Domenica delle Palme

Chiesa Cattedrale, Cerreto Sannita (BN)
10-04-2022

 

Care sorelle e cari fratelli,

Gesù oggi entra a Gerusalemme assieme ai discepoli e a una grande folla di gente, che con gioia proclama: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli”. Ci uniamo tutti a questo canto gioioso e accompagniamo Gesù, che entra nella nostra città, nelle tante città del mondo, anche nelle città dell’Ucraina che sono diventate cumuli di macerie. Gesù entra nella nostra vita, nella storia degli uomini, nelle nostre incertezze di questo tempo. Viene per rassicurarci, dirci che non siamo soli, che Dio non è lontano e che non siamo senza futuro, non siamo abbandonati. Lui c’è!

Ci indica la strada sua per vincere il male. Gesù è un Re umile, mite, portatore di pace, che ci fa luce con la sua Parola e ci guida con il suo amore. In questi giorni molti pensano che è impossibile seguire Gesù, che bisogna percorrere altre strade; che è il tempo di mostrare i muscoli e non più di parlare, dialogare, trovare soluzioni di pace.

Cari amici, invece è proprio questo il momento di accogliere Gesù, è il momento di ascoltare la sua parola, di stare con lui nel suo cammino di passione, morte e resurrezione; di capire con Lui Dio dove è e da che parte sta. Lo facciamo con i rami di ulivo nelle nostre mani. Sono un segno di accoglienza e di pace. Il mondo ha bisogno di pace, perché la forza della violenza si allarga, invade cuori e menti, provoca morte e paura; la guerra, tutte le guerre, distruggono le città, rubano vite umane, sono madri di tutte le povertà. I fanciulli degli ebrei agitavano i rami per fare festa ed accogliere Gesù che entrava nella città santa, Gerusalemme.

Il ramo di ulivo significa che disarmiamo le nostre mani, la nostra lingua, i nostri sguardi. Il ramoscello di ulivo sia la memoria della forza delle parole miti, buone e di perdono con le quali Gesù sconfigge, dalla croce, il male. Gettiamo le spade che portiamo nascoste in noi, lasciamo cadere le pietre dalle nostre mani e facciamo nostra la forza dell’amore.

Cari amici, tanti credono che l’unica risposta alla violenza del mondo sono la paura, la guerra e la chiusura nella propria vita. Gesù fu condannato e crocifisso ingiustamente. Ma non usò violenza. Eppure avrebbe potuto. Era il Messia, era re, era Figlio di Dio. Ai discepoli che per difenderlo dall’arresto dissero: «Signore, ecco qui due spade», Egli disse: «Basta!». Sì, quel re è un mite e un umile. Mitezza e umiltà sono la sua forza, la sua risposta alla violenza del mondo. Il ramo di ulivo è un piccolo segno che significa pace, ma anche augurio di pace e preghiera di pace, quella pace che cerchiamo, chiediamo, per la quale preghiamo per i tanti paesi del mondo dove c’è guerra e violenza ed in particolare questa sera l’Ucraina e la Russia. In questa quaresima ci siamo detti che dobbiamo tutti convertirci alla pace e che la pace non è uno slogan ma una responsabilità di tutti noi, dobbiamo smilitarizzare i cuori. È il senso del ramo di ulivo tra le nostre mani.

Così entriamo anche noi con Gesù nella città, così vogliamo vivere nelle nostre città, entrare nei cuori degli altri. Tanti hanno bisogno di pace vera, di amore sincero. Prepariamo i nostri cuori, purifichiamoli da ogni divisione, aggressività. Noi non ci vogliamo rassegnare a un mondo diviso, in lotta gli uni con gli altri. Noi crediamo che questo mondo può diventare migliore: questo significa avere tra le mani e portare a casa il ramoscello di ulivo.

Questo ulivo è lo stesso ulivo dell’orto dove Gesù sceglierà di non scappare salvando sé stesso. E questo ulivo è segno di un amore vero, che dona la vita perché il nemico della vita sia sconfitto. Lo scarto delle persone, la chiusura, l’indifferenza, il pregiudizio, il rancore, l’aggressività, il facile guardare senza fare nulla, sono tutti alleati del male, quello che poi distrugge la vita.

E accogliere Gesù vuol dire aprire concretamente il nostro cuore alla sua parola e le nostre vite all’accoglienza dei suoi fratelli più piccoli, in particolare i poveri. Come le case che si sono aperte per accogliere i profughi; come le case aperte per l’emergenza freddo. Chi accoglie uno di questi piccoli accoglie me, dice Gesù.

Diceva una donna rom al campo rom di Paznan a 300 km da Varsavia: ho capito che il senso vero della vita non è pensare solo a sé stessi. Gesù vince la morte donando sé stesso, vero ulivo di pace.

Questi della Settimana santa sono giorni intensi, profondi, veri che ci dicono che l’amore vero esiste, non è una illusione; giorni che ci aiutano a capire la storia di tanti fratelli più piccoli di Gesù, di quelli che l’orto degli ulivi lo stanno vivendo oggi, nell’angoscia di fronte alla guerra, alla fuga dalle proprie cose, nel buio di non avere nulla, nella disperazione, nella lontananza da casa, nella perdita dei propri cari, nella durezza di una vita segnata dalla violenza, nei poveri. Viviamo con misericordia.

Può vivere un mondo senza misericordia? Facciamo agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi. La sua misericordia senza fine ci aiuti a essere umani, a rendere umane le nostre città, ci liberi dalla paura che non ci fa servire gli altri. Tutti possiamo fare qualcosa per chi ha bisogno. Seguiamo Gesù nella sua passione di amore. Non restiamo tiepidi o distaccati osservatori. La passione di Gesù ci mostra definitivamente da che parte sta Dio e ci aiuta a capire da che parte stiamo noi. Di fronte al dramma della guerra molti si sono chiesti: ma Dio dove è? Dio è dalla parte dei profughi; chi vuole trovare Dio deve stare vicino ai profughi ed ai poveri.

Pasqua significa passaggio. Questa settimana dietro a Gesù, allora, può essere un passaggio decisivo per la nostra vita. Passaggio ad una vita più fraterna, solidale. La forza è nell’essere uniti. Ma bisogna stare con lui! Non si può scappare, come fecero quei discepoli spaventati, davanti alla sua sofferenza e a quella degli altri!

Aiutiamo Gesù a portare la croce, come Simone di Cirene! Con la Bibbia in mano, rileggendo i Vangeli della Passione, fermiamoci sotto la croce, come le donne e Maria sua madre. Non da soli, ma insieme. Solo così, se lo facciamo insieme, potremo accogliere la voce dell’angelo che ci dirà: “E’ risorto non è qui”. Pietro non è il peggiore dei discepoli; ma Pietro ha una grande idea di sé, è orgoglioso, persino permaloso. Si offende quando Gesù gli dice che lo tradirà: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Eppure basta una donna per far crollare tutto. Fu l’incontro con lo sguardo di Gesù che sconvolse Pietro: «Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto» (Lc 22,61).

È la grazia di questa settimana: poter incrociare il suo sguardo. Ci ha detto l’Apostolo Paolo: “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini… umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”. Obbediamo al Vangelo e non al nostro istinto. Andiamo via di qui come uomini e donne di pace in questo mondo bellicoso, di gente aggressiva, arrabbiata, litigiosa, pronta a giudicare, a sparlare, a condannare! Affidiamo al Signore, mite e umile di cuore, uomo di pace, il nostro desiderio e impegno di pace, perché in questa settimana santa possiamo stare con lui.

Volgiamo i nostri occhi a colui che sarà crocifisso ed alla sofferenza delle croci di oggi, per giungere alla resurrezione, alla felicità piena.

Buona Settimana Santa a tutti.

† Giuseppe, vescovo