Santuario “Maria SS. del Monte Taburno” – Bucciano

In memoria della scampata alluvione del 22 settembre 1865
20-09-2021

Cari amici,

sono molto contento di essere qui a celebrare in questo luogo alto, su questo Monte che ci porta più vicino a Dio che aiuta a pregare ed a sentirsi più vicini al Signore. Saluto don Liberato, Padre Izaias, il Sindaco; saluto con affetto tutti voi.

La tradizione popolare vuole che il 7 febbraio 1401 una ragazza sordomuta di Moiano, chiamata Agnese Pepe, si trovasse a far pascolare delle pecore nei pressi di una piccola grotta sulle pendici del Taburno. La fanciulla sentì una voce chiamarla dall’interno della grotta: avvicinandosi, vide che vi si trovava una statua della Madonna con il Bambino. La statua le chiese di scendere al paese e di riferire della propria presenza al padre e a tutta la popolazione, cosicché fosse prelevata da lì e le fosse trovata una degna sistemazione. Così fece la ragazza: il padre fu sbalordito nel sentirla parlare la prima volta, e si recò con un gruppo di compaesani da Carlo Carafa, il duca di Airola, sotto la cui giurisdizione ricadevano anche Moiano e Bucciano. Questi inviò molti suoi vassalli e uomini religiosi sul Taburno a verificare; poi andò egli stesso a venerare l’immagine con la sua corte, e seguirono gradualmente i malati del posto, che tornavano indietro miracolosamente guariti. Luogo di preghiera e luogo di guarigioni; luogo dove i bisogni dell’uomo bussano alla porta del Signore attraverso l’intercessione di Maria. La Madonna è colei al cui cuore si bussa quando, nelle difficoltà della vita, si vuole chiedere aiuto a Dio. Si invoca la madonna perché interceda, porti al Signore le nostre necessità.

Siamo qui ognuno con le sue domande, i suoi bisogni, le sue ferite. Le proprie o quelle di qualcuno che ci è caro. Lo abbiamo già detto altre volte: quanti titoli, tanti perché tante le sono le situazioni della vita per le quali chiediamo la sua intercessione.

La Chiesa oggi festeggia san Matteo, apostolo ed evangelista. Il primo dei quattro Vangeli porta il suo nome: Matteo. Era un esattore delle tasse, mestiere ritenuto dal popolo ebraico infamante perché riscuoteva le tasse per conto dei romani che al tempo occupavano la Palestina. Gesù, mentre sta camminando per le vie di Cafarnao, lo vede e, invece di passare oltre guardandolo con disprezzo come tutti facevano, si ferma e gli dice: “Seguimi!”. Bastò questa sola parola, che Matteo “si alzò e lo seguì”. L’iniziativa è tutta di Gesù, esclusivamente sua. Gesù conosceva  la cattiva fama di cui godevano gli esattori, ma nonostante questo lo chiama. Noi al posto di Gesù avremmo chiamato una persona diversa. Per Gesù tutti possono cambiare vita, possono cominciare a fare scelte diverse… Anche Matteo è un “miracolato” da Gesù che, incontrandolo, gli cancella i peccati e lo guarisce dalla “paralisi” della sua avidità e attaccamento al denaro. Di un “peccatore perdonato e risanato” Gesù fa uno dei “Dodici”, uno degli amici intimi, manifestandogli una fiducia totale. Matteo realizza così il significato del suo nome (=dono del Signore). Nel cammino spirituale ciò che è determinante non è la situazione in cui uno si trova, ma la disponibilità ad aderire a Gesù quando Egli passa e chiama.

Ogni uomo, ogni donna ha una vocazione. Gesù passa, ti guarda, ti chiama: “Seguimi!”. Può essere l’invito a cercare quello che conta nella vita, l’invito a convertirti sul serio. Ci ricorda la chiamata di Maria quando l’angelo le disse che la sua vocazione era quella di accogliere Gesù nella sua vita, farlo nascere, crescere, per poi donarlo all’umanità.

Alla chiamata di Gesù, Matteo si alza dal suo sgabello per mettersi a seguire quel maestro. Da quel momento la vita di Matteo cambiò. Matteo non siede più per raccogliere le tasse, è un discepolo che chiama i peccatori per fare festa assieme attorno a Gesù. Il mondo – è dura la reazione dei farisei – però non comprende quanto sta accadendo, ma è proprio questa la novità del Vangelo che sconcerta la maggioranza: tutti, nessuno escluso, possono essere toccati nel cuore e cambiare vita, a partire dai peccatori… Tutti possono convertirsi. Cos’è la conversione? è “ritornare al Signore” chiedendogli perdono e cambiando stile di vita basandosi sulla certezza che Egli ci ama e il suo amore è sempre fedele. Tornare al Signore.

Nel libro dell’Apocalisse è scritto: «Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».
Gli apriamo la porta per accoglierlo, e Gesù entra  quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore possa ad abitare nei nostri cuori e nella nostra vita. La vera conversione avviene quando accogliamo il dono della grazia; e ci accorgiamo delle necessità dei fratelli e siamo pronti ad andare loro incontro. Segno della conversione insomma è amare di più gli altri soprattutto i più poveri. Gesù, di fonte alle obiezioni poste ai discepoli, come mail il vostro maestro siede  a tavola con i peccatori? risponde lui stesso: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. E, riprendendo il profeta Osea, aggiunge: “Misericordia io voglio e non sacrifici”.

Cari fratelli e sorelle, quante volte anche noi sentiamo l’esigenza di cambiare! Quante volte ci diciamo: “Devo cambiare, non posso continuare così… La mia vita, per questa strada, non darà frutto, sarà una vita inutile e io non sarò felice”. Quante volte vengono questi pensieri, quante volte!… E Gesù, accanto a noi, con la mano tesa ci dice: “Vieni, vieni da me, seguimi: io ti cambierò il cuore, io ti cambierò la vita, io ti farò felice”. Ma noi, crediamo in questo?  Gesù che è con noi ci invita a cambiare vita. Seguiamo dunque questo invito del Signore perché solo se ci apriamo alla sua misericordia, noi troviamo la vera vita e la vera gioia. Dobbiamo soltanto spalancare la porta a Lui che bussa. Bisogna scegliere di farlo entrare perché come ci ricorda Sant’Agostino: “Il Dio che ci ha fatti senza di noi, non ci salva senza di noi”.

Cari amici, la prima condizione per essere guarito è: sentirsi ammalato. E sentirsi peccatore, è la prima condizione per ricevere questo sguardo di misericordia. E anche noi quando preghiamo sentiamo questo sguardo su di noi; è lo sguardo dell’amore, lo sguardo della misericordia, lo sguardo che ci salva.

Care sorelle e fratelli, che sia la preghiera il fondamento della nostra vita; la preghiera nutre l’amore, la preghiera nutre la fiducia in Dio. Dice il salmo 39: “Ho sperato, ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato”. Mentre il salmo 11 dice; “Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?. Il salmista stesso risponde e dice “Nel Signore mi sono rifugiato”. Che la Madonna del Taburno che ha accolto in pienezza la sua vocazione ci doni un cuore libero, guarito dal male del pessimismo e della rassegnazione per poter costruire un mondo migliore liberato dal male, un mondo più fraterno e solidale.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo