La speranza dei poveri non sarà mai delusa

III Giornata Mondiale dei Poveri, 17 novembre 2019
12-11-2019

Cari Parroci, care comunità parrocchiali,

«La speranza dei poveri non sarà mai delusa» (cf Sal 9). Il titolo di questa III Giornata mondiale dei Poveri è di forte provocazione per tutta la Chiesa sparsa sulla terra, anche e in particolare per la nostra Chiesa. Credo che ci sia chiesto di convertire le nostre attese, di uscire dalla nostra indifferenza, di svegliarci dalla nostra sonnolenza.

La speranza dei poveri annuncia la salvezza di Dio presente e operante e la sua giustizia. Una giustizia fondata nella gratuità, nella comunione, una giustizia un po’ diversa dalla nostra! È questa giustizia di Dio che ci interpella nella vita dei poveri, capovolgendo ogni logica di privilegio di noi stessi, di autogiustificazione, di difesa dall’altro. I poveri ci restituiscono ciò che abbiamo perduto: la responsabilità di sperare, la gioia della condivisione, la fiducia di confidare nel bene!

«La parola “solidarietà” si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità (…) La solidarietà si deve vivere come la decisione di restituire al povero quello che gli corrisponde. Queste convinzioni e pratiche di solidarietà, quando si fanno carne, aprono la strada ad altre trasformazioni strutturali e le rendono possibili» (Evangelii gaudium, 188-189).

Se la fede dei credenti non si apre a dare ragione della speranza dei poveri è una fede incapace di annuncio, di reciprocità, di prossimità, di incarnazione. Se il tessuto relazionale delle nostre comunità non sente l’esigenza o non è capace di intercettare situazioni di disagio sociale, di emarginazione, di sofferenza morale e spirituale, se non ascolta il grido sommerso di chi non ce la fa, è perché la povertà non è vissuta come chiamata: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio! (cf Lc 6,20-26).

Abbiamo bisogno di alzare lo sguardo verso il povero, di chinarci sul regno di Dio presente, per dilatare l’orizzonte del nostro comprendere noi stessi e la realtà in cui viviamo e poi decidere. La vita di tanti poveri, persone, Paesi, che soffrono, interpellano il nostro stile di vita, i nostri criteri, la nostra coscienza di credenti. Convertire lo sguardo vuol dire riconoscere l’efficacia della vita del giusto, dei crocifissi della storia, quale fermento, lievito di cambiamento, annuncio della vita compiuta nel far vivere, nel creare fraternità. Se accogliamo la speranza dei poveri e impegniamo la nostra vita a capirla, a studiarla, a metterla in pratica, si rivelerà a noi e al mondo intero la giustizia di Dio.

Il Dio di Gesù Cristo è il Dio dell’Alleanza, solidale con gli uomini, che continua a ricordarsi della sua misericordia. Le parole e l’esistenza di Gesù tracciano da dentro alla storia dell’uomo passi di speranza, di futuro, di pace. Il libro degli Atti degli Apostoli ci consegna il volto della Chiesa nascente, la reciprocità vissuta nella familiarità con il Signore Gesù, nel ricordo di lui, nella ricerca di come continuare a vivere con lui sulla terra. La moltitudine dei credenti aveva un cuore solo e un’anima sola (…) Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù (…) Nessuno infatti tra loro era bisognoso (cf At 4,32-35). La vita del Risorto sana la memoria, converte alla comunione, conferma la fede, rimette in piedi la speranza dei discepoli che hanno conosciuto il fallimento, il tradimento, la contraddizione, l’incredulità, andando dietro alla logica del più grande. Nessuno tra loro è bisognoso, ciascuno ha quanto gli occorre per vivere. Questa essenzialità li rende gioiosi, solidali, vicini ai poveri, aperti al dialogo con tutti, capaci di condividere quotidianamente la vita, la preghiera, la mensa. La cura della comunione conoscerà ancora lo scacco di logiche non proprio fraterne ma la novità operata dallo Spirito nel sentire, decidere, agire dei discepoli, si esprimerà nella consapevolezza di sapersi amati e affidati all’operare di Dio nel loro stesso operare. È questo il volto non di una Chiesa perfetta ma di una Chiesa povera, vicina a tutti i poveri della storia. Essa annuncia la comunione fraterna come speranza che non delude!

La presenza dei poveri in mezzo a noi non è frutto del caso ma conseguenza di uno strutturarsi peccaminoso delle relazioni. Siamo tutti chiamati a rivedere il nostro stile di vita, a promuovere relazioni gratuite, ad aprire spazi e vie di corresponsabilità nella ricerca del bene di tutti e di ciascuno, per restituire ai più fragili il diritto di narrare e annunciare la speranza. Siamo chiamati a promuovere politiche inclusive, più vicine ai bisogni concreti delle persone; a denunciare l’indifferenza di un’economia che scarta la ragione stessa del suo essere e si avvale del solo eccessivo profitto; a cercare insieme vie concrete di sostegno a chi lotta nel sociale e per la cura di chi è ai margini. Ci è chiesto di avviare processi di dialogo con le istituzioni, di fare rete. È con questa attenzione che il prossimo 23 novembre sarà presente nella nostra diocesi la “Carovana Antiusura”. Incontrerà i sindaci e i giovani delle scuole superiori per favorire il confronto critico su un sistema economico che induce bisogni smisurati senza farsi carico delle conseguenze, che genera connivenze di ogni sorta, che garantisce e sfrutta l’illegalità.

Stiamo vivendo una crisi profondamente culturale, per cui non si tratta solo di interventi “tecnici” ma di cambiamento di mentalità, di sviluppo integrale, di comprensione di problematiche che continuano ad accentuare il divario Nord-Sud. Si tratta di coinvolgere i più fragili in questo processo di ascolto, di comprensione delle cause strutturali della crisi, di ricerca di strategie. Dare voce agli ultimi è la via più intelligente e onesta che possiamo tracciare insieme in questa nostra storia.

Le povertà sono connesse tra loro e stratificate, necessitano di una cura pastorale capace di sguardo unitario. Stiamo muovendo i primi ma importanti passi per dare vita non solo a progetti ma a percorsi continuativi di formazione e di sviluppo. Per questo desidero che si avvii nella nostra diocesi un tavolo operativo di riflessione con i sindaci, per farci carico in particolare del grave disagio della disoccupazione giovanile e della conseguente emigrazione di intere famiglie, del lavoro precario, dello sfruttamento delle fasce più deboli, che feriscono profondamente la nostra terra e la nostra dignità. Solo questa condivisione delle sofferenze e delle speranze ci permetterà di annunciare oggi un regno di giustizia e di pace.

Auguro a tutti di tornare a sperare nei nostri giovani, nel diritto al lavoro, nel calore delle nostre famiglie. La speranza del povero non resterà delusa: una Chiesa che cammina sul passo degli ultimi impara l’umiltà uscendo per strada, vive la sequela lasciando che sia il Signore ad operare, che sia il suo amore a compiere prodigi. Egli scende oggi a consolare, a guarire, a rimettere in piedi.

Il povero diventi fratello! La sua attesa è segno che Dio continua a cercare l’uomo, ad andargli incontro, a rivelargli la sua misericordia, la sua giustizia. Una Chiesa povera sa e annuncia che sono i poveri che ci evangelizzano!

Vi abbraccio e vi benedico!

† don Mimmo, vescovo