Tra il rifiuto e l’attesa, in viaggio “on the road” con il vescovo Mimmo

GIORNO 4: Del riposo e del sentiero

Soprattutto dopo le tempeste una pausa rigenerante di riposo è quantomeno necessaria. Gesù stesso, nel Vangelo, lo ripete in diverse occasioni. Lo sguardo di Ge­sù va a cogliere la stanchez­za che molte volte c’invade, le delusioni interiori che s’impadroniscono del nostro cuore, gli smarrimenti che occupano la nostra mente, la fatica dei fallimenti. Ma per Gesù, prima di tut­to, viene la persona: non la quantità dei suoi risultati, ma la qualità del proprio cuore. Una qualità che può diventare armonia di pace, se ogni tanto ci si ferma anche a respirare.

Mentre infuriano le tempeste ognuno impara sempre qualcosa: sulla speranza da condividere, sulla forza della bellezza da cercare, sulla luce sul sentiero da portare, sull’amicizia autentica da costruire, sul perdono, su una conversione dello sguardo che ti cambia la vita perché è la prima forma di cura. A partire da una carezza inaspettata, da una mano stretta con grande energia, da un abbraccio inatteso e caldo. Carezze, mani da stringere e abbracci che il vescovo Mimmo ha dato alle persone allettate e su un carrozzina del Centro Maugeri di Telese Terme, ai giovani riuniti nella chiesa parrocchiale di Telese Terme per un momento di riflessione per stare insieme prima di Natale, agli ammalati dell’ospedale Sant’Alfonso Maria de’ Liguori di Sant’Agata de’ Goti, ai bambini e ai ragazzi della Casa nella Selva di San Salvatore Telesino e ai malati di sclerosi laterale presenti al Centro De Nicola di Cerreto Sannita. Giovanni, Salvatore, Gaetano, Gioia, corpi fragili con volti impastati di vivace vitalità per chi li incontra. Fotografie, sprazzi di attimi di vita che, non riuscendo a fermarci per sostare ad ammirare quello che abbiamo attorno, spesso ci sfuggono dalle mani perché non spesso non guardiamo il bello che ci circonda. Di rado le persone si fermano ad osservare, preferiscono andare dritte per dritte per la loro strada, o con la testa calata per non guardare o con la testa in alto superba ed orgogliosa facendo finta di non vedere. In ciascuno dei casi hanno scelto di mettere i paraocchi ed è un vero peccato, perché ci sarebbe così tanto da vedere per non perdere occasioni di speranza, di bellezza e di relazioni.

Mentre infuriano le tempeste ognuno impara sempre qualcosa. La lezione più dura di tutte, che ci pone davanti allo specchio della realtà, è che la vita è sempre fragile e molto spesso ingiusta. E dal momento in cui ci svegliamo la mattina fino a quando posiamo la testa sul cuscino la sera, le nostre vite sono sempre piene di domande, di dubbi, di preoccupazioni, di ansie, di tormenti. Ma, dopo il temporale, il riposo dell’affidarsi a Dio ci riporta un’inaspettata speranza. Che risciacqua tutto, restituendoci quel coraggio di vivere che avevamo smarrito, quel coraggio di liberarci dalle prigioni delle nostre paure. E non è nemmeno tanto la paura del dolore ad annullare in noi la spe­ranza, ma il fermarsi al fatto di avere forze limitate e di non sentirsi all’altezza, l’essere da soli e il ritrovarsi senza conforto. Dopo il temporale ritorna sempre un sereno abbandonarsi al sognare lungo il sentiero nella fraternità. Una fraternità aperta a ogni incontro, aperta alle differenze, che possa consentire a ciascuno di essere sé stesso, con le proprie fatiche e fragilità, sentendo che anche le proprie crisi possono trovare, in quel sentiero, un luogo dove riposarsi. Nudi con sé stessi quelle ferite, da abbracciare, possono diventare poi delle opportunità. Per tutti.

 

Ogni uomo semplice, porta in cuore un sogno,

con amore ed umiltà potrà costruirlo;

(CANZONE DI SAN DAMIANO)