Camposcuola unitario Ac, prendere l’iniziativa, coinvolgere ed accompagnare per vivere da testimoni credibili

campo unitario Ac 2016

A mare…amare! Ci piaceva molto pensare alla doppia accezione di questa parola. Basta staccare o attaccare la prima lettera e tutto cambia! Ma, noi, abbiamo pensato di renderle un tutt’uno organizzando il camposcuola unitario di Azione Cattolica ad Ascea “a mare” per poter insieme “amare”! Prendere l’iniziativa, coinvolgersi ed accompagnare sono stati i tre verbi (tratti da EG 24) che hanno guidato i nostri passi ed i nostri cuori, tramite le riflessioni dell’assistente unitario di Ac don Pino Di Santo.

Quattro giorni di intensa riflessione, ma anche di svago al mare, per la gioia di tutti. Guidati dall’assistente don Pino, giovani ed adulti hanno condiviso nella mattinata il percorso formativo, mentre nel pomeriggio si sono svolte attività differenziate per settore. A me il compito di tirare un po’ le somme.

L’ATTEGGIAMENTO DI CHI SA ALLARGARE IL CUORE SULLE FERITE E SULLE POVERTA’

Abbiamo provato a dare concretezza a quanto emerso nell’Assemblea Ac di fine anno tenutasi a Melizzano e ad aggiungere un altro tassello alla nostra costruzione con i lego. Abbiamo riflettuto sul nostro cammino di uomini e donne, cristiani, soci di Ac e su come rendere sempre più viva e bella la nostra associazione a partire dalla storia di ciascuno di noi. Vogliamo essere davvero i protagonisti del nostro tempo con le mani tese, gli orecchi attenti ed il cuore spalancato per impastare la nostra vita con quella delle persone che incontriamo e continuare a costruire. Far parte dell’AC è un’esperienza bella, importante ed altamente formativa, ma il volto della partecipazione attiva in AC è strettamente legato alla concreta testimonianza, quindi alla trasmissione della gioia nella proposta del cammino.

Come mai è così difficile, anche per i nostri soci, prendere l’iniziativa, accompagnare e coinvolgere il prossimo? In questa dinamica entrano in gioco i legami, le relazioni, la chiamata all’essere piuttosto che al fare. È nostro dovere accogliere invece di redarguire, accarezzare senza giudicare, incoraggiare più che mortificare.
Proprio in quanto laici abbiamo la responsabilità particolare di vivere nel mondo, mostrando ad esso, alle persone che incontriamo quotidianamente in ogni ambito di vita, il volto autentico, ma sempre attuale, di “una Chiesa che sa bene”, come dice Papa Francesco, “che non vi è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore, nel Suo cuore”.
Non dobbiamo sentirci estranei ad alcun aspetto dell’esistenza dell’altro, nulla deve scandalizzarci.

Questo è l’atteggiamento di chi sa allargare il proprio cuore nei confronti delle ferite e della povertà del prossimo. Dobbiamo fare esperienza dell’infinita pazienza del Signore, un amore senza condizione che proprio per la sua gratuità può irritarci. Nella nostra associazione dobbiamo avere pazienza per ottenere risultati e non scoraggiarci.
A noi, uomini e donne di AC, è chiesto di immergerci nella vita del prossimo attraverso l’ascolto. Non c’è nulla di più sbagliato che guardare al percorso compiuto in questo triennio come una zavorra da cui liberarsi, piuttosto si tratta di un bagaglio di esperienze preziose di cui fare tesoro nel nuovo viaggio da intraprendere. Mi viene in mente l’invito di Gesù sul lago di Tiberiade dopo la Resurrezione: gettare le reti al di là della barca. Si tratta di un gesto estremamente semplice e comune, ma ditelo a chi ha trascorso tutta la notte a pescare, quindi in attesa, senza portare nulla a casa . Non è necessario o indispensabile cambiare vita, mestiere, lago o barca, piuttosto forse bisogna solo provare a gettare le reti in modo nuovo , in un’altra dinamica, con un altro sguardo al mare.

Papa Francesco ci invita ad essere “audaci e creativi” nel ripensare agli obiettivi, alle strutture, vincendo le paure, consolidando la fede ed essere “contemplativi inquieti”. È fondamentale riconoscere limiti e possibilità, le prospettive più consone per ricominciare, quindi progettare. L’obiettivo è diventare discepoli capaci di umanità di relazioni e di fraternità . Non si può prescindere dal formare, accompagnare e sostenere i soci convinti, consapevoli, maturi, alimentando la vocazione di chi si impegna, di chi si assume responsabilità.

“Dalla forza dei sogni alla concretezza dei segni”: anche il nostro nuovo vescovo mons. Domenico Battaglia ci chiama alla responsabilità. “Essere laici di AC è una grande responsabilità, siamo chiamati ad essere testimoni. Che Cristo sia formato in voi significa questo: si è prima cristiani formati, poi testimoni credibili”. Il nuovo vescovo ci chiede di essere testimoni viventi dell’amore di Dio, lasciandoci accarezzare dal suo spirito per riconoscere nell’altro, nel prossimo, il Signore. La testimonianza che oggi ci viene così fortemente richiesta, soprattutto ai giovani, altro non è che un aspetto della nostra vita da tesserati intrinseco al nostro essere Azione Cattolica, scritto nella nostra storia, nelle vite dei soci santi di AC che hanno, senza mezzi termini, impregnato la loro quotidianità di gesti concreti alla luce del Vangelo. Siamo tutti chiamati a scuoterci la polvere di dosso, vestire gli abiti di un nuovo modo di vivere il mondo e le relazioni da tessere, così da vivere il nostro tempo alla luce delle attuali esigenze e non attraverso copioni già scritti.

Vittorino Onofrio *

* presidente diocesano di Azione Cattolica