Festa di San Pasquale Baylon

Airola (BN)
22-05-2022

Care sorelle e fratelli, sono molto contento di condividere con voi questo tempo di festa, di gratitudine, di fede che la vostra comunità sta vivendo ricordando questo grande santo che è stato San Pasquale Baylon. Saluto tutti, in particolare i nostri padri, Padre Izaias, Fra Camillo e tutta la comunità religiosa. La pagina del Vangelo di oggi, ci riporta all’ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli. Stanno per venire ore difficili, i discepoli sono spaventati e incerti, sono un piccolo numero. E quando Gesù dice loro «Vado e tornerò da voi», si sentono smarriti, si rattristano.

Gesù, sa quanto è facile che i suoi discepoli, una volta da soli, si dimentichino di lui e siano come riassorbiti dalla vita di prima e le sue parole sono piene di affetto e tenerezza per i suoi amici.

Ma i discepoli non restano soli. Non siamo orfani, non siamo stati lasciati soli da Gesù, e quel Dio che dovevamo scoprire fuori di noi, ora dobbiamo scoprirlo in noi come presenza che ha messo in noi la sua dimora. Con Gesù Dio cioè abita non più in una tenda accanto al popolo, come nel deserto durante l’esodo di Israele, o nel tempio al centro della città ma il luogo della presenza di Dio è la vita stessa di chi ascolta e mette in pratica il Vangelo: «Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Anche il libro dell’Apocalisse ci ha ricordato che nella città di Dio: In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

Nell’ascoltare e nel vivere la sua Parola, ci è chiesto di lasciarci abitare da Lui. Ma allora quanto sono preziose le occasioni in cui possiamo accostarci alla Parola di Dio! Prima fra tutte la Liturgia, la preghiera della sera, la lettura della Parola di Dio. Il primo posto nel Vangelo non spetta alle regole, ai precetti, ma alla Parola di Dio, alla fede, che è una storia d’amore con Dio. Dio è presente nella vita di chi vive l’amore per gli altri, altrimenti non trova posto, altrimenti non c’è spazio per lui. Dio illumina la vita dei suoi amici con i doni dello Spirito. San Pasquale che oggi ricordiamo ne è testimone. Uomo non di cose prodigiose ma di un servizio umile e sincero. Non era né prete, né teologo ma un umile questuante e addetto alla portineria nel convento dei francescani Alcantarini di Santa Maria di Loreto. Muore a cinquantadue anni e sarà canonizzato da Alessandro VIII nel 1690. Cari amici, Gesù due cose ha promesso: lo Spirito santo e la pace.

Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Paraclito è il termine con cui nel Vangelo secondo Giovanni si indica lo Spirito Santo. Si tratta di un termine che significava letteralmente, “avvocato”, inteso come “difensore” o “soccorritore”, per estensione “consolatore”, “colui che sta al lato dell’accusato” per difenderlo.

Lo Spirito santo è come un maestro interiore che ci ricorda che il vangelo è possibile sempre viverlo e che ci dona parole, gesti, sentimenti in ogni situazione della vita. San Pasquale è stato discepolo del maestro interiore che è il Signore stesso. Pasquale non ha potuto studiare, dovendo fare il pastore. Sognava di farsi frate francescano, ma ha dovuto aspettare prima di essere accolto in un convento presso Valencia. Non chiederà mai altro. Sono gli altri, però, a chiedere di lui. E quando parla del mistero eucaristico si fa capire ottimamente: ma come fa senza studi di teologia? In questi casi si parla di un’ispirazione particolare. È il maestro interiore di cui parlavamo. Leone XIII lo proclamerà nel 1897 patrono delle associazioni eucaristiche e dei congressi eucaristici.

Noi spesso ci lamentiamo della nostra vita e del male in cui sembra sprofondare sempre più il mondo: tutto è confuso e senza prospettive di bene. Ma l’Apocalisse di Giovanni ci offre una visone diversa: “L’angelo mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio.

Scendeva dal cielo, per vederla bisogna alzare gli occhi verso il cielo. Da lì viene la nostra speranza.

Cari fratelli e sorelle, ci prepariamo a celebrare la grande festa di Pentecoste che ricorda il dono dello Spirito ai discepoli e che ci richiama la necessità di aprirci anche noi al dono dello Spirito che è l’amore di Dio. Lo Spirito è Dio, perché, come dice Giovanni, “Dio è amore”. Facciamo spazio dentro di noi allo Spirito di amore. L’amore è concreto, fatto di gesti, preoccupazioni, decisioni, lavoro, impegno.

Accogliamo allora l’invito che oggi la Scrittura ci fa e diveniamo anche noi il luogo in cui Dio abita volentieri. Lasciamoci istruire dal maestro interiore per rendere robusta la speranza di una vita e di un futuro migliore.

Uniti a Lui, conosciamo la pace. «Non come la dà il mondo, io la do a voi» – dice Gesù. La pace che viene da Dio non è la pace che viene dopo scontri e guerre. Il Vangelo ci insegna ad amare e chi ama vive in pace con gli altri, e cerca la pace anche per gli altri. Quanta confusione di sentimenti si vive oggi di fronte al dramma della guerra. Quanta divisione davanti al Vangelo della pace. Alcuni dicono: come la fermate la guerra, con la preghiera, con le vostre buone opere, con le vostre buone intenzioni? E altri rispondono: e voi con le vostre armi la state fermando la guerra? Non siete soci di una guerra più grande, di una sofferenza più grande? Noi non crediamo che guerra più guerra è uguale a pace. Per questo il Papa ha ragione quando dice: Basta. La guerra, questa guerra è solo una follia.

Cari amici, c’è una identità profonda tra l’amore per Gesù, l’osservanza della sua parola e la presenza di Dio. Per incontrare Dio basta il vangelo. L’apostolo Giovanni nella sua prima lettera afferma: «chi osserva la parola di Gesù, in lui l’amore di Dio è perfetto» (1Gv 2,5). Così nella chiesa c’è la pace, lo shalom, la vita piena lasciata da Gesù, non la pace mondana, ma una pace sorretta dalla speranza, perché Gesù ha detto ancora: “Me ne vado, ma ritornerò a voi!”. Ma noi amiamo Gesù? Secondo le sue affermazioni ascoltate e interpretate, infatti, se non lo amiamo, non siamo capaci di restare fedeli alla sua parola. Se invece viviamo tale amore e tale obbedienza al Signore, la sua vita diventa la nostra vita.

Leggiamo il Vangelo, amiamo il Vangelo, viviamo il Vangelo. E una forza nuova di amore verrà in noi, la forza dello Spirito santo, che ci fa missionari di amore e di pace in mezzo agli altri. San Pasquale ci aiuterà e così sia.

† Giuseppe, vescovo