Care sorelle e cari fratelli, è il mio primo Natale con voi e questo riempie il mio cuore di gioia e gratitudine verso il Signore. Ogni chiesa, a Natale, diviene come una nuova Betlemme. E l’usanza di mettere il “Bambinello” davanti l’altare perché lo si veda, mostra visibilmente che il Natale è appunto un Bambino posto al centro. È di qui che bisogna ripartire per questo nuovo tempo che si apre davanti a noi. È da quel Bambino che vogliamo trovare forza e speranza per riprendere il cammino. Quel Bambino è come tutti i neonati: non sa parlare, anche se è il Verbo che si è fatto carne, Parola uscita dal silenzio di Dio per cambiare il cuore e la vita degli uomini. Gli uomini, la vita, il mondo cambia quando cambia il cuore degli uomini. Il Natale chiede ad ognuno di accogliere questo Bambino che chiede aiuto e protezione. Assieme a Lui lo chiedono i bambini della Betlemme di oggi e con essi i bambini poveri, sfruttati e di ogni parte del mondo; lo chiedono gli anziani soli e abbandonati, anch’essi esclusi dalla vita. Non chiedono molto, implorano solo di far parte anch’essi della famiglia umana. E lo domandano anche i milioni di profughi e di stranieri lontani da casa come Maria e Giuseppe; lo chiedono quelli che hanno fame e sete di giustizia; lo invocano gli oppressi dalle violenze e dalle guerre; lo chiedono i disperati e gli angosciati del mondo. In loro nome, implorando e piangendo, il Bambino di Betlemme chiede a tutti un po’ più d’amore. Sì, il Natale è una domanda di amore per i deboli, una domanda d’amore per il mondo intero. “La Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi”. Quella Parola, che “era presso Dio”, scese sulla terra e pose la sua tenda in mezzo agli uomini. Questo avvenimento che ha cambiato la storia accadde mentre “era governatore della Siria Quirino” e “Cesare Augusto aveva ordinato il censimento di tutta la terra”. Il Natale ci fa rivivere il momento in cui la Parola squarciò i cieli e venne a illuminare la notte che avvolgeva la storia degli uomini.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. L’umanità intera aveva bisogno di quella luce. Il profeta Isaia, già alcuni secoli prima, aveva affermato: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”.
È un dono che viene dall’alto, è il più grande dono che Dio potesse fare agli uomini. Di più non era né pensabile né possibile. Qualcuno potrebbe dire: è possibile farsi un augurio di buon Natale con tanta paura con tanta incertezza e con tante avversità che sembrano di nuovo minacciare la nostra vita, le nostre relazioni, in questo tempo in cui sembra ci sia niente di bello di buono? Proprio per questo dobbiamo augurarci un Natale buono, per imparare a lasciare spazio alla speranza che viene al Signore, che viene nella pandemia. Questa pandemia in realtà ci aiuta a capire che il Signore viene proprio dove c’è il male. Non aspetta che si risolva tutto, che le cose vadano bene per poi scegliere timidamente di fare qualche cosa. Gesù nasce, e quindi sceglie la vita, una vita segnata, anche la sua, dal male che per lui è la pandemia di non trovare posto ma anche la pandemia della violenza di Erode che cercherà il bambino per ucciderlo: Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto; e poi la pandemia terribile di quelle tante guerre di cui a volte non sappiamo nulla come tante violenze che si combattono, che uccidono la vita. Ecco proprio per questo ci auguriamo un Natale buono per sentire dentro di noi l’amore di Dio che condivide la nostra esperienza di pandemia, che fa sua la pandemia per insegnarci a sconfiggerla. Gesù non ci rende invulnerabili forse preferiremmo così, ci pensa lui, ma, perché ci sia almeno un Natale buono per noi oltre che per gli altri dobbiamo vincere i tanti distanziamenti quelli del cuore, quelli che ci tengono lontani, il pregiudizio, l’indifferenza per cui non ci rendiamo nemmeno più conto della sofferenza degli altri. Facciamo spazio al Signore Gesù che viene per farci sentire quanto ci ama e per indicarci che la vera forza per sconfiggere il male è una sola e quella dell’amore. Senza dubbio, il Natale visto dalla parte degli uomini ha i tratti dell’inaccoglienza e spesso della crudeltà. Ben diverso è il messaggio del Natale. Quella notte i cieli di Betlemme furono attraversati da angeli che annunziavano l’apparizione del grande amore di Dio per gli uomini. Un amore smisurato. Il Natale, visto così, è davvero un Vangelo, una buona notizia assolutamente fuori qualsiasi misura: il Signore scende dal cielo e nasce in una stalla pur di starci accanto. Come non commuoversi? Dio ci dona il Natale.
Infatti, è senza dubbio incredibile che Dio venga sulla terra e accetti anche di nascere in una stalla; ma quel che lascia ancor più sconvolti è che si presenti come un bambino, che tra tutte le creature è la più debole. Chi mai avrebbe potuto pensarlo? Eppure il Natale è tutto qui: un Dio che si fa fragile bambino. “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”, dice l’angelo ai pastori (dal Vangelo della Messa della notte). Ed essi, non indugiarono nelle loro preoccupazioni e neppure si misero a discutere quanto avevano ascoltato. Accolsero l’annuncio dell’angelo e subito si misero in cammino. Quei pastori, persone tra le più disprezzate di quel tempo, sono i primi ad accorrere attorno a quel Bambino. Essi, in certo modo, anticipano un detto caro a Gesù: “i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi”. Maria e a Giuseppe, stanno con gli occhi fissi sul piccolo Gesù. E chiedono anche a noi di unirsi a loro per stringerci tutti attorno a quel Bambino. Cari amici, Natale ci chiede di stare accanto a quel Bambino che nasce, di ritrovare in Lui un senso alla vita. Dio si fa umile, piccolo, si regala e lo trovano gli umili. Impariamo anche noi a fare lo stesso per comunicare ad altri la luce del Natale con i piccoli gesti, possibili a tutti, di accoglienza, di tenerezza, di protezione per chi è lasciato fuori, forestiero, spogliato della sua dignità, escluso. “Sii la ragione del sorriso di qualcuno”, ha detto un giovane profugo. Gesù è tra noi e Gesù è portatore di una buona notizia: innanzitutto che c’è un futuro, un bambino che nasce ci dice che c’è un futuro. E lo dice quest’anno a tutti coloro che pensano che la loro vita non abbia un futuro bello, dignitoso.
Ecco questo è il messaggio: Gesù è vicino e noi vorremmo essere un po’ le braccia di Gesù, il sorriso di Gesù per tante persone durante questo Natale perché tutti sappiano che c’è qualcuno che sta loro vicino; che non sono soli e che la loro vita ha un futuro e un futuro buono. Questo è il Natale quello vero e mentre prepariamo i nostri pranzi di Natale facciamo in modo che nessuno resti escluso dalla gioia e della festa del Natale. Che sia un Natale per tutti.
Che sia un Natale di gioia, che sia un Natale di festa, che sia un Natale di vicinanza. Che sia un Natale in cui mostriamo, nel lavoro e nell’amicizia di ogni giorno, che nessuno è escluso dalla festa di Gesù.
Noi possiamo farlo scegliendo l’umiltà e iniziando da chi è più povero. È questa la via della gioia per tutti gli uomini che Egli ama e che scoprono come sono amati. Buon Natale, mistero di amore che accende la speranza in un mondo tenebroso e ci indica la via dell’umiltà per trovare noi stessi e Dio, per combattere il male e cambiare il mondo.
Care sorelle e cari fratelli, ci ha detto il profeta Isaia: Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
A partire da questo Natale siano belli il nostro passo, il nostro cammino.
Buon Natale Chiesa di Cerreto Sannita–Telese–Sant’Agata de’ Goti.
Buon Natale!
† Giuseppe, vescovo