Santiago, “El camino es la meta!”. Parla Guido, un giovane della nostra Diocesi che ha seguito i passi di San Giacomo per 287 km (articolo pubblicato sul n. 3 del mensile della Diocesi “Voci e Volti”)

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Cos’è che spinge tante persone di tutte le età a partire per il Cammino di Santiago? Perché molti, attratti e affascinati, trovano proprio là una loro dimensione per cominciare o per ricaricare le batterie? E’ sempre per fede, per un desiderio di ricerca e per un ritrovare sé stessi oppure è dettato da un’emozionante curiosità (ispirata da letture, da film e da interviste a chi l’ha percorso) oppure da una sorta di avventurosa Woodstock escursionistica? O forse, in più di un caso, c’è anche il fatto di non trovare uno spazio adatto alle proprie esigenze e al proprio carisma nella propria comunità parrocchiale o stesso nella propria realtà dove si vive e si opera? I più vanno alla ricerca di un qualcosa: di un limite da superare, di un suggerimento dall’alto, di una scoperta inaspettata, di una fatica, di una via nuova da intraprendere, di un senso, di un mettersi in gioco, di un voler andare oltre la solita consuetudine che consuma, di una fame di ricerca che non si sazia, che ha bisogno di essere nutrita.

E quando ti accorgi che le strade fin lì percorse conducono il tuo “io” ad un vicolo cieco, quando cerchi una via d’uscita e PAG. 16 CamminoSantiago 2non riesci a trovare un trampolino dal quale saltare per ripartire, ecco che bisogna andare oltre, per guardarsi in uno specchio imparziale: dentro te stesso, facendo i conti con te stesso, con le tue responsabilità, con i tuoi sogni, con le tue fragilità, con le tue speranze. L’oltre dal quale vogliono iniziare o ricaricare le batterie in molti si chiama Santiago de Compostela.
Secondo i dati dell’Ocina de acogida al peregrino, il 2016 è stato l’anno che ha visto più persone recarsi verso il santuario di San Giacomo, protagonista di una riscoperta e di un rilancio in epoca contemporanea, visto che si è passati dalle poche centinaia di pellegrini che, fino al 1985, giungevano a piedi ai 200 mila e più attuali, provenienti da tutto il mondo. Sicuramente il fenomeno anche mediatico, nato intorno a questo percorso, ha fatto sì che non sia più visto solo come una meta spirituale o di ricerca personale, ma anche come un percorso escursionistico. Molti sostengono che il “movimento” si sia incrementato soprattutto dopo che Paulo Coelho pubblicò il libro ‘Il Camino di Santiago’ (alcuni di questi itinerari sono stati anche dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”).
Guido Ruggieri, un giovane, residente a San Lorenzello da qualche anno, da sempre in Ac, non sa di preciso perché s’è sentito chiamato a fare il Cammino di Santiago, ma sa che doveva, in un certo senso, ritrovare qualcosa, forse sé stesso. “Chiunque parte per intraprendere un viaggio lo fa per un motivo, per esplorare, per staccare, per scoprire, per curiosità, per cultura, per divertimento, per lavoro. Io sono partito per ritrovare qualcosa, ma non sapevo bene cosa cercare, sapevo solo di aver smarrito qualcosa e, soprattutto, sapevo di dover ringraziare qualcuno per la vita che mi era stata data e per le fortune che stavo vivendo. Nell’anno appena trascorso avevo avuto la possibilità di laurearmi e di intraprendere un percorso lavorativo che avevo inseguito da parecchi anni. E’ stato forse a quel punto, dopo il coronamento a soli 23 anni di tutti o quasi i progetti, che ho deciso di prendermi una pausa”. Ma entriamo più nel dettaglio di questa scelta di Guido. “Qualche sera prima della discussione della tesi, mentre ero nella vasca da bagno con la schiuma fin sopra i pochi capelli che mi rimangono, feci una sorta di patto col soffitto, che speravo arrivasse molto più in lá di quelle quattro mura; se tutto fosse andato per il verso giusto avrei intrapreso il Camino da solo o in compagnia, ma l’avrei fatto! Così, dopo che tutto è andato per il verso giusto, sono partito alla volta di Madrid”. Convinzione e consapevolezza con cui ha affrontato questo percorso, Guido l’ha acquisita strada facendo, passo dopo passo. “Non so per quale motivo io abbia pensato a Santiago come meta. Prima di partire avevo deciso di andare da solo, di prepararmi a stare in solitudine per quei 287 km che mi dividevano da Compostela, anzi di farne anche qualcuno in più; poi ho incontrato questo meraviglioso gruppo guidato da padre Vincenzo, padre Michele e padre Paolo, tre gesuiti eccezionali che non smetterò mai di ringraziare che mi hanno spinto ad andare con loro ed altri giovani per camminare, in tutti i sensi, insieme. Tre guide spirituali uniche, senza le quali il mio andare sarebbe stato completamente diverso e forse quasi vano”. Immaginiamo che c’erano comunque delle forti aspettative nella testa di Guido dopo quella sua scelta. “Mi aspettavo di viaggiare da solo e di risolvere le mie difficoltà da solo, e invece mi sono ritrovato a viaggiare in compagnia e a non dover risolvere niente, ma solo a condividere gli ostacoli. Mi aspettavo di dover soffrire l’ardua scalata per la meta, il freddo, la pioggia e il caldo afoso del nord della Spagna e, invece, tutto questo mi ha legato ancora di più a quei paesaggi, a quelle albe, a quei tramonti, a quelle vie e ai suoi sentieri, ai suoi volti e ai tanti passi”. Quante volte avrà pensato di interrompere il Cammino e di tornare a casa.

Quante volte, invece, durante quei km avrà pensato che ce l’avrebbe fatta: concludere il cammino e ritrovare serenità. Il percorso di Santiago come similitudine del percorso di vita. “Non c’è mai stata la volontà di mollare tutto, neppure dopo le giornate più faticose o con i dolori più strani, ma la convinzione di voler proseguire e arrivare alla meta. Sicuramente l’attitudine allo sport aiuta molto chi vuole riuscire ad arrivare senza avere troppi infortuni o fastidi muscolari. Che lì sono all’ordine del giorno. Eravamo a Molinaseca, una delle prime tappe. Il suolo per arrivare fin lì non era stato dei più agevoli e il mio polpaccio destro doveva essersene accorto. Così dal post-cena ho iniziato ad avvertire delle fitte che mi hanno fatto capire che l’indomani avrei camminato a fatica o non sarei proprio potuto partire con i miei compagni. La notte la trascorsi con il ghiaccio e alla sveglia delle 4:30 la situazione era come la immaginai, ossia bloccato e costretto a farmi i primi km in coda al gruppo, staccato di qualche paio di km da tutti, nel silenzio assoluto, nel dolore fitto, nella meditazione assoluta. Poi sicuramente per volontà divina e un oki, il dolore scomparve e per tutto il Camino non ho avuto nessun altro dolore”. Astorga, Rabanal del Camino, Molinaseca, Villafranca del Bierzo, La Faba, Tricastella, Sarria, Portomarin, Palas do Rei, Arzua, Monte do Gozo. Queste le tappe dei 287 km complessivi prima di arrivare a Santiago de Compostela. “Se proprio devo cercare un momento in cui ho capito che ce l’avrei fatta, mi viene in mente l’arrivo al Monte Do Gozo, la penultima tappa, a soli 10 km circa da Santiago. Da quell’altura si poteva scorgere la basilica e il colpo al cuore oltre che quello d’occhio è stato pazzesco. Eravamo lì, ero lì a pochi passi da un traguardo cercato e voluto. Peccato che lo stesso traguardo coincidesse con la fine di un qualcosa di unico e quindi ripensare a quel luogo mi mette un po’ malinconia per aver perso quell’armonia di gruppo, quei volti, quelle riflessioni che sono state fondamentali per il mio andare”.

PAG. 16 CamminoSantiago 3C’è sempre un ricordo che, più di altri, viene conservato nel proprio cuore. “Sono due i ricordi in assoluto che porto con me. Il primo, che non potrò mai scordare, sono stati i primi passi mossi da Astorga, la prima notte di cammino, verso Rabanal Del Camino. La luna, il cielo stellato, il silenzio assordante di una ciurma di 25 persone che, passo dopo, passo percorrevano la stessa via. Il rumore delle suole delle scarpe come un battere cadenzato mi stregò e mi mise i brividi (ancora oggi, mentre scrivo, sento un brivido correre lungo la schiena) perchè fu lì, alla prima notte, che capii che eravamo tutti uniti da un unico desiderio. Il secondo fu alla fine della salita più ripida, quando finalmente giungemmo all’ostello de La Faba. Dopo una cena abbondante di pasta e insalata, ebbi dall’Italia la conferma che una nuova opportunità di lavoro mi stava aspettando al ritorno da quella esperienza spagnola”. Due valori, principalmente, Guido s’è portato a casa e vuole trasmettere: l’essenziale e la condivisione. “Quella dell’essenziale è la lezione più bella che porto con me. Ho viaggiato per giorni con solo due magliette e due pantaloncini, con 7 kg di zaino dove avevo tutto per vivere. Non ho avuto modo di usare la tecnologia durante tutto il Camino ad eccezione della sera prima di andare a riposare dove mi piaceva condividere un’immagine con gli amici che volevano sapere come stesse procedendo. La seconda lezione che ho imparato è quella della condivisione. Il modo più semplice, prima di questa intervista, per condividere le sensazioni e l’esperienza tutta sono stati i social dove, tra immagini e parole, facevo sapere dove mi trovavo e come stavo. Sicuramente la condivisione odierna non è più tanto intesa in senso stretto o legata alla ‘realtà’, soprattutto nel mondo social. Porto con me, inoltre, la pazienza, la tenacia di andare oltre (oltre un avvenimento che potrebbe arrestarti, oltre un ostacolo insormontabile), la voglia di ascoltare e non solo di parlare. Porto con me la voglia di sedermi al tavolo e discutere, parlare fino al raggiungimento di una soluzione. È una sorta di impegno preso alla fine di questo percorso, che sto cercando di attuare con me giorno dopo giorno, con le solite e salutari cadute di chi sa di essere umano”. Guido, infine, si permette di dare un consiglio a chi si sente chiamato a percorrere il Cammino di Santiago, così come qualunque altro tipo di cammino di ricerca. “Chi si sente realmente chiamato, deve andare, senza indugiare, anche consapevole che potrà essere sconvolto all’interno e all’esterno, anche consapevole che non tornerà così come è partito. Convinto che dovrà dare fondo ad ogni riserva di energia fisica e psicologica. Convinto che dovrà mettere in discussione le certezze su cui aveva basato tutta la sua vita fino a quel momento. Quindi se sentite di essere chiamati ad intraprendere i passi di San Giacomo partite. Ma mi raccomando, lo zaino non deve andare oltre i 7 kg, lo dico per voi e per le vostre amate spalle!”. Che vi sentiate chiamati per Santiago o per qualunque altra cosa, è importante sempre alzarsi per iniziare a muoversi, riflettendo su quale direzione prendere. Qualunque essa sia, purché non si stia fermi. E, in realtà, attraverso gli altri e le situazioni che viviamo, è sempre la direzione per noi preparata che sceglie noi. Così come, citando il motto/il grido dei viandanti del cammino di Santiago, “El camino es la meta!” (“Il Cammino stesso è la meta!”).

Giovanni Pio Marenna