Quel profumo che si fa speranza – Lettera per la Solennità dell’Immacolata

06-12-2020

A volte mi fermo a pensare come sia bella, nella vita, l’esperienza di accompagnarsi: si cammina insieme e ci si racconta. E allora ho immaginato che in questo nostro andare verso il Natale, a un certo punto del viaggio, ci si affianca Maria, la madre di Gesù, e si accompagna con noi e si racconta…

Se Maria è donna dell’attesa, siamo anche noi in lei umanità in attesa. Attesa di Dio nell’attesa dell’altro. Attesa di credere insieme, di sporcarci insieme le mani con la speranza!

In Maria accade qualcosa che è un segno grande! Il sogno di Dio si fa storia. Dio viene a vivere con noi. E noi possiamo vivere con Lui. Questo grande disegno di salvezza Maria ha accolto nel suo grembo, un giorno, uno dei tanti giorni della sua esistenza, nella sua casa umile, nel suo piccolo paese.

Maria vive in maniera straordinaria il quotidiano, accogliendo il progetto di Dio, vivendo la sua vita concreta a partire dall’iniziativa di Dio, dall’ascolto dello Spirito. Ragazza pienamente inserita nel suo tempo, debole e fragile, povera. Ma ciò che il mondo esclude, Dio lo privilegia. Il debole sa che è Dio che sta salvando il mondo. Questo Dio è il Dio della quotidianità di Maria, un Dio che non lascia soli, non abbandona gli ultimi e che chiede di mettersi sui loro passi.

Maria non sapeva… un angelo glielo annuncia, le rivela che a Dio piace la sete che lei ha nel cuore, le sue domande, il suo riflettere, lo sguardo che ha sulla storia. Ha trovato grazia ai suoi occhi! E accade qualcosa che le rivoluziona il cuore e il capire. Il suo sì è canto di lode perché riconoscimento che a Dio davvero tutto è possibile. A Dio è possibile allargare i confini del nostro cuore, cambiare la prospettiva, farci entrare nella verità del nostro tempo e attraversarlo mettendoci accanto al desiderio di bene di tutte le donne e gli uomini che camminano con noi.

Sentiamo il desiderio di lasciarci accompagnare da Maria perché attendiamo anche noi qualche angelo che ci venga a dire che la nostra vita è preziosa agli occhi di Dio, che la nostra vita vale! Che in fondo il Signore stesso ha bisogno di noi. Maria ha accolto dentro di sé l’umanità, assunta da Dio, l’amore di Dio per me, per te, per noi, ha accolto il desiderio di Dio. Quanto sarebbe bello chiedere proprio questo a Dio, con l’aiuto di Maria, di accogliere in noi il suo amore per noi, per l’altro, per tutti. Un amore senza riserve e senza condizioni. Solo quest’amore riapre gli occhi della nostra coscienza, del nostro credere, del nostro agire.

L’amore fa sempre il primo passo, l’amore dona fino in fondo e fino alla fine. Cerchiamo il senso della nostra vita nel più alto dei cieli, mentre il cielo sta proprio qui. Nell’andare fino in fondo.

Per questo, non posso non pensare a te, Claudio, al momento particolare che stai vivendo, quando ti vedo curvo a rileggere i dubbi che ti abitano nelle tue sere chiuse, e ancora una volta, ripeterti: ama la tua vita, i passi che hai fatto fino ad oggi… è questo amore fiducioso che libera, è l’amore senza misura che salva, è l’amore che crede nell’altro più che in se stesso, che pone un segno di vita.

Perché Maria è la donna che ci riporta con i piedi per terra, alle nostre relazioni, al nostro quotidiano, ai nostri travagli interiori, ai nostri deserti, alle nostre desolazioni, alle nostre fragilità e povertà. Le contraddizioni, le inquietudini, allargano il cuore ad accogliere la vita concreta come dono, come luogo in cui trovare la via, la verità che libera. Si genera speranza a partire dalla speranza che nasce in noi. E la speranza nasce e rinasce quando qualcuno è lì che attende di dare voce al nostro sogno.

Maria è colmata di grazia, colmata dall’amore di Dio. Lei, giovane donna, fatta splendore della gratuità di Dio, del suo amore. In lei contempliamo la bellezza di essere amati da Dio. La parola grazia vuol dire anche bellezza. Non è forse vero che una persona, quando è amata, diventa più bella? E non sarà forse che anche noi, come Maria, diventiamo più belli ogni volta che ci sentiamo amati? A maggior ragione da Dio?

Il nostro è un Dio innamorato di noi, del nostro cercare, dei nostri silenzi e del nostro ascolto, del nostro chinarci sulle ferite dell’altro, della nostra sete di verità. Un Dio incantato dalla bellezza di questa umanità. Umanità dolente ma in cammino, umanità che conosce il tradimento e le crisi ma non si arrende, umanità caduta ma che si rialza. La bellezza di un’umanità che è in grado di vedere il bene, di capire, di accoglierlo. Un’umanità che è guardata e amata profondamente. Occhi di donne e uomini, provati dalle intemperie della vita ma in cui lo sguardo del Signore precede e accompagna.

Ed è mentre penso alla bellezza di Maria, Madre di Dio, che ritorni nella mai mente tu, Francesca, giovane donna di questa nostra terra. Il tuo dolore vissuto come un varcare il confine dell’umano; mi torna in mente il giorno del tuo dolore che logorava dinanzi ai nostri stessi occhi la tua anima. E mentre penso alla perdita del tuo giovane marito, al momento dell’estremo saluto, non posso non vivere con la gratitudine del cuore per quanto ho visto.

In quei momenti, Francesca, sei passata dinanzi ai miei occhi e con il dolore sei giunta fino al profondo del mio cuore. Davanti al tuo volto rigato dalle lacrime, ho sentito il desiderio di accompagnarti fin dentro casa; sapevo che i tuoi piccoli Mattia e Marco, sarebbero stati lì ad attenderti. Desideravo non lasciarti sola in quel momento, desideravo portare a termine con te quel momento in cui le braccia di una madre non possono più rimanere inermi, come in un rinascere, con tanta fatica ma rinascere.

Quanta bellezza proprio lì! Da quel momento, la tua storia Francesca, sarebbe divenuta l’occasione di vivere sulle orme compassionevoli di Maria, da quel momento, la storia di una madre dinanzi alla quale sembrava essere tutto finito, diveniva imitazione della storia di Maria.

Tu, Francesca, hai preso per mano l’infinito e non hai lasciato che la paura, l’angoscia, la desolazione, la solitudine prendessero il sopravvento. Hai ridato dinanzi ai miei occhi vita e bellezza alla tua natura di madre e hai imboccato la strada in salita della vita.

Mi hai ricordato la dimensione della madre, nell’immensità del tuo dolore, Mattia e Marco, i tuoi bimbi, proprio dinanzi ai miei occhi, hanno teso a te la mano trasformando in nuova bellezza il tuo volto solcato da quel dolore. E tu Francesca, in un solo istante hai asciugato le lacrime ed hai sorriso loro, li hai accolti in un abbraccio, riuscendo a soddisfare il bisogno di calore e facendo risorgere con un sol gesto nella tua casa il sole… e sei divenuta ancora madre, più forte di prima e ad imitazione di Maria, la Madre!

E lì, nella tua casa, ho colto la bellezza di quell’abbraccio, per te naturale, che ti ha resa viva oltre ogni aspettativa… viva.

E nel portare nel mio cuore quel momento, accanto a te Francesca, benedico la tua vita, il tuo passato ed il tuo presente, le tue crisi e le tue disattese speranze. E con me, benedicila anche tu: è il buio dei dubbi e delle tribolazioni che ci conduce alla luce, è il buio di una crisi che ci riporta in noi stessi, che ci consegna alla vita.

E quanta ricerca di infinito nei tuoi occhi Elisabetta, tu madre di Antonio, la tua creatura che secondo i concetti della nostra umanità, porta i segni di una disabilità grave.

Sono i tuoi occhi di madre Elisabetta, che mi riportano alla bellezza di Colei che nasce senza peccato. Incontro il tuo sguardo e scorgo i perenni segni di una nuova aurora. Tu che incontri lo sguardo di Antonio, poggi sul suo capo la tua mano. Antonio ti sente ed esprime gesti indecifrabili di gratitudine. È questa la bellezza dell’averti accanto, sorella mia cara. Non distolgo lo sguardo da te, perché, se incontro i tuoi occhi, sei tu che innalzi lo sguardo verso ciò che sa di infinito.

Il tuo sguardo guarda oltre e l’incontro con te, diviene memoria visibile della vita di Maria, la tutta bella, colei che, ai piedi della croce ha abbracciato in Giovanni l’intera umanità. Anche a Maria, in Giovanni veniva affidato il figlio “più piccolo”… e con il figlio “più piccolo”, Maria diveniva roccia per i più deboli, mediatrice per coloro che la riconoscono Madre.

Ed io Elisabetta, scorgo attraverso di te l’emozione di Antonio che dentro di se riconosce il profumo della mamma ed anche per lui, ogni giorno, quel “profumo” diviene speranza.

È la solitudine di questi giorni che ci fa desiderare ancora vita. Perché condividere il dono della bellezza significa vivere la gratuità dell’amore. Significa costruire spazi dove si viva la ricchezza dei volti.

E scopri che l’infinito è qui, in quello che rinasce. Ha i tratti del concreto. Ti chiama. Ti vuole libero. Libero di amare e basta. Soprattutto ti aspetta. Senza catene. Senza sicurezze. Senza paure. Faccia a faccia con la vita vera.

don Mimmo, vostro vescovo