Santa Messa Crismale

Chiesa Concattedrale, Sant’Agata de’ Goti (BN)
13-04-2022

 

Cari fratelli e care sorelle,

sono molto contento di celebrare la prima Messa Crismale come Vescovo di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti. Vi saluto tutti, in particolare voi, cari sacerdoti, che oggi, come me, siete qui per rinnovare le promesse sacerdotali fatte al Signore il giorno dell’ordinazione. Lo facciamo in questo tempo difficile, dove è facile sentirsi più fragili, rassegnati all’idea che tanto non si può far niente, aspettando che arrivino tempi migliori; pensando di poter fare poco di fronte ad un mondo complesso e per certi versi ostile. Ma nessuno di noi è quello che è per se stesso, per le sue qualità o i suoi limiti; saremmo come Pietro che orgoglioso come era pensava di poter amare Gesù contando solo sulle sue forze. Siamo tutti rivestiti della grazia di Dio. Gli oli santi che benediremo indicano una forza spirituale che non viene da noi, che riceviamo in dono senza nostro merito, ma per la bontà di Dio che vuole per noi una vita buona e santa, ricevuta e donata, coraggiosa ed audace nell’annuncio del Vangelo, unica strada per cambiare questo nostro mondo.

L’unzione che ci ha consacrato non è per noi, anzi chiede di uscire da noi. “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”.

Il Signore lo dice chiaramente, il suo è un mandato che non può essere ignorato o adattato ai nostri criteri: la sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli, per gli oppressi e soprattutto per proclamare l’anno di grazia del Signore, cioè l’inizio di tempi nuovi, di pensieri nuovi e sentimenti nuovi, tempi di misericordia e non di giudizio, tempi di mitezza, di pace ed umiltà e non di arroganza o prepotenza. L’unzione, cari fratelli, non è stata per profumare noi stessi ma profumare il mondo con il profumo della misericordia e della fraternità, perché il mondo sia guarito dai suoi mali, costruendo insieme il Regno di Dio che è già in mezzo a noi e chiede di essere reso visibile. Il sacerdote unto da questo olio, deve a sua volta ungere il suo popolo. Certo ungerà con l’olio dei malati, quando si troverà di fronte alle fragilità fisiche; ungerà con l’olio dei catecumeni quando dovrà accogliere altri figli nella fede e dargli forza spirituale; ungerà con l’olio crismale per consacrare i piccoli e coloro che da grandi con la cresima chiederanno di essere confermati nella fede. Sarà unto egli stesso quando diventerà sacerdote. E’ la grazia di Dio che si diffonde per arrivare a tutti e fare nuove tutte le cose. Soprattutto cari fratelli dobbiamo ungere i nostri fedeli con altro olio, quello  della gioia, della speranza e del coraggio, della fraternità.  La liturgia della Domenica è un momento di grazia per poter ungere, con questo olio, il cuore dei nostri fedeli. Senza la forza spirituale che viene dall’unzione diventiamo tutti gestori del sacro.

Cari amici, si diffonda nel mondo, attraverso di noi,  il profumo di Cristo. Viviamo tutti un oggi difficile, faticoso, segnato dalla guerra in Ucraina e dalla inquietudine che la pandemia ha creato e rivelato, che ci hanno messo di fronte all’imprevedibilità e alla fragilità della vita.

Giovanni Paolo II, il papa polacco diceva:  “Io appartengo a quella generazione che ha vissuto la Seconda guerra mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest’esperienza: Mai più la guerra!”. Eppure oggi non lontano dai luoghi dove ha vissuto Karol Wojtyla c’è una nuova guerra. Ne siamo turbati e scossi. Di  fronte a  questa guerra fratricida e folle, non diminuisca la nostra attenzione verso chi soffre, e la nostra preghiera sia incessante perché la guerra finisca e si torni a parlare di pace e a vivere in pace.

Il servo del Signore, il suo consacrato non guarda le persone e il mondo intorno con distacco o il facile giudizio, ma con la forza della misericordia. Questa è la Chiesa che il Papa propone con insistenza anche con il Sinodo: chiesa della vicinanza e dell’accompagnamento; essere chiesa tra la gente; fratelli tutti in Cristo.

E noi  siamo chiamati ad amare  e testimoniare questa Chiesa, con la sua storia, le sue resistenze, le sue ferite, le sue contraddizioni, la sua bellezza, la sua santità, la santità di tanti suoi figli.

Oggi siamo chiamati ad amare questa chiesa che sa chiedere perdono, che non nasconde i suoi peccati, che sa mettersi in discussione,  che guarda al futuro con il desiderio di essere chiesa di tutti, popolo in cammino, nel mondo, cioè aperta a tutti, profezia di un mondo nuovo, illuminato dalla luce del vangelo. La Chiesa del Sinodo che faticosamente ma non fiducia stiamo vivendo in questi ultimi tempi. Senza lo Spirito il Sinodo diventa un impegno tra i tanti oppure un semplice aggiustamento di cose che poi restano eguali. Siamo chiamati a essere profeti; i profeti non sono quelli che prevedono il futuro, ma quelli che sanno parlare a nome di Dio, aiutando a guardare al mondo con gli occhi di Dio aiutando a trovare Dio. I sacerdoti, i diaconi, i vescovi dobbiamo  essere profeti, parlare a nome di Dio, con le parole di Dio, indicando Dio, facendo conoscere Dio. Ma tutti, in funzione del battesimo sono chiamati ad essere profeti. Qui si fonda  la nostra fraternità. Dobbiamo tutti chiedere, cercare, difendere questo dono. È la vera risposta all’isolamento, alla contrapposizione  e alla divisione che il divisore continua a seminare. Non possiamo pensare di vivere senza. Unti con un unico olio, l’olio di Cristo, anzi che è  Cristo.

La fraternità, che viene dall’unzione, come tutti i doni di Dio, come la pace, è affidata alla responsabilità di ognuno. La fraternità non è un auspicio, ma è la vera forza della Chiesa, dono dello Spirito, legame  che unisce i cristiani, dono che si rigenera sempre, che cresce, si trasforma ma vive già oggi la sua pienezza. La fraternità è santa e rende santi, è molto personale e umana, ma sempre di Dio. Guai ad offenderla, a disprezzarla, ma anche attenzione a viverla in modo banale, come fosse un peso. Siamo tutti dei consacrati, unzione che santifica e unisce per sempre al Signore, che unisce nella fraternità. Per noi sacerdoti l’unzione ci dice che la Chiesa è la nostra vera famiglia, la famiglia come dono dello Spirito. Non c’è dolore più grande di sentire preti contro preti, sacerdoti contro sacerdoti. E’ la nostra miseria umana; diciamo agli altri quello che devono fare ma noi poi non sappiamo farlo; non sappiamo o non vogliamo farlo. Quando succede è scandalo.

Oggi i sacerdoti confermano e rinnovano la propria adesione a Cristo, confermano il loro eccomi, il loro essere dono per le loro comunità, per la loro Chiesa, vita donata per il bene del popolo di Dio. Dobbiamo essere nuovi e possiamo essere nuovi.  Quello che è vecchio può diventare nuovo! Nicodemo trova la forza di essere nuovo, trova quella forza che cercava e non trovava da solo, gli viene donata. Si affida  al vento dell’amore con tutto se stesso. A volte donare, donarsi  può sembrare inutile, quasi una dissipazione o un impegno troppo esigente. No. Seminiamo, perché Dio le cose nuove le semina, sapendo che il seme del Vangelo darà frutti! Io credo che il nostro sia un tempo di grande semina. Lasciamoci riempire, in questo tempo difficile per tutti, dall’entusiasmo spirituale, cioè lasciamoci trasportare dal vento dello Spirito per essere pieni di Lui. E mai da soli, ma sempre con l’umile e paziente fraternità. Lasciamoci guidare dalla forza spirituale della unzione che abbiamo ricevuto per superare le nostre miserie personali.

Il sogno di Paolo VI era una Chiesa in cui tutti potessero sentirsi amati, e che i cristiani attuassero davvero quel bellissimo programma che aveva già delineato quand’era Arcivescovo di Milano “Noi ameremo tutti… Ameremo il prossimo, e ameremo i lontani. Ameremo la nostra patria e ameremo quella degli altri. Ameremo i nostri amici e ameremo i nostri nemici. Ameremo i cattolici, ameremo gli scismatici, i protestanti, gli anglicani, gli indifferenti; i musulmani, i pagani, gli atei. Ameremo tutte le classi sociali, ma specialmente quelle più bisognose di aiuto, di assistenza, di promozione. Ameremo i bambini e i vecchi, i poveri e gli ammalati. Ameremo chi ci deride, chi ci disprezza, chi ci osteggia, chi ci perseguita. Ameremo chi merita e ameremo chi non merita di essere amato. Ameremo i nostri avversari: come uomo, nessuno vogliamo nemico. Ameremo il nostro tempo, la nostra civiltà, la nostra tecnica, la nostra arte, il nostro sport, il nostro mondo. Ameremo studiandoci di comprendere, di compatire, di stimare, di servire, di soffrire. Ameremo col cuore di Cristo: Venite a me, voi tutti… Ameremo con l’ampiezza di Dio: così Dio ha amato il mondo”.

Cari sacerdoti, Dio Padre rinnovi in noi lo Spirito di Santità con cui siamo stati unti, lo rinnovi nel nostro cuore in modo tale che l’unzione giunga a tutti. La nostra gente ci veda fratelli sempre e ci senta discepoli del Signore, e possa ricevere attraverso le nostre parole e opere quest’olio di gioia che ci è venuto a portare Gesù, l’Unto.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo