Lettera del vescovo don Mimmo per l’Avvento 2019

29-11-2019

Carissimi tutti,

più di ogni altro momento del tempo liturgico, l’Avvento sembra arrivare con la sua portata di promessa, di senso, di nuovo inizio. È davvero un tempo di grazia. Forse ci coglie appesantiti dal nostro carico di contraddizioni, preoccupazioni, stanchezze, esigenza di ritrovare il senso delle cose. Forse ci sorprende a cercare affannati le ragioni della nostra speranza. È proprio l’intreccio tra le nostre attese e l’attesa di Dio che può trasformare questo tempo in Kairós, tempo favorevole, tempo di salvezza! La salvezza è vicina, non perché siamo pronti, non perché ce la meritiamo, non perché siamo bravi, ma perché il nostro desiderio di pienezza è radicato per grazia nel desiderio di Dio che ha scelto la via dell’incarnazione, la via delle relazioni, per dare compimento al suo disegno d’amore e di comunione: “Non vi chiamo più servi, vi ho chiamati amici, perché quello che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”! (Gv 15,15).

Il Signore ci conosce. Conosce le attese più profonde e vere del nostro cuore. Conosce il perché della paura che a volte attraversa i nostri sguardi, le nostre parole. Non si scandalizza di noi. Lo sa che lo aspettiamo nelle nostre inadeguatezze, fragilità, nella incapacità di dare fiducia, di fare il primo passo, di perdere, di perdonare, di fare il bene che possiamo, di proteggere i più deboli, negli angoli bui del nostro cuore che fa esperienza della morte, dell’assenza, della delusione, nelle relazioni spezzate, nelle guerre che invadono il nostro presente e il nostro futuro. Risolleviamoci, alziamo il capo, perché la nostra liberazione è vicina!

Penso all’attesa di coloro che hanno fame di giustizia. Penso a chi sta cercando invano sbocchi lavorativi dignitosi e si sente costretto a emigrare per attendere un futuro. Penso alla precarietà di chi resiste con coraggio in questa nostra terra. Penso ai diritti disattesi.

Il Signore viene. Viene in questa storia. Viene per tutti. Viene a risvegliare le coscienze assopite e ripiegate su loro stesse per la tristezza, la rassegnazione, l’efficacia del peccato. Non viene dalla parte dei potenti, dei ricchi prevaricatori, degli indifferenti. Viene dalla parte dei poveri, degli umili, di chi attende con tutto se stesso un regno di giustizia e di pace. Viene dalla parte dei giusti. Viene dalla parte di coloro che testimoniano che l’esistenza è compiuta, realizzata, solo nell’onestà, nella ricerca personale e condivisa del bene perché è bene, non per altri fini o per il privilegio di se stessi. Viene dalla parte degli esclusi. Viene dalla parte dello straniero che desidera condividere il sogno di un mondo più a misura d’uomo, più a misura di fratelli.

Il Signore viene! Andiamogli incontro! Muoviamo insieme i passi dell’attesa!

In questi giorni mi ero deciso a ritagliarmi uno spazio per me, uno spazio per attendere… Dentro a giornate impegnative e frenetiche anche se piene di significato, di incontri, di bellezza, senti che hai bisogno di ritrovare l’orizzonte che ti orienta, che ti conduce. Quello spazio e quel tempo che pensavo fossero legittimamente “miei”, il Signore ha saputo convertirli con la sua presenza e la sua cura di sempre e sempre nuova, facendosi vicino nel bisogno e nell’attesa dell’altro. Conservo con gratitudine nella memoria un incontro, semplice, umile, non programmato, che ha purificato la mia attesa e ha aperto il mio cuore all’Avvento di Dio.

Mi trovavo in ospedale per fare visita a un nostro sacerdote. Una donna si stupisce di incontrarmi. Mi parla di sua mamma che è in terapia intensiva e che sarebbe contenta di vedermi. Vado con lei. Malata e sofferente, la mamma mi riconosce e subito mi stringe forte le mani.

I piccoli non badano molto alle parole, sono presenti interamente nei gesti, nell’ascolto dell’altro, nella contemplazione del suo sguardo, nella profondità del silenzio. C’era tutta in quella stretta di mani, tutta la sua speranza, la gioia grata di chi non sembra aspettarsi nulla e sa solo meravigliarsi, accogliere. Senza sforzi mi stava davanti come sentinella della luce che sorge anche sulle alture impervie della malattia. Quanta serenità nel suo volto, quanta dignità, quanto affidamento, quanta attesa di Dio! La pace di chi sa che il Signore non abbandona. La felicità di chi ha potuto consegnare all’altro la sua attesa di Dio, il suo andargli incontro! E l’altro ero io…

È questo il senso dell’Avvento, ritrovare nello spazio inedito della relazione, nell’incontro con l’altro, la fiducia di chi si sente atteso, amato, desiderato. Il Signore stesso ha dilatato la mia attesa in quell’incontro, ricordandomi che è stato Lui ad amarmi per primo, che le nostre relazioni sono dono, che lo spazio della relazione accolta diventa grazia, che la fiducia reciproca diventa sacramento.

Non abbiamo altro da condividere, solo lo spazio dilatato di questa attesa che ci tiene in piedi!

Ho pensato tanto a quel passo del profeta Isaia: “Irrobustite le mani fiacche… dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete, il vostro Dio viene, viene a salvarvi!” (cf Is 35).

Quella donna ha irrobustito le sue mani prendendo le mie, dicendo al mio cuore smarrito, in cerca di sosta, di respiro, di raccoglimento, di preghiera: Coraggio, non temere, Dio viene, viene anche per te, viene a salvarci! Continua ad annunciarlo! Continua a camminare! Ti sosterrà in questa tua cura, come ti ha sempre sostenuto!

Così l’amore di Dio raggiunge il tuo presente, dà senso e significato al tempo, converte il cuore e il desiderio. Così il suo amore diventa in noi carità, luce che non si consuma e illumina i passi dell’altro. Non è la nostra presunta luce che ci tiene in piedi ma la luce che riconosciamo viva nell’incontro con l’altro. Recita ancora il profeta Isaia: “Si apriranno gli occhi dei ciechi, si schiuderanno gli orecchi dei sordi, si scioglierà la lingua dei muti…” Ancora accade! Nell’umanità profonda delle nostre relazioni Dio si rivela sanando le ferite dello spirito e del corpo, si consegna con fiducia a noi perché abbiamo cura di Lui.

Ecco l’Avvento! La grazia inattesa della relazione! Ed è tutta presente in quelle relazioni che troppo facilmente diamo per scontate, in quelle che non sappiamo valorizzare, in quelle che tendiamo a possedere, a tenerci strette senza metterci in gioco, senza consegnarci all’altro. Non illudiamoci, le relazioni possono far germogliare l’Avvento di Dio solo nello spazio nuovo dell’incontro, del ritrovarsi, del raccontarsi, del perdonarsi, dell’ascoltarsi, del riconoscersi uniti nella diversità. Diamo valore a ogni incontro!

Il tempo dell’Avvento è tutto custodito nell’attesa dell’altro. Chiediamo al Signore di rialzarci dalle nostre contese e rivalità, dai nostri pregiudizi, di riconoscerlo nell’attesa dell’altro, nei volti segnati dalla sofferenza.

Non si spera che insieme. Non si attende che insieme. Forse questo è già un po’ Natale!

Potremo ritrovare in questo tempo di Avvento la gioia dell’incontro con l’altro riscoprendo e curando la preghiera personale. Essa diventi sempre di più il luogo della relazione esplicita con Dio, dell’ascolto della sua Parola, del dialogo con Lui. Sia il tempo della cura del discernimento del bene, fondando nella comunione il decidere sulle relazioni che fanno la nostra vita e che ci sono affidate. Potremo ritrovare la gioia dell’incontro con l’altro rinnovando in noi stessi e nell’altro la fiducia. Il Signore non si stanca di donarci il suo Spirito nella sincerità e nella verità del nostro cercare, capire, decidere. “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9) È la domanda che oggi consegna a ciascuno nelle nostre relazioni. L’altro di fronte a noi è sempre debole, possiamo accoglierlo oppure no, avere cura della sua libertà oppure usarlo per affermare noi stessi. Solo l’accoglienza vera e gratuita può comunicare fiducia nell’altro e in noi stessi. La fiducia è quel talento nascosto che abbiamo dimenticato! Mettiamolo a frutto, ne siamo capaci! Potremo ritrovare la gioia dell’incontro con l’altro vegliando nell’attesa. Vegliare non è l’attesa di un momento ma è il modo di vivere del cuore, è il desiderio che accoglie e contempla nel presente i segni di colui che sta per venire. Vegliare è attendere sempre, negli spazi di gratificazione e in quelli della mortificazione. Vegliare è fare memoria dell’incontro ripresentando ai nostri occhi e al nostro cuore i tanti incontri che hanno rinnovato le nostre storie personali dandovi un senso nuovo, i tanti incontri che aprono il nostro presente alla speranza, che donano promessa di futuro al cammino condiviso. Vegliare è riconoscerci più vicini di quanto pensiamo, è vivere le relazioni come attesa di prossimità, spazio di ospitalità, condivisione dell’esistenza.

Ci attende sempre un incontro, una parola, uno sguardo, qualcuno che ha bisogno di noi. Questa attesa possa diventare con il nostro sì all’altro, sì al Signore che viene oggi e che verrà. Il cammino dell’Avvento purifichi e maturi in noi la fede, l’amore, perché sia celebrazione dell’attesa di Dio nell’attesa di fratelli. È il nostro spirito di figli che attesta e annuncia questa speranza!

Buon Avvento a ciascuno!

† don Mimmo, vostro Vescovo