Prolusione Assemblea diocesana – Anno Pastorale 2023-24

Centro Pastorale “Emmaus” - Cerreto Sannita (BN)
05-10-2023

Care sorelle e cari fratelli, saluto tutti con affetto, i sacerdoti presenti, saluto il Vicario Generale don Pino Di Santo, saluto don Antonio Di Meo e lo ringrazio ancora per tutto quanto fatto per la nostra bella chiesa diocesana in tanti anni, dal 1999 a pochi mesi fa, saluto i diaconi, religiosi, religiose, saluto tutti gli operatori pastorali, i tanti laici presenti. È un momento bello questo che ci raccoglie, è la nostra assemblea diocesana. Assemblea si dice anche del popolo di Dio che si raccoglie per la liturgia. La nostra è una assemblea cristiana, è la fede che ci raccoglie oggi, il nostro credere nel Signore Gesù, nella forza del suo nome e della sua parola. Lo Spirito Santo ci trovi docili ed umili, pronti a lasciarci guidare… Viviamo in un mondo complesso, per certi versi difficili, dove si fa fatica a trovar un orientamento; la tentazione forte e di sempre è quella di cadere nel “disfattismo” o nell’arroccamento. Tutto sembra essere messo in discussione: in discussione è la famiglia; in discussione è la scuola; in discussione è la politica; in discussione è l’Europa, in discussione è la Chiesa. La guerra, le migrazioni sembrano mettere in discussione il presente ed il futuro.

In Geremia, al cap. 14: «I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare. Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Ma per il tuo nome non abbandonarci, non render spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi». Il Signore aveva chiamato Geremia in un tempo difficile per la storia di Israele, ci sarebbe stato l’esilio, tempo tristissimo per Israele ma tutta la scrittura ci testimonia che proprio nei tempi più difficili il signore non abbandona mai l’umanità ma cerca e chiama uomini e donne per essere profeti per portare nel mondo la sua parola che non è una parola di condanna ma di salvezza. In fondo il desiderio di Dio è che nessuno si perda e per questo guarda con speranza la vita degli uomini fin dalla loro nascita come ha guardato la vita di Geremia fin dal grembo materno e allora proprio in questo tempo fratelli e sorelle sentiamo che in realtà questa chiamata oggi è rivolta a ciascuno di noi; sì siamo chiamati ad essere, insieme, profeti per un mondo rinnovato proprio da questo sguardo di Dio su questa nostra umanità. Geremia ha paura di una missione che sembra così troppo più grande rispetto alle sue forze, ma il Signore non sceglie tra sapienti o intelligenti ma sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti e il segno della forza di Geremia non sono i suoi mezzi o le sue capacità, ma la sua forza sarebbe stata la forza della la Parola di Dio per uomini e donne delusi, feriti dalla vita, con un presente pesante ed un futuro incerto. Dinanzi alle difficoltà e alle sfide che ci attendono, dobbiamo vincere la tentazione di cadere in alcune tentazioni pericolose: di essere una Chiesa rigida – una dogana –, che si arma contro il mondo e guarda all’indietro; di essere una Chiesa tiepida, che si arrende alle mode del mondo; di essere una Chiesa stanca, ripiegata su sé stessa. Nel libro dell’Apocalisse, il Signore dice: “Io sono alla porta e busso perché la porta sia aperta”; ma tante volte, fratelli e sorelle, Lui bussa alla porta, però dall’interno della Chiesa, perché il Signore vuole uscire a proclamare il suo Vangelo. (Papa Francesco)

Care sorelle e fratelli, la chiesa ha sempre cercato di imparare da Dio a conoscere il cuore dell’uomo, la sua umanità, la sua sete di verità e di senso che spesso le vicende della vita lasciano insoddisfatta. Leggendo il Vangelo della Samaritana incontriamo una donna che sembrava non avesse bisogno di niente e che invece aveva proprio tanta sete di amore, di consolazione, di speranza, di dignità. Era forte della sua brocca, sapeva dove procurarsi l’acqua che non le mancava, ma trova colui che offriva l’acqua viva che toglie la sete, che cioè risponde a quello di cui ha bisogno il suo cuore, come un bisogno vero e profondo, quello che le serve davvero. Il Vangelo risponde a quello che cerchiamo, ci aiuta a farlo, a non rassegnarci. Credo che questa sia la condizione di tanti. La brocca è il segno di una vita spesa per saziare la propria sete ed ogni giorno al pozzo, ogni giorno a prendere l’acqua, ogni giorno a fare sempre le stesse cose. Pozzo e brocca. Ripetere i gesti di sempre. È la vita di tanti. Ecco, noi non siamo diversi e gli altri non sono diversi da noi. L’incontro con Gesù, con la sua parola, dona un senso nuovo alla sua vita. Con la sua vita difficile alle spalle, lontana anche da Dio, diventa annunciatrice del vangelo. Non credeva che la sua vita potesse cambiare, pronta solo ad affrontare le fatiche e le delusioni di ogni giorno – e quante ne aveva vissute – non credeva possibile una vita nuova, ma incontrando Gesù lascia la brocca e va al villaggio a portare la buona notizia di aver incontrato qualcuno che aveva aperto gli occhi del cuore facendola sentire capita, compresa, non giudicata o rimproverata e valorizzata. Diceva Papa Benedetto XVI: «coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato in realtà cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana». Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo, ne hanno diritto perché ne hanno bisogno. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un o spazio di umanità. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione» (EG 14). Non si tratta di conquistare un po’ di consenso ma di mostrare la Chiesa per quello che è, luminosa, umana, vicina alle persone, fiduciosa nell’uomo perché di Dio, piena della sua speranza e della sua compassione. Nostra è nostalgia di Dio, la sete di infinito, la sete di cielo, la sete di senso, la sete di vita. Il pozzo per noi è la Bibbia, l’acqua è la parola di Dio, parola viva e vivificante perché resa viva della forza dell’amore di Dio che è riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è dato in dono. Se è un dono lo riceviamo gratuitamente ed è per tutti. Bisogna riportare al centro del vissuto ecclesiale il Vangelo, alimento di vera speranza nella vita, bisogna riconoscere che molte pratiche religiose e la stessa vita sacramentale in tanti, anche battezzati, sono solo pratiche esteriori. L’Eucarestia è per molti una esperienza occasionale, spesso senza alcun vincolo con la parrocchia. I sacramenti si riducono ad atti formali o resi secondari rispetto ad altri aspetti: il loro valore nella fede è svuotato da scelte in cui emerge soprattutto l’individualismo e l’apparenza.

Lo spopolamento nelle nostre comunità e la diminuita partecipazione attiva alla vita ecclesiale, non si affronta solo con la preoccupazione del numero di sacerdoti, ma con la scelta di una diffusa corresponsabilità per evangelizzare la vita: le comunità sono il primo soggetto vivente di fede e di testimonianza nel quotidiano. Bisogna costruire comunità, valorizzando le Foranie e la “sinodalità delle scelte”, forse anche aiutandosi tra parrocchie, superando uno sterile campanilismo che troppo spesso è sinonimo di chiusura che rallenta il cammino da compiere.

Si tratta di assicurare momenti di preghiera e d’ascolto della Parola, con i giovani, con le famiglie, con gli anziani, insieme all’attenzione alle persone sofferenti o comunque bisognose.

Preti, diaconi, religiosi, catechisti, accoliti, lettori, ministri straordinari della Comunione, sacristi, volontari dei centri d’ascolto; animatori del mondo giovanile, volontari nella cura delle varie fragilità, le nostre comunità hanno un capitale umano ed ecclesiale da cui ripartire con la passione per la vita buona del Vangelo, ma è decisiva la fatica del partecipare, a cominciare dalle famiglie che si limitano a chiedere spesso solo servizi religiosi e sacramenti di cui spesso ignorano il valore. Vincere la «tentazione di accontentarsi e pensare di rifugiarsi nel “si è fatto sempre così”» è come assecondare un lento veder morire le Comunità non solo in senso ecclesiale, ma anche sociale, anche nei centri più piccoli dove tante volte la parrocchia è l’unica realtà aggregativa.

Il tema centrale è ritrovare il rapporto tra fede e vita; necessità di portare al centro della nostra vita la Parola di Dio, per non vivere anche conformandosi alle opinioni umorali dei contesti. La nostra azione pastorale deve coinvolgere tutti, a partire dalle famiglie, proponendo cammini di catechesi. Forse bisognerà rivedere il numero delle celebrazioni che, pur essendo il momento più alto della nostra vita di fede, resta per tanti come un dovere da assolvere e non può essere l’unica forma di trasmissione della fede. Esiste una dimensione sociale della fede che ha nella Eucarestia e nella Parola la sua sorgente, ma che deve illuminare il vissuto dei nostri comuni che cominciano a risentire degli stessi disagi delle grandi città. I tanti episodi di violenza urbana, soprattutto nel mondo minorile spingano famiglia, parrocchia e scuola a unire gli sforzi per una evidente emergenza educativa e umana.

Oggi vogliamo domandarci con sincerità, fiducia e docilità: che cosa sta accadendo? Quali cambiamenti stanno investendo la vita della Chiesa e quella di noi cristiani? Più in profondità, dobbiamo chiederci: dove ci sta conducendo Cristo? Quali passi dobbiamo compiere per poter dire con onestà di essere ancora alla sua sequela? Mantenere semplicemente e stancamente il modello attuale significa condannarci a non essere più una presenza capace di trasmettere la ricchezza inesauribile Vangelo alle donne e agli uomini di oggi, tanti dei quali hanno una sete immensa di vita, di senso, di amore e di relazioni calde, in una parola, di Dio. L’obiettivo è uno solo: essere una Chiesa fatta di comunità vive, nelle quali non solo si parla, ma si sperimenta davvero il Regno di Dio, di cui la Chiesa è come un germe. È il Signore, vivente in mezzo a noi, che ci chiede di essere cristiani gioiosi, gioiosi perché uniti a lui e tra di noi, perché la gioia è nell’essere insieme. Lo sappiamo bene: questo mondo e questo tempo non sanno che farsene di cristiani stanchi, lamentosi, parte di un ingranaggio che si muove secondo la logica del “si è sempre fatto così”. Papa Francesco nel giorno di Pentecoste del 2020 diceva: «Lo Spirito viene a noi, con tutte le nostre diversità e miserie, per dirci che abbiamo un solo Signore, Gesù, un solo Padre, e che per questo siamo fratelli e sorelle! Ripartiamo da qui, guardiamo la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo. Il mondo ci vede di destra e di sinistra, con questa ideologia, con quell’altra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù. Il mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Il mondo vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia. Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto: per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico» (Omelia Pentecoste, 31.05.2020). La Chiesa è solo di Cristo e se il mondo isola e divide noi a maggiore ragione dobbiamo essere uniti e fedeli a questa madre. Credo che come non mai dobbiamo essere vicini alla Chiesa tutta, rendendola forte; perché se il male isola, la Chiesa unisce.

È il mio terzo anno in diocesi, è il terzo anno del sinodo, anno della fase sapienziale. È questo un anno in cui partiamo con un assetto rinnovato, con vari Uffici con direttori nuovi. La struttura chiaramente resta la stessa anche se, alla luce del tempo che viviamo è nato l’ufficio evangelizzazione e catechesi, che non è più solo l’ufficio catechistico, ma che lo comprende con uno sguardo più ampio che guarda alle parrocchie come luoghi dove proporre percorsi di catechesi, di vangelo, di preghiera, di carità, pensando anche ad eventi diocesani che possano attirare e coinvolgere anche chi è lontano dalla Chiesa. Il principio e fondamento che deve animare tutto il lavoro è essenzialmente l’annuncio del Vangelo a tutti e ciascuno. Tutto questo impegnerà i vari uffici a lavorare insieme.

Abitiamo una terra ancora molto sana sotto tutti i punti di vista dove è possibile attivare processi reali e concreti di formazione. Questo è un tempo prezioso e carico di possibilità nel quale vivere avendo a cuore il dono della chiamata ricevuta dal Signore. “Non passate di casa in casa” ci ha detto il Vangelo. C’è bisogno di relazioni stabili e non superficiali. Conta andare in una casa e fermarsi. Vivere l’amicizia nella profondità e non nella superficialità di tanti rapporti di cui nessuno significativo.

Dal primo anno di Sinodo è emersa l’urgenza e la necessità di far lavorare i CAE ed il CP dove i laici possono vivere la corresponsabilità della vita parrocchiale. Dal secondo anno del Sinodo è emersa la grande domanda della Parola di Dio, vista, giustamente come la parte migliore, che rende migliore la vita, il mondo, la storia e la nostra diocesi conserva intatte energie che hanno solo bisogno di essere rinvigorite e orientate per tracciare nuovi percorsi spirituali e pastorali. Quest’anno credo che si sia avvertito un grande e nuovo entusiasmo per le feste patronali. È andato molto bene il pellegrinaggio a Lourdes, in Terra Santa, la GMG, Berlino. Sono andati molto bene i GrEst.

Mi è sembrato di cogliere una nuova e rinnovata domanda di socializzazione.

Due punti sui quali concentrare il nostro cammino quest’anno:

Il primo, lo stiamo dicendo è la Parola di Dio che si fa preghiera: Non è una esperienza da proporre. Inizia un cammino di rinnovamento. Essere cristiani alla luce della Parola; come Geremia sentirsi inadatti per far crescere la fiducia in Lui. Portare la Bibbia in mano ai fedeli e vivere la ricchezza delle nostre tradizioni – siamo in un territorio ricchissimo di tradizioni – con la consapevolezza che la parte migliore è stare ai piedi di Gesù ed ascoltare la sua Parola. Sarà un cammino lento, ma bellissimo di cui abbiamo bisogno per poter leggere la vita con la Parola di Dio e comprendere questa nella vita e nel mondo in cui siamo calati. Noi leggiamo la Parola di Dio nella storia, leggiamo il Vangelo di fronte alla realtà. E abbiamo davanti agli occhi in questi giorni le tragiche immagini di quanti profughi muoiono nel mar Mediterraneo per cercare di raggiungere un futuro diverso e la pace. Fuggono dalla guerra, dalla fame, dall’insicurezza e cercano una terra di pace. E vediamo che insensibilità verso uomini, donne, bambini, anziani – e quanti bambini perdono la vita! – che meritano di essere difesi, di essere accolti. Meritano un futuro di pace anche loro. Che la nostra terra sia una terra di speranza e di pace. Con la Caritas diocesana qualche giorno fa abbiamo accolto altri 4 giovani provenienti dalla Costa d’Avorio e arrivati in Italia attraversando il Mediterraneo su un barcone. Terra di speranza sia la nostra terra.

Il Vangelo non è una forza che si impone, ma è una forza che entra, che parla. È forte perché parla al cuore delle donne e degli uomini, perché è Parola di Dio. E Dio è Dio dell’impossibile, ci invita a non rassegnarci al male, alla guerra, alla divisione, alla sofferenza. Il potere dei discepoli è l’autorità della Parola di Dio. Se noi preghiamo e accogliamo il Vangelo di Gesù, vedremo non solo cambiare il mondo attorno a noi, ma vedremo anche un tempo nuovo di speranza. Uno strumento da privilegiare forse è il Vangelo nelle case. Questo strumento è diffusivo, raggiunge persone che non verrebbero alla Chiesa, stimola la lettura e la preghiera sulla Parola di Dio.

La via più adeguata per crescere nella fede è la lectio divina. L’amore per Dio comincia con l’ascolto della sua Parola e analogamente l’amore per il fratello comincia con l’imparare ad ascoltarlo. E quanti cercano un ascolto non digitale, non pieno di luoghi comuni o senza speranza!

Vorrei che in ogni parrocchia nascessero i gruppi della Parola. Questi gruppi sono tra i frutti di quella attenzione alla Parola di Dio richiesta dal Concilio. Spesso sono stati chiamati “gruppi del Vangelo”. Alcuni privilegiano un taglio culturale, con spiegazione e conoscenza del testo biblico, proponendo una lettura continuata della Scrittura. Altri scelgono una lettura preparatoria alla liturgia domenicale, altri ancora hanno fatto dei gruppi del Vangelo una attività per i “tempi forti”, e quindi un impegno straordinario e penitenziale. Sono una esperienza che crea relazioni amicali tra i componenti. Proprio questa solidità relazionale dei partecipanti (non sono forse delle piccole comunità di base?) è il punto di forza aggregante che può diventare però un limite se i gruppi si chiudono e smettono di invitare nuovi partecipanti.

INSIEME, vorrei che fosse la parola d’ordine da vivere, quasi un comandamento, ma un insieme non come vicinanza, ma insieme nella Amicizia e Fraternità per lottare contro la cultura dell’individualismo del mondo che è quella del dominio e dell’affermazione dell’IO per riaffermare il valore del NOI inteso come comunità e come famiglia. Il noi si è andato sgretolando: il noi della politica, il noi della patria, il noi della scuola, dei sindacati, il noi della Chiesa, il noi, così vitale, della famiglia. Qualcuno ha scritto che l’uomo di oggi è un uomo spaesato, ma noi conosciamo il dono di una appartenenza, del sentirsi parte. Costruire comunità, scusatemi se mi ripeto; luoghi di Insieme nell’Amicizia e Fraternità tra i sacerdoti, (invito i vicari foranei a cercare spazi di incontri, pregando insieme e mangiando insieme); tra gli uffici della Curia. Amicizia e fraternità con i laici, amicizia e fraternità nelle nostre comunità parrocchiali, amicizia e fraternità tra le generazioni. Amicizia e fraternità con i migranti. Amicizia e fraternità, dialogo con tutti, avere rapporti con tutti, dalle Istituzioni alle associazioni, con le scuole, anche con chi non è vicino, e che può non pensarla come noi. Abbiamo il dono di avere una parola per tutti. Tutti non è molti. È di più. Tutti è di Dio. Vanno sostenute tutte le forme di incontro e aggregazione, non solo nel senso che è bello stare insieme – questo lo fanno anche tante associazioni – ma che è bello essere uniti nel nome di Gesù, che significa, relazioni amicali, vicinanza umana, accoglienza e disponibilità, per riannodare i molti fili spezzati nei nostri rapporti ecclesiali e sociali, in un contesto in cui isolamento, individualismo ed egoismi vari sono segni di un malessere che inquina la vita. Se uno mi chiede come si comunica il Vangelo, mi viene naturale dire: con l’amicizia. L’amicizia è una via maestra per comunicare il Vangelo. I cristiani sono gente amica.

Siamo cristiani: che si capisca dal nostro modo di stare insieme nell’amicizia e nella fraternità. Ne abbiamo già parlato in varie occasioni: curare la dimensione affettiva della vita ecclesiale. Il momento aggregativo più bello resta la liturgia della domenica, che deve sempre essere accompagnata dal piacere e dalla gioia di ritrovarsi. Da individui a famiglia, da folla a popolo. Come sono importanti i gruppi liturgici parrocchiali, coro, lettori, ministranti, catechisti, animatori, accoliti. Credo che dobbiamo capirlo sempre meglio.

L’elemento unitivo resta la Parola di Dio.

Ieri abbiamo celebrato la festa di San Francesco d’Assisi che liberò la chiesa dal declino, la guidò tra la gente che allora viveva grandi povertà, infermità, paure per la violenza diffusa. Si legge nella leggenda maggiore di San Bonaventura: «Francesco si chinava con meravigliosa tenerezza, con passione verso chiunque fosse afflitto da qualunque sofferenza fisica e morale». Stenti, fame povertà erano compagni della vita in un tempo in cui non c’era quasi nessun rimedio e dove la Chiesa stessa viveva arroccata nei suoi privilegi. Francesco cercava in ogni modo di essere vicino e di non lasciare soli.  Messaggero di Dio araldo del gran re come diceva, comunicava la compassione di Dio: tu non sei solo, tu non sei abbandonato, tu non sei perduto, nessuno è dimenticato o scartato. Vicinanza, tenerezza, amicizia e fraternità, nutrita dalla Parola di Dio e dal vivere insieme ai suoi frati, di cui era maestro ma anche compagno di cammino. Tra noi non ci siano privilegi, ma prevalga l’essere compagni di cammino, servi l’uno dell’altro.

La Curia è a servizio della Chiesa locale. Gli uffici della Curia sono tutti al servizio delle parrocchie.

Gli uffici dovranno vivere l’insieme di cui abbiano parlato. In questi giorni abbiamo avuto degli eventi molto belli che sono stati possibili con il lavoro di tanti. Venerdì a Sant’Agata, la Scuola di Formazione Socio-Politica, il Mila, le Parrocchie, la Diocesi, incontro molto bello, riportato anche da vari giornali sulla Carta di Sant’Agata de’ Goti.

A Cerreto sabato si è vissuto il 1° Festival del lavoro frutto del lavoro del Progetto Policoro – composto dalla Caritas diocesana, dalla Pastorale Sociale e del lavoro e dalla Pastorale Giovanile – l’Azione Cattolica diocesana, il Movimento Studenti di Azione Cattolica e la Scuola diocesana d’Impegno Socio-Politico. Domenica invece ad Amorosi, l’Ufficio Migrantes, quello per l’Ecumenismo ed il dialogo interreligioso, e l’Ufficio per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo, Sport e Pellegrinaggi, ospiti della parrocchia di San Michele Arcangelo, hanno organizzato un bellissimo momento di preghiera riflessione sul Creato. Molto bello è stata la presenza di un coro composto da varie realtà. Insieme, insieme per costruire amicizia e fraternità. Credo che dovremmo seguire meglio le varie proposte della Diocesi.

C’è una domanda che ci dovrà sempre accompagnare: quello che sto facendo, lo sto facendo da solo? Senza gli altri? Dice un proverbio africano: da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontani.

Lo dico ai facilitatori: quest’anno il vostro impegno sarà quello di favorire un maggior vivere insieme nella vita parrocchiale, nell’ascolto della Parola di Dio. Non sarà facile facilitare i rapporti umani. Conosciamo bene le nostre parrocchie. Ogni gruppo sembra vivere naturalmente senza gli altri, in alcuni casi anche naturalmente contro gli altri. Nel vivere l’invito all’insieme capiremo meglio che le nostre divisioni sono frutto del nostro peccato. Non di quello degli altri, ma del proprio, perché ognuno renderà conto di se stesso.

Nel desiderio di andare incontro alla domanda di preghiera, di senso e di fede che c’è nel cuore di tutti, anche se molti non la sentono, quest’anno prevediamo: insieme ai cammini di sempre e già strutturati, scusatemi mi soffermo su quello che non c’era e che proponiamo:

  • un percorso di catechesi per i disabili, sia per quelli che devono prepararsi alla cresima ma anche per chi l’ha già fatta. Aiuterà per i primi mesi la Comunità di Sant’Egidio. Prevediamo di iniziare un centro diurno per i disabili Mi piacerebbe pensare una domenica al mese avere i disabili a messa tutti insieme.
  • Prevediamo un percorso di catechesi per i padrini e le madrine, precisando all’inizio dei corsi di preparazione il profilo che, per la chiesa, deve avere il padrino o la madrina.
  • Prevediamo avere una particolare attenzione agli anziani con l’ufficio pastorale della terza età, con la proposta delle catechesi del Papa sulla vecchiaia. Dovremo prendere a cuore gli istituti dove bisogna portare la preghiera. Gli anziani sono veri custodi della fede e la vecchiaia ha bisogno della fede per non diventare momento di non senso o addirittura di disperazione. Avere a cuore la vita dei nostri sacerdoti anziani. Se la chiesa è famiglia, e lo è, sono i nostri anziani.
  • Prevediamo incontri foraniali con i separati ed i divorziati.
  • Prevediamo una attenzione particolare agli oratori. Quest’anno i GREST sono stati una esplosione di vita e di gioia. Si confermano come un momento importante della vita ecclesiale, vero campo di semina dove fare esperienza della gioia del donarsi e dell’amicizia nel nome di Gesù. Dobbiamo curarli sempre meglio. Credo sia importante, se possibile, quanto prima incontrare per forania tutti gli animatori, giovani e non, che si sono spesi per i GrEst. Sono state forze di amore e di dono. Vanno incoraggiati a continuare con attività invernali sempre con i bambini. Sarebbe importante il doposcuola nelle parrocchie.
  • Prevediamo di iniziare un percorso di formazione che dovrebbe portare ai ministeri istituiti che il Santo Padre sollecita. Una chiesa ministeriale. Non solo il ministero ordinato.
  • Confermiamo l’impegno di essere presenti nelle scuole per incontrare i giovani e riflettere con loro. Bisogna incontrare i giovani ad avere per loro proposte buone; crescere in una alleanza educativa con le scuole e le famiglie. Tanti episodi di violenza sono espressione di disagi e vuoto interiore che va colmato. Abbiamo incontrato in questi due anni tutte le scuole dalle materne, alle elementari, dalle medie agli istituti superiori. Il 6 novembre la Festa dei bambini.

D’altra parte le nuove sfide che il mondo ci presenta sono sfide che possiamo affrontare solo stando insieme: Il tema dell’ambiente? Il tema della pace? Fondamentali, soprattutto il tema della pace ma le due cose camminano insieme. Ma senza amicizia e fraternità è difficili considerarli obiettivi possibili. I grandi sogni e obiettivi sono possibili solo se cammineremo insieme. Le cose non cambiano subito. Ci sarà bisogno di pazienza, di perseveranza e di incoraggiarci gli uni con gli altri. Sono stato a Berlino con la comunità. Una città simbolo dove la storia parla; parla dell’arroganza di guardare gli altri con superiorità; parla della guerra; parla di muri che per circa 30 anni hanno diviso la città, i popoli in due. Muri che sembravano incrollabili e che sono caduti non con la forza e la violenza delle armi, ma con la pressione di movimenti di pace e di preghiera. Nessun muro è per sempre. C’erano muri che dividevano anche le religioni. Amicizia tra le religioni.

Il tema del Giubileo 2025 è “Pellegrini di speranza”. Nel 2024, anno di preparazione, deve essere caratterizzato soprattutto dall’ascolto della Parola e dalla preghiera. Sarà un anno bello, impegnativo e ricco di opportunità per rinvigorire e rianimare le nostre comunità e, soprattutto i nostri giovani. Per questo si costituirà anche una commissione per il Giubileo che dovrà coordinare iniziative e percorsi in sinergia con tutti gli organismi diocesani. Attendiamo dalla CEI indicazione sui percorsi da fare. Incominciamo a preparare il terreno al Giubileo con quanto ci stiamo dicendo. Creando un fermento pastorale in Diocesi.

San Bonaventura racconta che, mentre Francesco pregava, il Crocifisso gli disse: «Va’ e ripara la mia chiesa» (Legenda maior, II, 1). Cari amici la nostra Madre Chiesa ha sempre bisogno di essere “riparata”, perché noi tutti siamo un Popolo di peccatori perdonati – ambedue le cose: peccatori perdonati –, sempre bisognosi di ritornare alla fonte che è Gesù e di rimetterci sulle strade dello Spirito per raggiungere tutti col suo Vangelo. Francesco di Assisi, in un tempo di grandi lotte e divisioni, tra il potere temporale e quello religioso, tra la Chiesa istituzionale e le correnti eretiche, tra i cristiani e altri credenti, non criticò e non si scagliò contro nessuno, imbracciando solo le armi del Vangelo, cioè l’umiltà e l’unità, la preghiera e la carità. Facciamo anche noi così! Umiltà e unità, preghiera e carità. (Omelia di Papa Francesco)

E se il Popolo santo di Dio con i suoi pastori, nutre attese, speranze e pure qualche paura sul tempo che viviamo che iniziamo, ricordiamo la Chiesa non è un raduno politico, ma una convocazione nello Spirito; non un parlamento polarizzato, ma un luogo di grazia e di comunione. Lo Spirito Santo, poi, spesso frantuma le nostre aspettative per creare qualcosa di nuovo, che supera le nostre previsioni e le nostre negatività. Forse posso dire che i momenti più fruttuosi nel cammino sono quelli di preghiera, anche l’ambiente di preghiera, con il quale il Signore agisce in noi. Apriamoci a Lui e invochiamo Lui: Lui è il protagonista, lo Spirito Santo. Lasciamo che Lui sia il protagonista del cammino! E con Lui camminiamo, nella fiducia e con gioia.

Maria, Madre della Chiesa, sostenga le nostre vite, la nostra missione e interceda per noi presso suo Figlio, nostro unico maestro.

† Giuseppe, vescovo