Festa di San Gennaro, vescovo e martire – frazione Presta di Sant’Agata de’ Goti

20-09-2021

Celebriamo oggi la festa di san Gennaro, vescovo e martire, vissuto nella seconda metà del III secolo, al tempo delle persecuzioni dell’imperatore romano Diocleziano. Un Santo delle nostre terre perché le fonti dicono che, quasi sicuramente, sarebbe nato a Benevento, dove è stato  vescovo e dove  era amato dalla comunità cristiana, rispettato anche dai pagani per l’amore ai poveri e perché si prendeva cura di tutti indistintamente. Quando venne a sapere che il diacono Sossio che guidava la comunità cristiana di Miseno, ai Campi Flegrei, era stato incarcerato, volle recarsi assieme a due compagni, Festo e Desiderio, in carcere per essergli vicino, incoraggiarlo e sostenerlo, portandogli anche alcuni scritti sacri che fossero una luce per lui. Oggi ricordiamo  il suo martirio, quando Gennaro decise di non venir meno al mandato di annunciare il Vangelo nonostante le ostilità del tempo, e essere testimone  di consolazione e testimone di speranza per i suoi amici che a causa di Cristo erano imprigionati.

Gennaro non rimane chiuso nella sua città, nei suoi impegni, ma uscì per un gesto di solidarietà; come discepolo di Gesù sentì la necessità di prendersi cura del fratello in difficoltà. La fraternità è il tratto dei discepoli del Signore, che scaccia il ripiegamento su di sé e fa correre accanto a chi è in difficoltà e ha bisogno di sostegno.

Non è questa la mentalità del mondo che ripete e fa sua in tanti modi quella voce risuonata sotto la croce di Gesù: «salva te stesso!». Ma noi sappiamo – e lo abbiamo constatato in modo molto evidente in questo tempo della pandemia – che non ci si salva da soli. Da soli cresce e si diffonde la cultura della contrapposizione, dello scontro, fa aumentare le divisioni e con esse le ingiustizie che si abbattono più duramente sui deboli. Salva te stesso lascia i deboli da soli.

Gennaro visse in tempi che non furono certo facili, tempi  di ostilità e confusione ma il Vangelo fu la sua certezza, la perla preziosa per la quale scelse di spendere la propria vita. Non era un super uomo ma si fidò di Gesù e delle sue parole, del suo vangelo che lo condusse ad affrontare il martirio a viso aperto, fidandosi di Colui al quale aveva dedicato la sua vita. Nemmeno i nostri tempi sono certo facili: forse non c’è più la paura deli primi tempi della pandemia, ma sono tempi di smarrimento, di confusione e di incertezza sul presente e sul futuro. Le nostre fragilità, le nostre insicurezze, non siano un freno: apriamo il cuore alla Parola del Signore. Quante volte nella Scrittura il Signore dice: Non temere, coraggio, non avere paura. Per ben 365 volte nella Scrittura risuonano queste parole: coraggio, non temere; a dire che noi ogni giorno abbiamo bisogno di essere rassicurati ed incoraggiati a guardare avanti con fiducia. Il mondo odia quello che è di Dio: Gesù ci dice di non scandalizzarci della sua Parola, ma di approfondire sempre di più il nostro legame col Vangelo, la nostra comunione con Lui e la fraternità con tutti. I gesti di fraternità del vescovo Gennaro sono di ogni discepolo. Gesù aveva detto: si capirà che siete miei discepoli dall’amore che proverete gli uni con gli altri. In un mondo che appare dominato dalla contrapposizione, dalla violenza; in un mondo dove sembra scontata la indifferenza c’è quasi una lotta contro tutto quello che è invece concordia e pace, e questo sembra trovare valore nelle parole di Gesù ai discepoli di ogni tempo: Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.

Le guerre, le violenze, le liti, il rancore, i litigi, le separazioni, la solitudine sono espressione di un odio verso quello che è segno della presenza di Gesù: pace, amore, concordia, serenità, fraternità,

Ogni comunità cristiana è chiamata a  illuminare, benedire, vivificare, guarire, liberare con la luce della fraternità. Gennaro va a visitare il fratello, va a incontrare il Signore presente nel fratello, non pensa a se stesso. Questo gesto di fraternità, di umanità, lo porta a subire la stessa pena. Ma lui che non è un eroe non ha paura, ha fiducia che il Signore avrebbe protetto la sua vita. Il sangue raccolto che si scioglie è segno che aveva ragione lui: è segno di una vita,  di un amore che non finisce. Ieri alle 10.01 è stato dato l’annuncio che il sangue era sciolto La liquefazione del sangue è innegabile e spiegazioni scientifiche finora non se ne sono trovate, come tutte le ipotesi contrarie formulate nei secoli, non sono mai state provate. È singolare il fatto, che a Pozzuoli, contemporaneamente al miracolo che avviene a Napoli, la pietra conservata nella chiesa di S. Gennaro, vicino alla Solfatara e che si crede sia il ceppo su cui il martire poggiò la testa per essere decapitato, diventa più rossa.

Pur essendo venuti tanti papi a Napoli in devoto omaggio e personalmente baciarono la teca lasciando doni, la Chiesa è bene ricordarlo, non si è mai pronunciata ufficialmente sul miracolo di s. Gennaro, ma sul prodigio

Il sangue che si scioglie ha a che fare anche con le nostre terre: l’amore di Gennaro per i suoi amici e per ogni uomo o donna del suo tempo e di ogni tempo, non è stato sconfitto dalla morte e dal male, ma continua a ribollire vivo, segno dell’amore di Gesù da cui nessuno ci potrà mai separare, come dice l’apostolo Paolo: Chi ci separerà dall’amore di Cristo?

I gesti di umanità che possiamo compiere anche noi non sono mai gesti inutili, anzi sono luce nel buio, risveglio dalla rassegnazione, forza nella debolezza e nelle difficoltà.

Sappiamo che il male è contagioso e fa crescere le divisioni, le lotte, le guerre, la povertà. Ma anche il bene può contagiare e le conseguenze sono benefiche: fare del bene aiuta questo mondo ad essere più unito, più solidale, accende tante piccole luci che danno forza e coraggio e aiutano a sperare e a camminare.

Il mondo ha bisogno di essere risvegliato dal torpore, dalla rassegnazione, ha bisogno di comunità più fraterne, di una chiesa che attinge la sua forza alle sorgenti del Vangelo, che guarda ai santi, a questi testimoni – come il vescovo Gennaro – che hanno manifestato con la loro vita la forza che viene dallo Spirito di Gesù, che cambia i cuori, fa rivivere vite che sembravano spegnersi, fa riprendere il cammino verso un futuro, quello del regno di Dio che è già iniziato, che viene e che verrà.

La testimonianza di san Gennaro, di tanti testimoni lungo la storia e di tutti quelli che oggi vivono la missione del vangelo, ci rafforzi nell’unità, ci spinga ad andare incontro a tutti, ci renda portatori di luce nei tanti luoghi bui. Gesù è la nostra luce, è la luce di questo mondo. «Chi segue me – ha detto ai suoi discepoli – non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8, 12). Lo ha sperimentato san Gennaro e tanti dopo di lui; lo vogliamo vivere e sperimentare anche noi, ogni giorno di più.  Cari amici, bisogna liberarsi da ogni spirito di contrapposizione, da  ogni desiderio di potere e di comando, e vivere gratuitamente  del servizio disinteressato, amorevole. Il vangelo ci chiede di partire dai poveri,  dagli ultimi, dai fragili, dai più marginali, dagli invisibili, per arrivare a tutti, senza lasciare indietro nessuno. Il Vangelo è una buona notizia che va comunicata. San Gennaro non era un eroe, e nemmeno noi lo siamo, ma l’amore di Dio può cambiare ogni vita.

Oggi Gennaro stesso ci ricorda che è il tempo della scelta! Non si può sempre rimandare a tempi migliori. L’amore bussa e chiede di essere accolto e vissuto. Preghiamo il Signore perché ci preservi da una vita mediocre, abitudinaria, comoda, perché ci renda attenti al bisogno di chi soffre, dei malati, dei poveri, degli anziani sempre più soli, dei profughi, delle donne che subiscono violenza, dei ragazzi e dei giovani spaesati e dimenticati, delle famiglie che faticano. Con Gennaro  lasciamo da parte noi stessi e affidiamo la nostra vita al Signore. Sarà lui a indicarci la via della vita e della felicità.

Care sorelle e fratelli, che sia la preghiera il fondamento della nostra vita; la preghiera nutre l’amore,  la preghiera nutre  la fiducia in Dio. Dice il salmo 39 : “Ho sperato, ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato”. Mentre il salmo 11 dice; “Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?. Il salmista stesso risponde e dice “Nel Signore mi sono rifugiato”.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo