Epifania del Signore

Chiesa Cattedrale, Cerreto Sannita (BN)
06-01-2022

Care sorelle e cari fratelli, con i Magi oggi Dio si manifesta al mondo. Epifania vuol dire manifestazione, del Signore. Il vangelo ascoltato ci parla dei magi che vengono dall’Oriente, uomini in cammino, che sono in ricerca e che si fanno guidare da una stella; una stella è una luce nella notte. Nella notte di questo tempo tanti sono alla ricerca di una luce, di una stella che indichi la strada da percorrere. Noi rendiamo grazie al Signore per il dono della sua parola che illumina i nostri passi e non cessa di indicarci la via e di aiutarci a capire il tempo che stiamo vivendo

I magi cercano la luce vera. A Betlemme vediamo la luce dell’amore che Dio vuole che raggiunga tutti, illumini la vita degli uomini che ama, liberi dall’oscurità, accenda la speranza. Epifania, è la festa di chi cerca Dio, dei lontani, che si sono messi in cammino seguendo una domanda. A Betlemme i magi rappresentano l’umanità intera che si ferma davanti al bambino. Il loro arrivo sta a dire che il Natale è la festa dei popoli perché la famiglia di Dio è da sempre cattolica, universale perché unisce tutte le genti. In essa non ci sono stranieri, ma uomini e donne diversi e chiamati a vivere come una famiglia larga quanto il mondo. Ecco, in fondo, siamo tutti cercatori di Dio, cercatori di speranza, di fiducia, di futuro. E il tempo di questa pandemia sembra veramente essere come una lunga notte che rende incerto il cammino della vita. Al buio ci si può abituare, e rassegnarsi pensando che questa è la vita. Ma i magi scrutano il cielo e credono che quel cielo abbia qualcosa da dire anche a chi vive sulla terra. Una nuova stella mai apparsa prima è in fondo segno che la vita e la storia non sono mai un destino già segnato, perché in fondo tutto può cambiare. I magi non si rassegnano alla notte e all’oscurità e nel loro cammino vediamo quello di tanti uomini e donne che ancora oggi intraprendono lunghi viaggi in cerca di futuro, di un futuro nuovo per la loro vita, fatti di pace, di giustizia, di umanità.

Quello dei magi è il viaggio non di eroi solitari, ma essi camminano insieme, con lo sguardo rivolto verso il cielo ed aiutandosi l’uno con l’altro. Il cammino infatti è personale ma mai solitario. Cercano la luce. La luce di Dio brilla, ma si fa vedere da chi la accoglie. Isaia nella prima Lettura ci ricorda che la luce divina non cancella le tenebre e le nebbie fitte che ricoprono la terra, ma risplende in chi è disposto a riceverla. Perciò il profeta rivolge un invito a tutti: «Àlzati, rivestiti di luce» Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te.

“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”. Erode ha paura di perdere il suo potere; non sa che il nuovo re non viene a cercare il potere di questo mondo; per questo non si presenta come un forte o un potente. Egli nasce indifeso e bambino a Betlemme. È lui che chiede protezione; in quel bambino vediamo la fragilità dei piccoli, degli anziani e dei poveri che chiedono protezione.

In fondo Erode incarna veramente la logica del salva te stesso e per questo non esita a usare i magi per volerli rendere complici. I magi riprendono il viaggio, ritrovano la stella e la grandissima gioia che provano è la gioia di trovare il Signore, di stare con lui.

I Magi possono apparire ad Erode come ingenui e sognatori. Ma essi sono persone che non si sono rassegnate alla vita di sempre (chi cerca non è mai rassegnato, lo è chi non cerca più), sono persone che non sono ripiegate su di sé. Sono invece persone che cercano una strada diversa da percorrere, per riscoprire il senso della propria vita.

Il cammino dei Magi non è facile o senza imprevisti, anzi, è pieno di errori: cercano il re e lo cercano nella grande città, Gerusalemme anziché a Betlemme, il piccolo villaggio; chiedono del bambino a un assassino di bambini; lo cercano in una reggia e lo troveranno una povera casa.

Ma il dramma nella vita non è fare errori, ma arrendersi, scoraggiarsi e non continuare il cammino.

Informatevi con cura del Bambino e poi fatemelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo! In realtà aveva deciso di ucciderlo. Erode è quel cinismo, quel disprezzo, quella rassegnazione che distruggono sogni e speranze. Erode è in quei pensieri tristi, pessimisti, che dicono chi te lo fa fare – pensa te stesso – erode è nel desiderio solo per sé escludendo gli altri.

In quel bambino tra le braccia della madre c’è il senso della ricerca di quegli uomini; nella debolezza di quel bambino che abbraccia ogni fragilità trovano la luce vera quella che illumina ogni uomo. Hanno trovato in quel bambino a chi donare le loro ricchezze e quegli uomini donano perché il senso più vero della vita in fondo è sempre donare quello che abbiamo. Si prostrano e lo adorano e adorare è incontrare Gesù senza richieste, ma con l’unico desiderio di stare con Lui. Adorare è fare come i Magi: è portare al Signore l’oro, per dirgli che è la cosa più preziosa che abbiamo; è offrirgli l’incenso, per dirgli che solo con Lui possiamo ambire al cielo; è presentargli la mirra, con cui si ungevano i corpi feriti e straziati, per dire a noi stessi che quella dei poveri è la carne ferita del Signore di cui vogliamo prenderci cura.

Questi sapienti venuti da lontano, ricchi, colti, si prostrano, cioè si chinano a terra per adorare un bambino! Un gesto tanto umile compiuto da uomini così importanti. Prostrarsi davanti a una persona importante anche per noi è naturale. Ma farlo davanti al Bambino di Betlemme colpisce. Non è facile riconoscere nella piccolezza, la grandezza di Dio; nella sua umiltà, una forza; nella misericordia e nel perdono la via per salvare il mondo. I magi si prostrano, accolgono il Signore non come lo immaginavano, ma così com’è, piccolo e povero. Ci vuole umiltà per fare questo. Ci vuole uno sguardo spirituale. Non basta sapere dove Gesù è nato, non basta sapere che Gesù è nato. Non basta commuoversi davanti al presepe se il mio cuore non diventa come la mangiatoia sulla quale Gesù è deposto. Il Signore si accoglie nell’umiltà.

Oggi, fratelli e sorelle, siamo invitati a imitare i Magi. Scrive Matteo che i magi, per un’altra strada, fecero ritorno al loro paese. Sì, quando si incontra Gesù, quando il Vangelo guida la nostra vita, non siamo più come prima, ma ci incamminiamo per le strade dell’amore, per le vie dell’amicizia e della fraternità. Un cammino sinodale possiamo dire che ci spinge a camminare insieme, a guardare insieme il mondo, a sognare insieme. Da questo Natale vogliamo tornare alle nostre cose di sempre, ma con pensieri nuovi. Ognuno di noi, a qualsiasi età, può fare qualcosa perché il mondo sia migliore donando qualcosa di se e della sua vita. Tutti possiamo fare qualcosa per gli altri. Care sorelle e fratelli ogni volta che apriamo la parola di Dio, nel cielo della nostra vita è come se si accendesse una stella e accogliamo il sogno di Dio su questo mondo.

Ci ha detto l’apostolo Paolo: le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. È insomma per mezzo del Vangelo che si realizza la promessa del Signore. Non torniamo ai pensieri tristi e rassegnati di Erode che pensa solo a sé, ma lasciamoci guidare dal Vangelo su strade vere e umane, quelle che ci fanno incontrare e che fanno incontrare i deboli perché questo nuovo anno che si apre davanti a noi sia veramente un anno buono per noi e per tutti. L’Epifania è anche la festa dell’infanzia missionaria, cioè di quei bambini e ragazzi – sono tanti, in vari Paesi del mondo – che si impegnano a pregare e a offrire i loro risparmi perché il Vangelo sia annunciato a quanti non lo conoscono.

† Giuseppe, vescovo