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Solo le lacrime spegneranno l’incendio

11-09-2020

Guardo l’orologio e lo scandire dei minuti è accompagnato dal rumore di elicotteri che incessantemente continuano a lavorare nella speranza di poter riuscire a salvare quella macchia verde che fa da cornice ai nostri paesi. È infatti da qualche giorno che continua a bruciare e purtroppo le condizioni metereologiche non facilitano il lavoro di chi con le proprie forze ce la sta mettendo tutta. A loro va la nostra gratitudine. Sono ormai troppe le ore passate a spegnere gli ultimi incendi, un altro proprio qualche settimana fa.

Nel giro di un mese bellissime pinete

bellissime zone d’ombra

sono state divorate da fiamme affamate e insaziabili.

E quando un albero brucia, brucia una vita.

E quando brucia una vita, qualunque essa sia,

va in fumo anche la stessa ragione

di un uomo di esistere su questo meraviglioso pianeta.

L’incendio a San Lorenzello, nella zona del Titerno e del Monte Erbano è la coda di un’Estate di fuoco in Italia con il 20% di roghi in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e il 90% più del 2015. Le regioni prime in classifica sono Sicilia Calabria e Campania.

Mi guardo intorno e in un certo qual modo mi sento smarrito…

Circondati dal nero e nauseati dall’odore acre del fumo

che rimane nelle narici per diversi giorni,

facendo svanire gli odori dell’erba bagnata dalla rugiada

o quasi essiccata dal sole,

l’odore della resina che accarezza i tronchi dei pini o l’odore del sottobosco.

E non è solo una questione di odori che vengono coperti ma anche di case distrutte

perché quello che spesso dimentichiamo è che questi posti

sono abitati da una varietà di animali: dai nidi sugli alberi alle tane nella terra…

tutto questo viene distrutto da fiamme assassine.

Tutto è coperto da un unico rumore:

quello del canadair che ricorda il rumore di una guerra

che l’uomo sta facendo alla natura e quindi a sé stesso.

Una natura già troppe volte deturpata, danneggiata, violentata.

E così si distrugge quella che è anche la nostra casa,

così si distrugge l’aria che respiriamo,

si distrugge la possibilità di stupirsi davanti alla bellezza del creato,

si distrugge un altro pezzo di umanità.

Verrebbe quasi da chiedere scusa agli alberi,

alle tante diverse forme di vegetazione

e ai colori ormai anneriti dalle “stramberie” umane.

Spesso vengono definiti incendi dolosi e già questo racchiude una certa dose di inciviltà ma in più, questo scenario verde infuocato che si trasforma in cenere di ricordi, lascia trasparire un qualcosa di latente e nascosto che abita nel profondo dei nostri territori e paesi.

Forse non ci pensiamo mai abbastanza ma, al verificarsi di un incendio, si scatenano una marea di conseguenze future: frane che distruggono strade, caduta di massi, coltivazioni che vanno in fumo e agricoltori e pastori che beneficiano di questi luoghi messi in difficoltà. Senza pensare poi al grande danno economico che tutto ciò crea. Danni all’ambiente, al lavoro, al turismo…

Ci vorranno almeno 15 anni per far rinascere tutto questo ecosistema forestale.

E se la Campania, a cominciare dal nostro territorio, diventasse una eccellenza antincendi e di produttività sostenibile? Come? Attraverso una Certificazione Forestale che consentirebbe di poter disporre sui mercati internazionali di prodotti a base di legno proveniente da boschi gestiti in maniera corretta e sostenibile, aumentandone enormemente il valore.

In questi giorni poi, oltre al dolore che inizialmente molti provano nel vedere la propria terra bruciare, subentra la rabbia, il disgusto, la “caccia” all’uomo per la ricerca del colpevole e commenti, accuse e polemiche contro i presunti artefici.

Dobbiamo però canalizzare questa rabbia in modo diverso;

cerchiamo di conoscere le ferite di questa terra,

di capire cosa insieme possiamo concretamente fare,

perché questa nostra terra è bellissima.

Riconoscere e insieme chiedere perdono

per la nostra riluttanza a camminare,

è segno di una conversione che inizia prima di tutto

nel nostro cuore e nella nostra mente

e poi continua nelle nostre azioni riparatrici.

A cominciare dall’applicazione di leggi che spesso esistono ma non sono applicate e, in molti casi, non per cattiva volontà ma perché per poter essere applicate necessitano anche della partecipazione democratica del cittadino. E’ il caso della legge 353/2000 che contrasta le speculazioni e l’origine dolosa degli incendi (che in Italia è del 60%), impedendo che i terreni perdano il proprio valore e trasformino la loro destinazione in luoghi di scarico illecito di rifiuti o in speculazioni urbanistiche. Per poter applicare questa legge è necessario che i Comuni aggiornino il Catasto Incendi e lo pubblichino nell’Albo Pretorio. Ad oggi, in Italia, solo un Comune su cinque ha adottato il Catasto e pochissimi Comuni eccellenti lo aggiornano e lo pubblicano. Il cittadino può fare la sua parte attraverso la richiesta di pubblicazione del Dataset dei Catasti delle terre bruciate del Comune di loro interesse. Vogliamo provare anche noi ad essere parte dei Comuni eccellenti?

Le ferite possono e devono diventare, con la nostra risposta,

la nostra presenza, segni di speranza.

L’inquietudine diventa esigenza di organizzare la speranza,

il cammino della vera pace.

E cercare vie di cambiamento, vie di conversione.

Convertirci soprattutto alla custodia del creato,

alla salvaguardia dei nostri territori e del nostro pianeta,

e alla lotta agli attuali cambiamenti climatici.

Convertirci attraverso piani di prevenzione e di emergenza a scala locale, e nel caso degli incendi, al ricorso alla selvicoltura preventiva che offrirebbe una maggiore capacità di aumentare la sicurezza delle operazioni antincendio diminuendo i danni ai boschi. Boschi che assorbono e trattengono carbonio e svolgono una funzione importante per mitigare gli effetti dell’attuale cambiamento climatico. Perché: “Tutto è collegato. Per questo si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita al sincero amore per gli esseri umani e un costante impegno riguardo ai problemi della società.” (Laudato Si, 91).

E poi convertirci al collegamento di uomo e natura,

di terra e società, di locale e globale, perché: tutte le cose sono collegate,

come il sangue che unisce una famiglia.

Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra.

Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo.

Qualunque cosa egli faccia alla tela, la fa a se stesso.

Custodire il creato non significa solo custodire se stessi,

ma anche la salute degli altri, custodirci a vicenda, rispettare le risorse della Terra.

Noi cristiani parliamo di ecologia integrale:

non dividiamo il rispetto della natura dal rispetto dell’altro.

Il verde che scorgiamo laggiù per alcuni è indifferenza ma per altri è respiro

è vita… è una delle ragioni che ci esorta ad apprezzarci di più.

È il respiro che riempie all’unisono aria e polmoni

è l’attesa di freschezza mai goduta

è il tempo in uno scorrere povero di tempo

è una carezza mai sentita

è il sussurro delle parole più belle perdute nel silenzio.

Ora che quell’angolo di paradiso è sconvolto dal fumo

volteggia nell’aria la nostalgia che vuole interrompere un silenzioso dolore

in cui si odono le grida dei giovani e vecchi alberi

che giorni e anni di serena gioia avevano donato alla loro, nostra, terra.

Amata terra, che sei lì attonita incredula e infelice ti chiediamo scusa,

perché non abbiamo saputo proteggerti.

Perdonaci: Solo le lacrime spegneranno l’incendio.

† don Mimmo, vescovo