assente. Gesù a Tommaso dice: “beati coloro che crederanno senza aver visto”. Questo è il problema anche degli 11 che alle prime apparizioni non riconoscono il Signore risorto. Sì, il problema di tanti cristiani è quello di vivere come se Gesù non fosse risorto, l’incapacità a riconoscerlo vivo e presente in mezzo a loro. E’ una grande categoria, è un grande numero quello dei cristiani che vivono come se Gesù non fosse risorto. Una fede senza resurrezione vuol dire una vita rassegnata al potere della morte e del male; vuol dire una vita spaventata di tutto e di tutti, chiusa nel piccolo e piena di timori; è una vita dominata dalla logica della violenza e della guerra, dalla discordia e dalla contrapposizione, dalla solitudine e dalla tristezza; è una vita dove il pessimismo soffoca speranza ed amore. E’ la vita oggi di tanti cristiani, ed è straordinario come quelli che vivono senza credere alla resurrezione siano proprio gli 11 che gli sono stati tanto vicino. Pensano di aver già fatto tanto, di avere creduto abbastanza, di aver già dato, di essere venuti dalla Galilea dietro di Lui, di avere investito tante energie e fiducia in Lui, ma ora è tutto finito, non è più tempo di illusioni: il male è più forte, vince sempre. Gesù nei primi giorni apparve direttamente a loro e apparve proprio nel piccolo dei loro ambienti di vita, tante volte contrassegnati dalle porte chiuse per timore di esporsi troppo. E la sua presenza di risorto spalancava la piccola vita degli 11, li portava di fronte a un orizzonte davvero tanto più largo : “andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura”. Sarà possibile fare questo per uomini che non hanno dato una buona prova di sé ? sarà possibile a noi andare fuori dal nostro piccolo ambiente ? andare al di là delle cose che si sono sempre fatte? Al di là delle nostre abitudini che sono così rassicuranti ? Sarà possibile per persone modeste e paurose e timide raggiungere ogni creatura e parlarci? Quei discepoli sono morti in luoghi lontani dalla Galilea e da Gerusalemme; sono andati lontano, pur essendo stati increduli e duri di cuore , molto più lontani di quanto avrebbero potuto immaginare: mai essere rassegnati su se stessi, mai pensare di contare solo sulle proprie forze; mai pensare di poter fare troppo poco e che quel poco sia inutile farlo. Pasqua chiede di essere umili, non modesti. Quei discepoli non sono stati lasciati soli: il Signore li accompagnava nel loro ministero. Dice il Vangelo: “partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano». Quegli 11, quei discepoli non sono dimenticati dal Padre. Certo il mondo è difficile, il male vi domina, lo hanno sperimentato i discepoli durante la passione, ma non domina per sempre anzi può essere vinto: Cristo è risorto dai morti. La Resurrezione è la vittoria della vita sulla morte e sul male, su ogni potere violento, è la vittoria dell’amore e della misericordia su ogni discordia. Se non è Pasqua dentro di me, non lo sarà mai fuori di me.

Dopo Pasqua inizia il tempo della liberazione dei prigionieri, il tempo di liberazione dalla guerra: il male non è più un destino. La Resurrezione è il vero tesoro della nostra vita; la Pasqua è il vero tesoro della nostra fede.

Entriamo in questo tempo come in una grande stagione di vera speranza, tempo di resurrezione alla vita, alla libertà, alla comprensione, alla amicizia ed alla fraternità. Un grande tempo ci aspetta e dobbiamo rendere questo tempo grande. Poveri uomini, duri di cuore come gli 11, possono essere protagonisti di questa stagione di liberazione perché il Signore è con loro. Come dice l’apostolo Paolo “noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”. Nella fragilità delle nostre persone è posta una potenza straordinaria, quella che viene da Dio, quella che viene dall’incontro con il Risorto. Gesù non ci ha lasciati, non è morto, cammina con noi e la Parola del Vangelo è parola del Dio vivente che ci dona la vita perché possiamo averla in abbondanza.

Pietro, negli Atti, dice a tutti: “Sappia dunque con certezza tutta la casa dIsraele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”. Questo era il cuore della fede cristiana, il tesoro più prezioso che il Signore ha affidato alla sua Chiesa e che quella piccola comunità degli 11 avrebbe dovuto diffondere ovunque nel mondo : la vittoria dell’amore sull’odio, della vita sulla morte, del perdono sulla separazione. Si intuisce che Pietro stesso, assieme agli altri, si sente in qualche modo responsabile di quella morte. Ognuno durante i giorni della passione aveva voluto salvare se stesso e la propria tranquillità. L’unico tra tutti che non aveva salvato se stesso era stato Gesù e per questo amore il Padre lo ha liberato dalla morte e gli ha ridato la vita. La risurrezione infatti è una opera di Dio; nostra semmai è la responsabilità della morte dell’unico giusto, come nostra è anche la responsabilità della morte di tanti giusti che in questo tempo continuano a morire per la guerra, le violenze, le ingiustizie, la cattiveria, l’indifferenza. Vivere da risorti è contrapporre la nostra preghiera alle tante preoccupanti notizie che ogni giorno ci arrivano dalle zone di guerra; è vivere da testimoni di amore e di pace prendendoci cura della vita lì dove si manifesta debole e fragile, esposta alla violenza ed al male. Il Vangelo trafigge il cuore di chi ascolta in un mondo in cui è normale pensare solo a salvare sé stessi. Il Vangelo ci fa scoprire il volto di quel Gesù crocifisso che il Padre però ha resuscitato . Dalla consapevolezza di questo mistero sale la domanda di speranza della folla a Pietro: “cosa dobbiamo fare ? ”. E’ una richiesta per passare da una vita intristita e violenta, ripiegata su di sé, a una vita che è nuova, fraterna, solidale, risorta. E Pietro: “convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo”. Quel giorno stesso, così iniziava il cammino della Chiesa, si aggiunsero 3000 persone.

Il nostro è un mondo un po’ folle. Alcuni leader europei affermano che tutti i cittadini d’Europa, quindi anche noi, dovrebbero prepararsi alla guerra nel proprio paese perché la guerra è imminente e inevitabile. Può sembrare ragionevole: se mi attaccheranno, mi devo preparare per proteggermi. Non è ragionevolezza, bensì cecità, è subire. Pensare che esista una strada e una sola, quella della violenza, senza voler vedere altre strade, è la follia di questo nostro tempo che sembra essere sempre più dominato dai signori delle armi. Come vogliamo il nostro futuro: morte e distruzione per sempre più persone o pace e prosperità?

Ma l’Europa è nata dopo la guerra mondiale, per evitare la guerra in futuro. Per dire: mai più guerra, non per dire: la guerra è l’unica alternativa.

La Pasqua che abbiamo celebrato, questa Pasqua del 2024, è il tesoro della Chiesa . Cristo risorto è la pace, egli è la nostra pace e Cristo risorto, che è la pace, comunica pace ai suoi discepoli che erano dominati dalla paura, dal conformismo, presi nella trappola della tentazione, e dà loro pace, dà loro forza nella pace. E la pace vuol dire anche unità tra sacerdoti, unità con il vescovo, unità nella Chiesa, unità tra le Chiese, unità con il popolo santo. Noi non possiamo rifiutare la pace che è anche percorso di fraternità tra noi; pace vuol dire anche giovinezza. Ogni Pasqua ringiovanisce la Chiesa. Noi amiamo la storia da cui veniamo, ma amiamo ancora di più con un cuore da giovani il futuro, perché il desiderio del futuro è un desiderio giovane: noi desideriamo per la nostra chiese un grande futuro, un vero futuro. Futuro, pace, giovinezza come desiderio di futuro: papa Giovanni XXIII, vecchio, diceva: “la Chiesa non è un museo, ma è la fontana del villaggio”.

E’ vero, i grandi parlano di guerra o se sono pacifisti parlano di armamenti o di armarsi, ma la pace è possibile, la pace è nella Chiesa. La pace è l’aspirazione di tanti uomini di buona volontà, di ragazzi mandati a combattere, di donne che vedono i loro figli morire in guerra, di tanti che non capiscono più perché si combatte, di gente stanca di notizie di dolore e sofferenza. Tanti aspirano alla pace, gli uomini e le donne di buona volontà aspirano alla pace, la maggioranza degli uomini aspira alla pace, la maggioranza degli esseri umani aspira alla pace.

Il Signore nonostante la nostra durezza, nonostante i nostri tradimenti, ci affida il Vangelo della risurrezione e della pace per annunciarlo nella nostra Chiesa e fino ai confini della terra, senza cioè trascurare nessuno, desiderandola per noi e per il mondo intero.

+ Giuseppe, vescovo