Inaugurazione dell’Anno Giubilare Filippino in occasione dei 400° anni dalla Canonizzazione di San Filippo Neri

Guardia Sanframondi (BN)
21-05-2022

Il 12 marzo 2022 a Roma si è celebrato il quattrocentesimo anniversario della Canonizzazione di San Filippo Neri, colui che vivendo per sessant’anni a Roma meritò l’appellativo di “Apostolo di Roma”. Nel 1622 infatti, Gregorio XV canonizzò cinque nuovi santi: Isidoro, un agricoltore di Madrid dedito alla carità e alla preghiera, la carmelitana Teresa d’Avila, il fondatore dell’oratorio Filippo Neri, il fondatore della Compagnia di Gesù Ignazio di Loyola e il gesuita Francesco Saverio. Questo anniversario ci dà la di approfondire la vita e le virtù del nostro Santo Patrono e ci fa il grande dono della grazia di Dio, attraverso l’Indulgenza che possiamo lucrare.

Filippo Neri fu definito il giullare di Dio, il Santo della gioia. Incontrò poveri e bambini abbandonati, che accolse e guidò per gran parte della loro vita. “State buoni, se potete!” e “Fratelli, state allegri, ridete pure, scherzate finché volete, ma non fate peccato!” sono due espressioni che ne connotano il carattere.

“L’allegrezza e la gioia”, furono due aspetti della sua vita: entrambe frutto dell’incontro con Cristo, con la sua Parola, con il suo messaggio di salvezza. “Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate allegri”.

E poi ancora, come un padre ai suoi ragazzi di strada ripeteva: “Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi”, sottolineando che non è sufficiente onorare i superiori, ma si devono onorare gli eguali e gli inferiori, e cercare di essere il primo ad onorare”. Grazie anche all’apostolato di san Filippo, l’impegno per la salvezza delle anime tornava ad essere una priorità nell’azione della Chiesa; si comprese nuovamente che i Pastori dovevano stare con il popolo per guidarlo e sostenerne la fede. Amava dire: “È meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in camera a fare orazione”. E aggiungeva: “Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni”.

Si fece apostolo tra coloro che erano lontani da Dio. Una folla di disperati trovò in lui il motivo per ricominciare a sperare, per ritrovare la forza di iniziare un nuovo cammino”. I giovani lo seguivano “perché parlava in modo comprensibile, sincero”. Indicava loro che Gesù li ama, che vuole la loro salvezza, che li attende per renderli felici. Proprio da questa gioia e dall’esperienza di comunione con il Signore Gesù nasceva l’Oratorio, realtà ecclesiale caratterizzata da intensa e gioiosa vita spirituale: preghiera, ascolto e conversazione sulla Parola di Dio, preparazione a ricevere degnamente i Sacramenti, formazione alla vita cristiana attraverso la storia dei Santi e della Chiesa, opere di carità a favore dei più poveri. La sua era una gioia radicata nell’amore e nel legame profondo con il Signore.

La pagina del Vangelo di oggi, ci riporta all’ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli. Stanno per venire ore difficili, i discepoli sono spaventati e incerti, sono un piccolo numero.

Gesù, sa quanto è facile che i suoi discepoli, una volta da soli, si dimentichino di lui e siano come riassorbiti dalla vita di prima e le sue parole sono piene di affetto e tenerezza per quegli uomini.

Ma i discepoli non restano soli. Non siamo orfani, non siamo stati lasciati soli da Gesù, e quel Dio che dovevamo scoprire fuori di noi, ora dobbiamo scoprirlo in noi come colui che ha messo in noi la sua dimora.

Con Gesù Dio cioè abita non più in una tenda accanto al popolo, come nel deserto durante l’esodo di Israele, o nel tempio al centro della città ma il luogo della presenza di Dio è la vita stessa di chi ascolta e mette in pratica il Vangelo: «Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Anche il libro dell’Apocalisse ci ha ricordato che nella città di Dio: In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello.

Ma allora quanto sono preziose le occasioni in cui possiamo accostarci alla Parola di Dio! Prima fra tutte la Liturgia, la preghiera, la lettura della Parola di Dio. Il primo posto nel Vangelo non spetta alle regole, ai precetti, ma alla Parola di Dio, alla fede, che è una storia d’amore con Dio. Dio è presente nella vita di chi vive l’amore per gli altri, altrimenti non trova posto, altrimenti non c’è spazio per lui. Servire significa amare e amare comincia con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie. Santità è dedicare la vita al Signore lasciandosi amare ed amando! Gesù due cose ha promesso: lo Spirito Santo e la pace. “Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.”

Lo Spirito santo è come un maestro interiore che ci ricorda che il vangelo è possibile sempre viverlo e che ci dona parole, gesti, sentimenti in ogni situazione della vita.

Noi spesso ci lamentiamo della nostra vita e del male in cui sembra sprofondare sempre più il mondo: tutto è confuso e senza prospettive di bene. Accogliamo allora l’invito che oggi la Scrittura ci fa e diveniamo anche noi il luogo in cui Dio abita volentieri.

Uniti a Lui, conosciamo la pace. «Non come la dà il mondo, io la do a voi» – dice Gesù. La pace che viene da Dio non è la pace che viene dopo scontri e guerre. La pace che ci dona Gesù è fondata sull’amore. Il Vangelo ci insegna ad amare e chi ama vive in pace con gli altri, e cerca la pace anche per gli altri.

Cari fratelli e sorelle, ci prepariamo a celebrare la grande festa di Pentecoste che ricorda il dono dello Spirito ai discepoli e che ci richiama la necessità di aprirci anche noi al dono dello Spirito che è l’amore di Dio. Lo Spirito è Dio, perché, come dice Giovanni, “Dio è amore”. Facciamo spazio dentro di noi allo Spirito di amore. L’amore è concreto, fatto di gesti, preoccupazioni, decisioni, lavoro, impegno.

Accogliamo allora l’invito che oggi la Scrittura ci fa e diveniamo anche noi il luogo in cui Dio abita volentieri.

L’apostolo Giovanni nella sua prima lettera afferma: «chi osserva la parola di Gesù, in lui l’amore di Dio è perfetto» (1Gv 2,5). Maria ci ricorda sempre: “Fate quello che vi dirà”.

Leggiamo il Vangelo, amiamo il Vangelo, viviamo il Vangelo. E una forza nuova di amore verrà in noi, la forza dello Spirito santo, che ci fa missionari di amore e di pace in mezzo agli altri.

Cari amici, chi teme il Signore è sempre grande e può aspirare a grandi cose, a cose più grandi in questo mondo che si sente condannato alla mediocrità. San Filippo fu sempre pieno del timore di Dio e fu sempre grande nell’amore.

Durante la Santa Messa del 12 marzo è stato solennemente offerto un “giglio in argento” a San Filippo. Sul nastro del giglio sono incisi i nomi di tutte le Congregazioni dell’Oratorio tuttora esistenti. Insomma tutti “figli di San Filippo Neri”, legati a Lui riconoscendolo “Padre nello Spirito”. Questa sera il Sindaco a nome dell’Amministrazione comunale farà dono a San Filippo di una lampada votiva che sarà costantemente alimentata dal popolo guardiese che in questo modo onorerà il Santo Patrono.

Insomma cari amici, inizia un anno straordinario non solo perché accompagnati da questo santo della gioia, di cui dobbiamo comprendere il segreto, ma sarà un anno ricco della grazia di Dio che attraverso l’indulgenza plenaria darà a tutti l’opportunità di una vita nuova nello Spirito, nell’amore e nella pace. San Filippo veramente fa un grande dono a tutti i suoi figli e in modo speciale ai guardiesi che dal 1626 (solo quattro anni dopo la sua canonizzazione), si onorano della sua paterna protezione.

Viviamo questo anno con un cuore aperto alla grazia ed all’amore per tutti, in particolare per i più deboli ed i più poveri perché la solitudine degli anziani sia vinta, la vita dei piccoli trovi forza e cresca la speranza nella vita di ognuno.

San Filippo si rivolgeva affettuosamente alla Madonna con l’invocazione «Vergine Madre, Madre Vergine», convinto che questi due titoli dicono l’essenziale di Maria. Ci accompagni Lei in quest’anno nel cammino di una adesione a Cristo sempre più forte e nell’impegno di uno zelo sempre più vero nel testimoniare e predicare il Vangelo.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo