Gli auguri del vescovo Giuseppe agli Uffici diocesani per il Natale 2023

Centro Pastorale "Gesù Maestro" - Amorosi (BN)
15-12-2023

 

Cari fratelli e sorelle, buonasera!

Sono molto contento di questa occasione di incontrarci a pochi giorni dal Natale. È un momento per dirci la nostra amicizia e la nostra fraternità, quella che quest’anno ci siamo dati come impegno in diocesi, per rinnovare il nostro stare insieme e non relegandolo nell’ambito delle cose da fare, ma facendo delle cose da fare una opportunità di amicizia e fraternità, di lavorare insieme. Siamo ognuno di noi al servizio della chiesa, questa nostra chiesa particolare con le sue parrocchie, i suoi sacerdoti, le sue varie e molteplici necessità. Viviamo tutti il privilegio di poter servire la nostra madre chiesa, è un privilegio anche se a volte ci pesa e ne sentiamo il peso e viviamo con affanno tra tante agitazioni, portandoci dentro la sensazione di non essere capiti, ascoltati, apprezzati. Servire è sempre un privilegio e se vogliamo è anche la nostra ricompensa. La nostra ricompensa è l’amore di Dio che spinge al servizio ed alla corresponsabilità.

Vorrei riservare questo nostro incontro di auguri al tema della pace. Abbiamo ascoltato dalla Lettera agli Efesini: Gesù è infatti è la nostra pace, … colui che abbatte il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia,   creando in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo…,  distruggendo in se stesso l’inimicizia. (Ef 2) Può capitare tra i vari uffici di lavorare senza gli altri, tante volte motivati dalle urgenze, altre volte da difficoltà personali ma la chiesa sinodale chiede a tutti noi di abbattere possibili muri e costruire ponti di amicizia e fraternità, Natale è l’irrompere nella storia egli uomini, nella nostra storia, di Colui che crea in se stesso un uomo nuovo e distrugge in se stesso l’inimicizia. Amicizia e fraternità sono l’antidoto a ogni male, a ogni divisione. Siamo Curia, ma prima di essere Curia siamo fratelli e sorelle, tentati come tutti dal male della separazione e dell’isolamento, ma anche sostenuti dalla grazia del battesimo. Siamo Curia, ma prima siamo figli di Dio, fratelli di Colui che è venuto ad annunciare pace ai lontani ed ai vicini.

Mai come in questo momento sentiamo un grande desiderio di pace. Pensiamo alla martoriata Ucraina, ma anche alla Terra Santa, ai tanti conflitti che sono in atto in diverse parti del mondo. La guerra e la violenza sono sempre un fallimento. Mai la religione può giustificare la violenza. Il Vangelo è sempre Vangelo di pace, e in nome di nessun Dio si può dichiarare “santa” una guerra.

Cari fratelli e care sorelle, la cultura della pace comincia nel cuore di ciascuno di noi. Il cambiamento, la pace iniziano da noi e tutti possiamo dare il nostro contributo nel cantiere della pace che sempre cerca operai. E’ possibile un Avvento di pace oggi? Cinquant’anni fa, nel febbraio 1974, a Roma il card. Poletti, a chi gli chiedeva: “ha la Chiesa qualcosa da dire alla società d’oggi?”. Rispondeva: “Ha da dire che il mondo di oggi è inaccettabile e che la Chiesa ha la vocazione di trasformarlo”. Molti oggi credono che la Chiesa non abbia da dire qualcosa, ma “il mondo di oggi è inaccettabile e… la Chiesa ha la vocazione di trasformarlo”. La chiesa continua ad essere seme di futuro, di vita vera, continua ad essere un’arca di protezione per tutti dai diluvi dell’ingiustizia particolarmente per i più poveri, famiglia dove nessuno è straniero.

L’Avvento è avvenuto già, ma aspettiamo ancora l’Avvento: allora Gesù si rivelerà Signore della storia, scompariranno guerra e morte e lacrime. Siamo tutti assetati dell’Avvento di Dio: che ci aiuti anche a riconciliarci con il nostro ambiente, con la nostra casa comune, lottando contro ogni forma di sfruttamento, di spreco e di violenza verso il creato. Papa Francesco dopo l’Esortazione Apostolica Laudate Deum ha scritto l’Enciclica dei bambini con lo stesso tema.

San Paolo sempre nella Lettera agli Efesini dice: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» (4,31-32). C’è veramente da lottare contro un modo abitudinario di guardarsi che molto spesso crea distanze tra di noi e alimenta estraneità. Siamo fratelli e sorelle. San Paolo ci dice chiaramente che la benevolenza, la misericordia e il perdono sono la medicina che abbiamo per essere un cuor solo e un’anima sola. Tutti lo sappiamo: il mistero del Natale è il mistero di Dio che viene nel mondo attraverso la via dell’umiltà. Nell’umiltà c’è tutta la forza della grazia di Dio che cerca spazio nei cuori. Come Maria.

La benevolenza è scegliere sempre il bene tra di noi. Non esiste solo la violenza delle armi, esiste la violenza verbale, la violenza psicologica, la violenza del ruolo, la violenza nascosta come dice il papa del chiacchiericcio, che fanno tanto male.

La misericordia non è chiudere gli occhi davanti al male, ma saper cercare sempre quello che c’è di buono e accettare che l’altro possa avere anche i suoi limiti. Come ognuno.

Il perdono è credere giusto, come il Signore fa con noi, dare sempre un’altra possibilità. Dio fa così con noi, non si stanca mai di perdonare, aiutandoci a riprendere il cammino.

Siamo rappresentanti di uffici diversi ma INSIEME vorrei che fosse la parola d’ordine da vivere, quasi un comandamento, insieme nella Amicizia e Fraternità per lottare contro la cultura dell’individualismo del mondo che è quella del dominio e dell’affermazione dell’IO per riaffermare il valore del NOI inteso come chiesa e come famiglia. Dicevamo all’Assemblea di inizio anno: Amicizia e Fraternità tra i sacerdoti, tra gli uffici della Curia. con i laici, amicizia e fraternità nelle nostre comunità parrocchiali, amicizia e fraternità tra le generazioni. Amicizia e fraternità con i migranti. Amicizia e fraternità, con tutti, con le Istituzioni, le associazioni, con le scuole, anche con chi non è vicino, e che può non pensarla come noi. Tutti non è molti. È di più. Tutti è di Dio. L’amicizia è una via maestra per comunicare il Vangelo. I cristiani sono gente amica.

L’elemento unitivo resta la Parola di Dio che si fa preghiera: che è un antidoto contro la mondanità spirituale che fa dare valore più al ruolo che al compito da svolgere e ti fa cercare più la considerazione degli altri che quella del Signore.

Cari amici, fratelli e sorelle, auguro a me ed a tutti noi di essere sorpresi dal Natale, dal mistero che la storia di Dio con gli uomini inizia proprio lì dove nessuno guardava: una mangiatoia a Betlemme; che la gloria e la potenza di Dio si manifesta in un bambino.

Il vescovo Tonino Bello scriveva: “Buon Natale, amico mio: non avere paura. La speranza è stata seminata in te. Un giorno fiorirà. Anzi, uno stelo è già fiorito. E se ti guardi attorno, puoi vedere che anche nel cuore del tuo fratello, è spuntato un ramoscello turgido di attese. E in tutto il mondo, sopra la coltre di ghiaccio, si sono rizzati arboscelli carichi di gemme. Non avere paura, amico mio. Il Natale ti porta un lieto annunzio: Dio è sceso su questo mondo disperato. E sai che nome ha preso? Emmanuele, che vuol dire: Dio con noi. Coraggio, verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si placheranno, e una primavera senza tramonto regnerà nel tuo giardino, dove Dio, nel pomeriggio, verrà a passeggiare con te. Gesù che nasce, è il segno di una speranza che, nonostante tutto, si è già impiantata sul cuore della terra… e nel tuo cuore”.

Don Tonino chiede a tutti noi di guardare al Natale con il cuore colmo di attesa e di speranza, perché un giorno nuovo si prepara per noi.

E allora cari amici ed amiche, il Natale che arriva ci aiuterà a credere di più nella nostra storia? A essere cercatori del bene che il Signore continua a seminare ma che i nostri occhi rassegnati o sazi non sanno più vedere? A farci diventare instancabili nel costruire con perseveranza il bene, senza avere paura delle ingiustizie e del male?

Che questo Natale ci trovi attenti, desiderosi di accoglierlo e di rinascere. Che questo Natale sia non mio o tuo, ma nostro. Anzi mio, tuo proprio perché nostro.

Anche se siamo limitati, nonostante il nostro essere fragili, Dio ci ha resi partecipi della sua missione. Essere Curia non è un fatto istituzionale, ma è partecipare al sogno di Dio aiutando parrocchie e comunità a incontrarlo ed a crescere nell’amore. Quante cose belle possiamo fare.

Carissimi, il Natale che auguro a me stesso e a tutti noi è quello di potersi guardare con occhi nuovi e limpidi che generano speranza; di uscire dalla penombra dell’io per venire alla luce, in Cristo Gesù.

All’augurio per il Natale voglio aggiungere anche  quello per il nuovo anno. Un anno nuovo alimenta sempre sogni, attese e speranze. Tutto è possibile a partire da Betlemme, dallo Spirito di Dio che fa dire all’angelo: Nulla è impossibile a Dio. Ciascuno di noi, con i propri uffici ha un compito da svolgere per il nuovo anno, il compito di benedire, cioè di trovare e dire parole buone, dire il bene della vita, il bene dell’uomo, il bene di Dio, la bellezza del Vangelo.

Desideriamo per gli altri il bene che desideriamo si realizzi per noi.

Auguri: i migliori, quelli più belli, auguri di ogni bene, auguri di una buona vita. Buon Natale!

† Giuseppe, vescovo