Con gli occhi delle stelle, in viaggio “on the road” con il vescovo Mimmo

GIORNO 4: Le lacrime lo sanno…

di Giovanni Pio Marenna

Ogni persona che si incontra durante il proprio cammino di vita ha un suo significato e un valore aggiunto per la nostra vita perché ci permette di vedere parti di noi che non conosciamo o parti di noi che non riusciamo o che non vogliamo vedere. Ecco perché incontrare il signore brizzolato m’ha arricchito. Tutti gli incontri ci migliorano. Che, se ci pensiamo bene, sono queste, poi, in realtà, le cose che più ci mancano quando una persona non c’è più: oltre alle gioie e a quei momenti indimenticabili, sono le piccole debolezze, i difetti che conosciamo solo quando la relazione con una persona è talmente forte e stretta da conoscere già tutto quello che pensa l’altro e come reagirà. E come lo accetterà, accogliendolo così com’è. Le imperfezioni sono la parte essenziale in una relazione autentica. Non conta essere perfetti, conta sempre essere autentici, semplici. Semplici come i bambini che il bagliore luminoso m’ha presentato al Centro di Riabilitazione “De Nicola” di Cerreto Sannita e al Centro di Riabilitazione “Relax” di San Salvatore Telesino. Semplici come gli occhi di Gioia. Semplici come i sorrisi di Gerardo, Angela, Daniele Pio, Giovanni, Michele, Miriam, Rosaria, Fabrizio, Domenico, Roberto. Semplici come il dono della vita di Matteo. Semplici come i dubbi dei tanti giovani, in cammino come me, presenti ad un momento di riflessione. Semplici come i 40 anni festeggiati da una Maria superstar in versione rock and roll. Semplici come una terapia musicale i cui movimenti sono tanto leggiadri quanto sereni. I passi della volontà. Lenti ma decisi. Il resto lo muove l’arte della cura. Altre note di luce. Per sollevare dai dolori e dalle paure, dalle malinconie e dalle disperazioni chi, essere speciale, ha bisogno della nostra attenzione. Metti tutte loro stelle, tutte insieme: sembrava quasi formassero una costellazione. Unendo i puntini usciva fuori un abbraccio. Due sguardi che s’incrociano, quattro braccia che mescolano il proprio dolore per stringersi forte e non lasciarsi più. Attenzione donata, amore versato. Può effettivamente disorientare. Ma per quanto possa nascondersi e confondersi, il vero amore non può perdersi mai. Questo l’ho capito.

Mi sono sciolta abbastanza, devo dire. Ho iniziato ad abbracciare anch’io a più non posso. E piangevo. E come se piangevo, aivoja! Cadevano giù come pioggia torrenziale le mie lacrime. Mi bagnavano il viso. Era un nubifragio in pieno volto. Tipo un gancio destro secco. Cosa mi stava succedendo? Possibile che Dio stesse chiedendo qualcosa alla mia vita? E il messaggio non si trovava nel chiuso di una bottiglia da trovare sulla spiaggia e poi da aprire e poi da leggere. No! La risposta era diretta e chiara: la lacrima. Quelle lacrime erano la chiave per aprire la porta del mio cuore. Lacrime che si mescolano per abbracciarsi. Pianti inquieti di profondo amore. Spesso silenziosi. Cicatrici che segnano la nostra pelle. Tanti bagliori pungenti, non più uno solo, quello che m’aveva accompagnato fino a quel momento, indicandomi una direzione. Stelle che, seguendole, non volevano farmi sbagliare strada, non volevano più farmi perdere. Tante le stelle che, da quel momento, ho visto nel buio della notte. Tutte figlie dell’unica stella di pace e giustizia, di amore e di fratellanza. Sollevata in alto a forma di croce. Con le punte distese ad abbracciare il cielo in segno di fiduciosa attesa di speranza. Quest’immagine mi si presentava davanti. Ed era pura bellezza. Amore che è paziente, benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia; amore che «tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, non avrà mai fine».