Siamo in un periodo tanto difficile. Non c’è una visione di pace, ma si diffonde una cultura del conflitto anche nella vita sociale. Tutti si preparano a difendersi. Il mondo si sta riarmando. Siamo spaventati. Talvolta ci sembra di essere pessimisti. Verrebbe voglia di chiudersi in un angolo, un bunker per sopravvivere.
Dobbiamo resistere e combattere e le nostre armi non sono quelle del male. Siamo discepoli di Paolo: “non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rom 12, 21). Non possiamo lasciarci vincere dal male. Il cristianesimo non è una via di vinti, ma di umili e forti. Vincere è confidare nelle armi del bene. La rivoluzione della compassione e della tenerezza, sociale, pacifica e spirituale, che conquisti i cuori, le case, i quartieri, il mondo. Non avviene senza rimettere il Vangelo al centro, nel mio cuore, a fondamento di una Chiesa di popolo. Non è impossibile.
La Chiesa oggi è una specie di arca di Noè. Francesco, in piena pandemia, ha detto con spirito profetico: “Nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia…ma soprattutto nessuno si salva senza Dio”.
La Chiesa è la nuova arca in cui salvarsi dal caos: insieme e con Dio. Il mondo sembra invece volerci convincere che ci si salva solo da soli, senza legami con gli altri, in fuga solitaria: “salva te stesso!”.
In questo mare, la parrocchia è una nuova arca in mezzo a tanti scossoni, che accoglie chi crede che ci si salva insieme. Nessuno si salva da solo e senza Dio! Il mondo si salva se si ricorda di Dio!
Che belli i nostri Grest. Essere cristiani è tornare a dire che i bambini, i giovani sono la ricchezza dell’umanità. Ma quanti figli del vuoto in Occidente… Vuoto di padri, maestri, di testimoni di Dio. Vuoto di ragazzi soli e di adulti soli. Vuoto di fede e di passioni. Paura del futuro. Qualche settimana fa, in una città italiana, Pescara, è stato ucciso da ragazzi un sedicenne, Cristopher, che aveva un debito di 200 euro per un po’ di droga. Una vita non vale più di 200 euro! Va rinnovata un’alleanza tra giovani e Parrocchie su base dell’ascolto e del sogno. Non siamo destinati al piccolo.
“E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!». Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rom 8,15-16)
Non siamo schiavi dell’idolo del denaro, ma figli adottivi di Dio. Non del vuoto, ma figli di Dio. La Chiesa è una madre che adotta.
Un sikh, Satnam Sungh, lavoratore irregolare vicino Roma, travolto da una macchina per imballare, ha perso un braccio, non è stato soccorso dal padrone, ma scaricato morente davanti casa , il suo braccio in una cassetta. Sua moglie ha detto: “L’Italia non è un paese buono”. Duro, per gli italiani, essere considerati cattivi. Ma come essere buoni, quando si crede nel Dio denaro? E’ difficile essere buoni senza Dio.
Ci vuole una rivoluzione della compassione e della tenerezza. La sorgente di questa passione rivoluzionaria è il Vangelo, perché dimensione spirituale e dimensione sociale crescono insieme: la passione religiosa è anche passione sociale. Gesù era un profeta sociale, un guaritore o un maestro spirituale? Alle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani a Trieste il Cardinale Zuppi ha detto: “Questa è la Chiesa spirituale e sociale. Guai a dividerla!… c’è poco vittimismo qui!”.
Papa Francesco ha dedicato il Giubileo del 2025 alla speranza: “un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio”. Preghiamo ogni giorno, leggendo la Bibbia, recitando i Salmi, chiedendo con fede al Signore dell’impossibile i suoi doni. La preghiera sembra l’arma più debole, ma il suo grido penetra fino al Signore. La preghiera protegge la Chiesa da chi vuole dividere, perché essa è unità. Ignazio di Antiochia dice “quando infatti vi riunite, crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”.
Questa dev’essere la passione di tutti: giovani e meno giovani. Questo fa di noi cristiani felici, non per protagonismo, ma perché essere insieme, nella concordia di una comunità che prega ed ama, libera dall’erba amara che avvelena la vita.
+ Giuseppe, vescovo