Ordinazione Diaconale di Biagio Muto

Chiesa Concattedrale, Sant’Agata de’ Goti (BN)
22-05-2022

Care sorelle e cari fratelli, saluto con affetto il caro Vicario, tutti i sacerdoti presenti, i diaconi, religiosi e religiose e tutto il popolo santo di Dio. Saluto il Sindaco. Saluto Agostino ed i ragazzi di Casa Samuele. Saluto con affetto i familiari di Biagio. Un saluto ai diaconi presenti, amici e compagni di seminario di Biagio.

Ci siamo raccolti nella casa del Signore per celebrare questa santa liturgia nella quale nostro fratello Biagio, già lettore ed accolito, sarà ordinato diacono, tappa del suo cammino verso il sacerdozio. Lo Spirito scenderà sopra di lui come fece con i primi sette diaconi della Chiesa antica, lo consacrerà, lo trasformerà, sarà parte del clero. Caro Biagio la tua ordinazione è una elezione da parte del Signore, la tua vocazione è definitiva, confermata per sempre. Eletto non per essere padrone, ma per essere servo. La vocazione è seguire Gesù sulle vie dell’amore, della misericordia e della pace come operaio nella sua vigna. Una vita nuova, una missione nuova ti attende. Come consacrato, sii segno visibile del Cristo che serve e della Chiesa che serve. Il Diaconato chiede di essere testimoni della carità di Cristo chiamato a chinarti come il buon Samaritano sulle povertà di ogni uomo e nel servizio liturgico, esprimendo la bellezza del culto a Dio.

E la parola di Dio ascoltata oggi ci aiuta a entrare nel mistero dell’amore di Dio che ti chiama a collaborare come diacono per la costruzione del Regno di Dio, a immagine della città Santa, Gerusalemme di cui ci ha parlato la seconda lettura. La pagina del Vangelo di oggi, ci riporta all’ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli. Stanno per venire ore difficili, i discepoli sono spaventati e incerti, sono un piccolo numero.

Gesù, sa quanto è facile che i suoi discepoli, una volta da soli, si dimentichino di lui e siano come riassorbiti dalla vita di prima e le sue parole sono piene di affetto e tenerezza per quegli uomini.

Ma i discepoli non restano soli. Non siamo orfani, non siamo lasciati soli da Gesù, e quel Dio che dovevamo scoprire fuori di noi, ora dobbiamo scoprirlo in noi come colui che ha messo in noi la sua dimora.

Con Gesù, Dio non abita più in una tenda accanto al popolo, come nel deserto durante l’esodo di Israele, o nel tempio al centro della città, ma il luogo della presenza di Dio è la vita stessa di chi ascolta e mette in pratica il Vangelo: «Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Anche il libro dell’Apocalisse ci ha ricordato che nella città di Dio: In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio.

Il diacono è colui che si lascia abitare dal Signore e lo vuole servire nell’ascoltare e nel vivere la sua Parola e, con il suo ministero può presiedere a parte la carità, anche a ogni atto liturgico, tranne la messa e la confessione che sono propri del sacerdote. Un ministero santo è un ministero fondato sulla roccia della Parola di Dio.

Ma allora quanto sono preziose le occasioni in cui possiamo accostarci alla Parola di Dio! Prima fra tutte la Liturgia, la preghiera, la lettura della Parola di Dio. Il primo posto nel Vangelo non spetta alle regole, ai precetti, ma alla Parola di Dio, alla fede, che è una storia d’amore con Dio. Dio è presente nella vita di chi vive l’amore per gli altri, altrimenti non trova posto, altrimenti non c’è spazio per lui. Servire significa amare e amare comincia con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie. Diaconato è dedicare la vita al Signore lasciandosi amare ed amando! San Francesco, diacono della Chiesa di Dio, la cui scelta di vivere il Vangelo sembrava dissennata segue Gesù e si lega a Lui perché amava la gioia, non la tristezza, l’amicizia, la fraternità e non la solitudine. Era ricco e lasciò la ricchezza per scoprire la bellezza della vita al servizio del Vangelo. Abbandonò le armature da cavaliere e divenne uomo vero, fortissimo, tanto da affrontare il lupo, da far fare la pace ai nemici e da vincere la morte, disarmandola, perché la chiamava sorella.

Perse la considerazione di suo padre e di tanti della sua città ma in cambio ebbe tanti amici, anzi tutti gli diventavano amici perché tutti fratelli. Era libero dalle rivalità o dalla vanagloria, che tante divisioni fanno crescere e ci rendono pieni di amarezze che a volte diventano rancori, in altri casi diventano guerre.

Ecco, oggi, Biagio, ascolti per te questo invito di Dio, e oggi con te capiamo di nuovo e con entusiasmo perché il Padre ci manda a lavorare nella sua vigna, che è questa chiesa e questo mondo, perché chi ama la Chiesa ama la città degli uomini e chi ama la vita dei fratelli arriva alle sorgenti della gioia, che non è mai nel possedere, ma nel donare, nel dono di sé. Caro Biagio, ama questa Chiesa che come madre ti ha generato nella fede, difendila, servila e non servirtene; aiutala a diventare bella perché splendente dell’amore di Cristo così che possa combattere il male che genera tanta sofferenza. Caro Biagio, qui, in Chiesa, sentiti sempre a casa, perché è la tua casa; non viverla mai da estraneo, ma anche stai attento a non farne mai una proprietà. È tua perché la ami e la servi. Amala con un cuore casto perché al primo posto c’è Lui e quindi un cuore pieno di tante persone, con l’amore gratuito, senza alcun interesse. Così farai risplendere sempre il primato di Dio.

Sii obbediente alla tua Chiesa perché, come Maria, non farà altro che dirti di seguire quello che Gesù dice. L’obbedienza è ascolto della volontà di Dio e questo ti farà sempre ritrovare la tua. Oggi ci ricordi che la nostra gioia è servire nella vigna! Se serviamo il Vangelo, scopriremo gli ultimi, gli amici di Gesù. Per questo ti prostrerai per terra e noi tutti, assieme, invocheremo il Signore per te, perché ti dia la grazia e la gioia di servire. Prostrati sempre davanti al fratello e al povero, e sarai liberato dall’ orgoglio e dal potere del mondo. La scelta del celibato non fa di noi dei single, ma anzi, dei padri, dei fratelli, dei figli.

Gesù due cose ha promesso: lo Spirito Santo e la pace. “Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.

Lo Spirito santo è come un maestro interiore che ci ricorda che il vangelo è possibile sempre viverlo e che ci dona parole, gesti, sentimenti in ogni situazione della vita.

Noi spesso ci lamentiamo della nostra vita e del male in cui sembra sprofondare sempre più il mondo: tutto sembra confuso e senza prospettive di bene. Accogliamo allora l’invito che oggi la Scrittura ci fa e diveniamo anche noi il luogo in cui Dio abita volentieri.

Uniti a Lui, conosciamo la pace. «Non come la dà il mondo, io la do a voi» – dice Gesù. La pace che viene da Dio non è la pace che viene dopo scontri e guerre. Non è una pausa tra due conflitti.  È una pace che viene dal suo cuore mite, abitato dalla fiducia. E da qui sgorga la pace che Gesù ci lascia. Perché non si può lasciare agli altri la pace se non la si ha in sé. Non si può dare pace se non si è in pace.

Vi lascio la pace: Gesù dimostra che la mitezza è possibile. Ci vuole miti, aperti, disponibili all’ascolto, capaci di disinnescare le contese e di tessere concordia. Sia così caro Biagio anche la tua vita. Il Vangelo ci insegna ad amare e chi ama vive in pace con gli altri, e cerca la pace anche per gli altri.

C’è insomma una identità profonda tra l’amore per Gesù, l’osservanza della sua parola, la presenza di Dio ed il servizio, l’essere diacono. Anche quando per grazia di Dio diventerai presbitero, resta diacono sempre, sii sempre diacono, servitore, mai padrone. Non cercatore di privilegi, ma uomo del servizio, sempre. L’apostolo Giovanni nella sua prima lettera afferma: «chi osserva la parola di Gesù, in lui l’amore di Dio è perfetto» (1Gv 2,5). Maria ci ricorda sempre: “Fate quello che vi dirà”.

Leggiamo il Vangelo, amiamo il Vangelo, viviamo il Vangelo. E una forza nuova di amore verrà in noi, la forza dello Spirito santo, che ci fa missionari di amore e di pace in mezzo agli altri.

Cari amici, chi teme il Signore è sempre grande e può aspirare a grandi cose, a cose più grandi in questo mondo che si sente condannato alla mediocrità.

Caro Biagio, sii sempre pieno del timore di Dio e sarai sempre grande nell’amore. Come Maria tu possa dire: Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo il suo nome. Ti vogliamo bene.

Amen.

† Giuseppe, vescovo