«Il Signore ci chiama ad accendere stelle nella notte (…) quei segni così diversificati che Egli ci dà perché non rimaniamo fermi, ma imitiamo il seminatore che osservava le stelle per poter arare il campo. Dio accende stelle per noi affinché possiamo continuare a camminare: “Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate e hanno risposto” (Bar 3,34-35). Ma Cristo stesso è per noi la grande luce di speranza e di guida nella nostra notte, perché Egli è “la stella radiosa del mattino” (Ap 22,16)» (Christus vivit, 33).
Sei tu che continui ad accoglierci!
Caro Gesù,
mentre contemplo la mangiatoia ancora vuota che ti accoglierà piccolo, povero, umile, solidale con tutti i poveri della terra, ritrovo il sapore antico e nuovo dell’incontro: ho bisogno di indirizzare a te, volto della tenerezza del Padre, la lettera per questo Natale.
Nel calore degli sguardi di Maria e di Giuseppe, tu sei il silenzio che anticipa e avvolge parole di speranza e di vita, tu sei la pace che genera nei cuori l’inquietudine per la giustizia, tu sei la novità che spinge l’annuncio oltre i confini visibili delle strade accidentate dell’esistenza. Non credo sia stato facile per loro vederti adagiato in una mangiatoia. I genitori desiderano il meglio per i propri figli. Presto però il loro amore per te sarà visitato dalla luce della lode, dell’adorazione, del dono: sono gli scartati, i poveri, i sapienti, i primi chiamati alla tua presenza! Chi soffre, chi attende, chi cerca un senso che ricomprenda tutto. Chi avrebbe creduto all’annuncio degli angeli? Ai segni di una cometa in transito nei cieli? A un annuncio capace di risuonare per tutta la terra?
Come somiglia questo Natale alla corsa dei tuoi discepoli al sepolcro, i quali, ancora increduli, tristi per il fallimento sperimentato nel vedere il Figlio di Dio inchiodato sul legno di croce, riconoscono nei segni del sepolcro vuoto la tua risurrezione, la tua parola viva, vicina, operante!
Ascoltare chiede di fare silenzio interiormente, uscire da se stessi ed essere presso l’altro, chiede di essere umili, disponibili, gratuiti. Ascoltare è accogliere, non sentirsi arrivati, non conoscere già tutto. Ascoltare è accogliere questo tempo con le sue contraddizioni, desolazioni, conflitti, paure. Ascoltare è incontrare. Caro Gesù, questo Natale ha un sapore un po’ diverso. Sono qui, fatto povero da te, guardo il luogo umile del tuo donarti a ciascuno, a tutti. Il luogo in cui la Parola si è fatta visibile, luce per gli uomini che l’accolgono, salvezza donata per sempre. Quella mangiatoia somiglia ai luoghi che continui a scegliere nella nostra esistenza, in cui chiedi di accoglierti e in cui stentiamo a farlo.
Ripenso alle famiglie che ho incontrato nelle parrocchie che mi hanno accolto, segnate dal disagio economico e spesso dalla malattia. Tu conosci la mia fatica, la mia rabbia di sempre, di fronte alle ingiustizie che toccano sempre i più deboli, chi non si piega alle logiche perverse dei più forti e nemmeno cerca di farsi spazio a danno di altri. Conosci però anche la mia gioia per aver visto l’energia incredibile di coloro che si sono lasciati interrogare e coinvolgere e riescono a prendersi cura con perseveranza dei più deboli, sopperendo all’assenza delle istituzioni… Signore Gesù, tu un giorno hai sfamato la folla affamata con quei pochi pani e pesciolini che aveva tra le mani un ragazzo!
Ripenso ai giovani che desidererebbero rimanere in questa nostra terra che non fa quello che potrebbe per invogliarli a restare. È dura ma in loro riesco ancora a vedere la forza della promessa di restituire dignità al futuro e lasciarlo venire. L’esodo continua in questo nostro tempo in modalità diverse tutte da interpretare e narrare ancora.
Tante catene appesantiscono il passo ma la strada sta lasciando incontrare storie di fratelli: la speranza di chi ha dovuto lasciare il proprio Paese, attraversare il mare mettendo a rischio la propria vita, e la speranza di chi resta per ridare un volto ospitale a questo territorio… riversando tutta la speranza in te! È una meraviglia il luogo in cui tu continui a nascere: negli intrecci di speranze, di storie di integrazione reale, nel desiderio profondo e condiviso di non pensare prima a se stessi ma di imparare a pensare insieme perché nessuno resti indietro. I nostri egoismi, la superbia, l’orgoglio, i muri, l’autosufficienza, la mancanza di fiducia nell’altro, seppure continuano ad avvelenare i rapporti e anche la terra, non riescono a spegnere il cuore, perché il Natale non è alle porte di un luogo generico ma è sempre alle porte del cuore. È la porta aperta del cuore! Il grande amore di Dio per gli uomini è tutto già riversato nei nostri cuori. Come Abramo, sperimentiamo insieme il cammino verso la terra rinnovata, capace di contenere il riflesso di tutte le stelle del cielo.
Sei tu che continui a ridestarci dal nostro sonno, dalle nostre miserie, ad accoglierci nel tuo sì, nel tuo essere Dio con noi. La mangiatoia non è solo un riparo di fortuna ma è ancora oggi invito a riconoscere e a credere nell’efficacia del bene. Date voi stessi da mangiare…
Ripenso ai poveri che continuo a incontrare. Ripenso a chi ha perso il lavoro. Risuona ancora troppo incomprensibile per noi il grido silenzioso di chi invoca uno sguardo amico. Perché? Signore Gesù, tu ci chiami a camminare e a faticare con te, per condividere con te tutto, come hai fatto tu con noi a partire da quella notte santa che ha dato nuovo corso alla storia. Tu conosci la tentazione che propone vie alternative alla verità, alla lealtà, alla giustizia, alla comunione. Vie di potenti signori di turno, di strategie economiche che danno l’illusione di far diventare le pietre pane mettendo in ginocchio la nostra umanità. Tu non ci lasci soli quando accogliamo l’altro, quando il dolore dell’altro non ci è indifferente, quando il problema dell’altro è anche il nostro. È la tua presenza ad abbracciare le notti insonni di coloro che soffrono per mali che purtroppo sono sempre più legati alle responsabilità di molti, al peccato sociale che opprime e genera difesa di sé, indifferenza, logiche di chiusura, fuga nel privato; che avvelena anche la terra sulla quale camminiamo, fonte di malattie più che di sostentamento; che amplifica la paura della povertà. La tua stella continua a far alzare il capo, continua a entrare con la sua luce nelle ombre del nostro cuore che rischiano di far arrestare il passo. Continueremo a cercare noi stessi e non te, Gesù, se la nostra solidarietà non si fa critica al nostro stile di vita, alle nostre scelte economiche personali, alla qualità delle nostre relazioni, dei nostri discorsi; se la nostra carità non varca le soglie della fede fidandosi di Dio che ama e salva; se non si fa ricerca corresponsabile di giustizia, capacità di farsi carico delle profonde disuguaglianze che dividono il mondo reale dei poveri dall’irrealtà di chi non si accorge; se non è esigenza di coscienza e se non diventa condivisione della vita, ricerca comune del bene perché è bene, senza altri scopi.
La tua stella ci ricolloca sulla via della tua incarnazione, ricordandoci che è possibile vivere come hai vissuto tu, promuovendo la vita nell’altro e in noi, creando fraternità, attendendo il futuro come segno tangibile della pace nel presente. Ecco la tua stella: i molti poveri usati e sfruttati per arricchire pochi. Se non li vediamo, ci sarà sempre più difficile vedere la tua stella. Se non vi scorgiamo la promessa di liberazione, sarà difficile accogliere la tua Parola. L’orizzontalità e la verticalità della salvezza si incontrano nel cielo del povero, nella carne del debole.
Tu, Gesù, sei il sì di Dio all’uomo e dell’uomo a Dio. Sei tu che oggi rendi possibile il sì di chi si riscopre in un sogno più grande, in un respiro capace di allargarsi a tutta l’umanità. Possiamo capire con te e da te come essere dalla tua parte in questo nostro mondo, possiamo e dobbiamo chiederci come fare in modo che non ci siano più poveri sulla terra per quanto dipende da noi.
Sei tu, bambino di Betlemme, che germogli nel buio della notte che sembra non finire. Ci è stato dato un figlio! Ce ne è chiesta la cura, ci è chiesto il cammino. La vita di un bambino salva l’umanità intera e la restituisce a chi l’ha perduta. “O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte” dice Isaia 55,1. La vita con te Signore non è sopravvivenza ma rinascita. È ricerca di come vivere e condividere quanto ci doni! È viaggio!
Vorrei che non fossero i dubbi, le inadeguatezze, le paure, a frenarci. Tu continui a chiederci di uscire da noi stessi, di andare incontro all’altro, vicino e lontano, per sperimentare la gioia irrevocabile del Natale. Sei tu che continui ad accoglierci nella nostra umanità fragile! È Natale quando la lotta interiore si fa apertura, quando il fallimento lascia spazio alla rinascita, quando accogliamo l’altro che ci spinge ad andare oltre i nostri calcoli e incapacità, quando la pace si fa domanda, preghiera, quando l’annuncio si fa vita. Recita ancora Isaia 55,10-11: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca”. Le parole restano vuote se non sono radicate nel sì alla terra, all’altro, al futuro, al bene che ci è possibile amare, cercare e fare insieme.
È questa la conversione, bambino di Betlemme, che chiedi alla tua Chiesa perché possa essere come stella nella notte, capace di indicare l’oriente, te!
Sei tu che sostieni in noi passi ancora incerti, uno sguardo che cerca di abbracciare timidamente tutto e tutti. Ripensare la pastorale, la progettazione, la vicinanza ai più deboli, è la finalità che concretamente ci unisce nel desiderio che le nostre comunità possano sperimentare la gioia di accoglierti, di seguirti, di servirti, di annunciarti, di testimoniarti, nella via dell’incarnazione, cioè nel discernimento del bene, nella carne delle relazioni, nella novità dell’incontro. Sei tu che susciti in tanti la gratuità della presenza, del servizio e della condivisione, la creatività di percorsi concreti tesi alla promozione dello sviluppo umano integrale di ciascuno e di tutti, al riconoscimento e al rispetto dell’altro, alla preferenza dei poveri.
Questa è la conversione che la tua Chiesa sta sperimentando possibile: diventare Chiesa in ascolto, che ha bisogno della disponibilità di ciascuno, delle domande dei giovani, della competenza dei suoi pastori e ministri, della testimonianza dei piccoli, del coraggio dei più fragili, della ricerca della verità e del bene dei non credenti; diventare Chiesa povera, che sperimenta i suoi limiti e per questo è capace di parlare da vicino agli uomini e alle donne del suo tempo; diventare Chiesa umile e aperta a tutti, che non indurisce il suo cuore di fronte al cambiamento e al rischio.
È nella tua attesa, mia Chiesa, che viene a visitarci nuovamente il sole di giustizia, il principe della pace. Lo assapora già chi sta credendo in questo cammino di rinnovamento, accidentato e incerto, diventando luce ai passi di altri. Lo spera chi ancora è perplesso. Lo sognano i piccoli.
Signore Gesù, il mondo degli uomini è in attesa di te. Ho bisogno, abbiamo bisogno, di comprometterci con te! Abbiamo bisogno di ritrovarci trasformati, rinnovati, dal tuo amore. La pace non chiede garanzie ma fiducia!
Profeti di speranza sull’adempimento della tua Parola!
Buon Natale!