Cari amici, prima di ogni cosa saluto con affetto e gratitudine il Postulatore Padre Califano, il Vicario generale, i vicari foranei, i sacerdoti, i diaconi e i religiosi presenti, il signor Sindaco, il Maggiore dei Carabinieri; saluto gli amici della “Fondazione Luigi Sodo”, i carissimi studenti del Liceo Sodo, i familiari dell’antica famiglia Sodo, venuti apposta da Napoli, saluto tutti ed a tutti porto i saluti di Mons. Piazza che ha dato il suo contributo per il riconoscimento delle virtù eroiche di Mons. Sodo. Siamo qui insieme per ringraziare e lodare il Signore per la dichiarazione della venerabilità di questo Santo Vescovo. La Chiesa di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti con gioia lo propone ufficialmente alla devozione e alla imitazione di tutti. Invochiamo da Dio, mediante la sua intercessione, le grazie di cui abbiamo bisogno ed anche un miracolo, senza paura e timore, ma con fede; il miracolo è come una conferma divina alla scelta della Chiesa.
Quella che abbiamo ascoltato nel Decreto di venerabilità, non è stata solo una biografia, ma la storia di una vocazione, la vocazione di un sacerdote, di un vescovo, che in tempi difficili, nelle tante controversie del periodo storico in cui viveva, tempo di grandi turbamenti per la Chiesa stessa, ha sempre vissuto con forza e coraggio la sua missione. Abbiamo ascoltato la storia di un’anima, umile e docile all’azione dello Spirito, un’anima che si è sentita chiamata dal Signore, nel ministero sacerdotale prima e poi in quello episcopale alla missione che il Signore dà ai suoi discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura (Mc 16,15). L’esperienza delle cappelle serotine incrocia la sua vita con quella di Sant’Alfonso che fece di queste cappelle una opportunità di ascolto per il popolo, luoghi di incontri tra le case, per le strade per incontrare i laici, quelli lontani dalla Chiesa e per certi aspetti ignorati dalla Chiesa. E tutto questo in pieno XVIII secolo!
Dobbiamo essere grati per la testimonianza di fede e di amore resa al Signore da Mons. Sodo. Il riconoscimento della sua santità è partito dal basso, da quel sensum fidelium (senso dei fedeli), di cui parla il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium. Cerreto ha voluto dedicargli la Piazza davanti alla scuola e il suo nome è stato dato al liceo che da generazioni forma il grande “popolo dei sodini”, giovani studenti ispirati ai sani principi cristiani.
Oggi, pubblicamente riconosciamo in Mons. Sodo quella pietra viva dell’edificio spirituale che è la Chiesa stessa, dove ha vissuto un sacerdozio santo e dove ha offerto sacrifici spirituali graditi a Dio come ci ha ricordato l’apostolo Pietro, per portare a tutti la gioia del vangelo, del vivere la passione di Gesù per gli altri.
La gioia viene non da un po’ di benessere in più o da qualche soddisfazione che possiamo toglierci, la gioia viene dal vivere immersi nell’amore di Dio e nella Chiesa. La Chiesa è il Corpo di Cristo, di cui dobbiamo avere cura attraverso il corpo del suo popolo e soprattutto attraverso il corpo di Cristo che è quello dei poveri. Mons. Sodo ha saputo avere cura, perché è stato un uomo, un padre, un fratello, un vescovo, tutto centrato su Gesù Cristo e sul suo vangelo. «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me…».
La vicinanza a Gesù, spinge Mons. Sodo alla missione; lo Spirito è sempre missionario, mai sedentario e la sua presenza rende luminosa la strada da percorrere, il cammino da fare. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
Mons. Sodo aveva compreso che di tante cose aveva bisogno il suo popolo, ma soprattutto della Parola di Dio, di una parola di speranza, di una parola di salvezza. Aveva compreso che la grande povertà del suo tempo e forse di ogni tempo, è la povertà di Dio, la lontananza da Dio, origine e fonte di ogni turbamento. Non sia turbato il vostro cuore ci ha detto Gesù, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Cari amici, quando i tempi sono difficili, è facile essere “turbati”. Lo sperimentiamo in questo tempo, che in maniera concreta, mostra quanto siamo tutti vulnerabili. Il cuore non vuole il turbamento, il cuore cerca la pace, non riesce a vivere “turbato”, ma il turbamento non si sceglie, ma si impadronisce di noi! Ci turbano i problemi e le difficoltà della vita. Ci turba la perdita di una persona cara. Ci turba un mondo dove la cattiveria degli uomini sembra crescere; un mondo così difficile da capire, minaccioso, percorso da forze di violenza e di guerra.
Ci turba, tante volte, la debolezza di Dio, il suo silenzio. Ne abbiamo fatto esperienza durante il Covid-19 e allo scoppio della guerra in Ucraina. Dove è Dio, si chiedevano molti, turbati dal suo silenzio. Gesù ci conosce, non resta scandalizzato, ci fa un invito: abbiate fede in Dio ed abbiate fede anche in me. Gesù ci invita a volergli bene, ad essere amici suoi, perché questa è la nostra forza e con Lui troviamo il senso di tutto. Con il salmo abbiamo pregato: Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore. Il male vuole confondere e farci sentire perduti per farci precipitare nella tristezza, illudendoci di sconfiggere la paura con il coraggio, ma il contrario della paura non è il coraggio, ma la fede ci ha detto Gesù. E la fede si nutre della Parola di Dio. La Parola di Dio è la priorità di sempre come ci ha detto la prima lettura che ci ha parlato della scelta dei primi discepoli: Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Non perché le mense ed i poveri non fossero importanti, ma perché anche la mensa ed il servizio ai poveri se non sono accompagnati dalla Parola di Dio diventano filantropia e non carità cristiana.
A sostegno di questo, molta attenzione Mons. Sodo poneva alla predicazione, lui scrive: in tanta tristezza di tempi e gravità di costumi era necessaria per suscitare e rafforzare la pietà del popolo cristiano. Guai a quei pastori che si rendono rei di tralasciare la predicazione al popolo. Non si può esimere da un dovere la cui osservanza è sommamente necessaria alla chiesa. Grande malattia infatti è nei popoli l’inappetenza della divina parola, anzi principio di apostasia.
Oggi, anche noi, discepoli del Signore, possiamo avere tanti motivi di turbamento: possiamo essere turbati dinanzi alla lontananza da Dio che vivono tanti. E allora ci chiediamo: come parlare di Dio, di Gesù, all’uomo di oggi? Come possiamo avvicinarci a quelli che si sono allontanati? Possiamo avere anche noi turbamenti, scoraggiamenti, rinunce o adattamenti. Le difficoltà di Tommaso e di Filippo sono anche le nostre. Dice Tommaso a Gesù: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». E Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Cari amici, Mons. Sodo ha vissuto santamente qui, in questo territorio. Non ha guardato con distacco la gente, non ha giudicato nessuno, non ha pensato che questo era un territorio difficile dove era difficile vivere il proprio ministero. Non ha lasciato prevalere il turbamento, ma ha avuto fede in Dio e nella sua parola. Mons. Sodo ha amato questo territorio e la sua gente e con la fiducia in Dio, è andato incontro a tutti, da uomo di Dio. Abbiamo tutti bisogno di un supplemento di amore.
Mons. Sodo, fratello vescovo, tu che hai illuminato questi territori con la luce della tua fede, benedici ancora una volta questa Chiesa che ti ha avuto come pastore e guida appassionata e che tu hai amato per 42 anni. Aiutaci a essere pietre vive della nostra Chiesa Diocesana, perché impariamo ad essere uomini e donne del cielo, stretti alla Chiesa, fragile e bella nello stesso tempo. Così tanti vedranno fin da oggi, nella Chiesa, quella casa del Padre che accoglie tutti e dove c’è un posto per tutti, di cui essere noi oggi pietre vive, tutte e sempre importanti, anticipo della casa del cielo, come lo è stato Mons Sodo nel suo tempo. E così sia.
† Giuseppe, vescovo