Santa Messa nella memoria di San Giuseppe lavoratore

Omelia pronunciata nella Messa celebrata presso l’azienda Euronatale Srl a San Salvatore Telesino (BN)
01-05-2023

 

Care sorelle e fratelli, cari lavoratori,

saluto tutti voi con affetto e stima, saluto il dott. Valentino Nacar che ci accoglie nella sua azienda Euronatale, saluto …

Celebriamo insieme il 1° maggio, memoria liturgica di San Giuseppe lavoratore, Festa dei Lavoratori.

San Giuseppe, cari amici lavoratori, vi rappresenta tutti. Nella sua vita, nella sua onestà, nel suo alto senso di responsabilità, nella sua competenza nel lavoro, nella sua preoccupazione per la sua famiglia, vediamo quello che il Signore vuole per ogni casa, per ogni famiglia.

Prima di tutto pace nella famiglia, poi concordia e poi anche il necessario per vivere dignitosamente.

Nelle famiglie dove il lavoro manca, manca spesso anche la pace.

Giuseppe non era un lavoratore ricco, ma aveva quello che gli serviva per una vita realizzata e dignitosa. Non solo gli affetti e noi sappiamo quanto siano importanti, ma anche quel lavoro che ti dà dignità, che dà senso alla tua vita, che ti fa sentire capace di poter badare ai tuoi cari, ai tuoi familiari. Senza lavoro non si vive.

Insieme oggi vogliamo ringraziare il Signore per come si è conclusa la lunga e travagliata vicenda della Whirlpool. Sapete che due anni ben 312 famiglia erano state licenziate per la chiusura della fabbrica. In quella fabbrica, in alcuni casi lavoravano sia marito che moglie. Vi lascio immaginare la tragedia. Ringraziamo il Signore perché un’altra azienda italiana ha comprato l’azienda, rinnovando la produzione e riassorbendo tutti i lavoratori che erano stati licenziati anzi, anche assumendo una trentina di lavoratrici. In quelle centinaia di case è ritornata la serenità e si riprende a guardare al futuro con fiducia e speranza.

Viviamo tempi difficili, complessi, segnati ancora dagli effetti della pandemia e dalla guerra in Ucraina, tempi in cui il lavoro preoccupa la società civile e tante famiglie. Sono tempi in cui la logica dell’utile, dell’economia sembra dover prevalere sulla persona.

Papa Francesco in uno dei suoi discorsi parlando del lavoro: «La vera ricchezza sono le persone: senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa, non c’è economia».

All’inizio della nostra Costituzione è scritto: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Perché sul lavoro e non sulla libertà, sulla democrazia, sul rispetto del bene comune o su altro? Si è scelto invece di fondare l’Italia sul lavoro. E oggi, tempo in cui il lavoro per tante ragioni scarseggia, comprendiamo certamente meglio il valore di questa scelta.

Il lavoro racchiude in sé tutto quello di cui l’uomo ha bisogno, a partire dalla dignità personale e sociale, la speranza di un futuro sereno, la tranquillità per la propria famiglia e per le generazioni a venire.

Il lavoro è lo spazio in cui anche il Signore stesso si ritrova. Possiamo dire che il lavoro inizia proprio dal Signore. Abbiamo ascoltato dalla prima lettura, una parte del lungo “racconto della creazione” quando Dio crea l’universo e tutti i suoi abitanti e che tutto mette nelle mani dell’uomo perché ne abbia cura. Dio stesso lavora, per costruire un mondo ordinato, non lasciato al caos o al disordine. Dove non c’è lavoro c’è il caos. Insomma per la Bibbia, il primo lavoratore è stato il Signore stesso che in sei giorni creò ogni cosa. Dietro alla logica del bisogno e della sussistenza, nel lavoro è presente uno spirito che costruisce, che ordina, che mette l’uomo ad un livello superiore delle altre creature. Spesso ce ne dimentichiamo ma l’uomo è chiamato da Dio a lavorare e collaborare con Dio stesso.

In questa ottica non mi sembra esagerato parlare di una vocazione che è anche degli imprenditori. Vocazione non solo al guadagno, ma alla creazione di un mondo dove a tutti deve essere garantito quello di cui ha bisogno, non con l’elemosina, ma con l’offerta di lavoro. Gli imprenditori partecipano alla creazione attraverso la creazione di un sistema di vita ricco di dignità, portatore di serenità e di futuro.

Essere a immagine di Dio significa essere capaci di creare, di togliere spazio al caos, capace di costruire una società più ordinata e civile, umana e solidale, pacifica e fraterna.

Il racconto della Genesi ci parla anche del settimo giorno, del sabato, del giorno del riposo, giorno necessario perché l’uomo non viva “mangiato” dal lavoro, ma abbia uno spazio per sé, per la famiglia, per la comunità. Il lavoro senza riposo riduce l’uomo a rotella di un ingranaggio, ed in alcuni paesi questo avviene; il riposo senza il lavoro diventa ozio, che può diventare amarezza, tristezza, scoraggiamento, sfiducia verso se stessi e verso la vita. La disoccupazione, infatti, trascina con sé tante fragilità: povertà materiale, famiglie in crisi, danni psicologici, vizi e dipendenze, demotivazione sociale, senso di frustrazione. Una società civile non può essere fondata solo sulla competitività, sulla produzione, sul profitto, sulla crescita, questo porta alla cultura dello scarto e della indifferenza. Competitività e solidarietà, due parole che, separate, parlano di un mondo nel caos; rinsaldare le due parole, economia di mercato ed economia di comunione porta ordine nel caos. La dottrina sociale della Chiesa, in fondo, non fa che riproporre da 130 anni questo: competizione e solidarietà insieme, proprietà privata e condivisione, imprenditoria privata ed economia solidale. Non una elemosina sociale, ma creazione del lavoro, che è l’incentivo sociale più efficace e rispettoso della dignità delle persone.

Il nostro territorio vive l’emorragia di forze giovani che lasciano queste terre per cercare altrove il lavoro che qui non trovano. Mentre è un diritto andare a vivere dove si vuole, è una ferita dover andare a vivere altrove per necessità. Di fronte allo spopolamento dei nostri territori ed al loro impoverimento di forze ed energie giovani, siamo chiamati tutti ad una riflessione sul presente e sul futuro. Celebrare in questa azienda, che rappresenta tutte le aziende che producono e danno lavoro, vuole esprimere il segno della vicinanza della Chiesa al mondo dei lavoratori e delle loro famiglie; significa mostrare vicinanza a chi crede nel territorio, nelle sue risorse e ha scelto di investire qui e non altrove, dando a tanti la possibilità di restare.

Siamo qui per dirci che quello che desideriamo per noi lo desideriamo per tutti. Nel Vangelo di oggi è riportata una domanda che gli abitanti di Nazareth si fanno davanti a Gesù che ha iniziato la predicazione del Regno: “Non è costui il figlio del falegname?”, si chiedono i concittadini di Gesù ascoltandolo: “da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?”. Non riescono a capire come mai Gesù, “il figlio del falegname”, quel ragazzo che avevano visto in giro con suo padre Giuseppe a riparare sedie e tetti, costruire mobili e posare mattoni, ora – da grande, ormai trentenne – cominciasse a parlare loro e operare addirittura dei segni straordinari. Essi si stupiscono che Gesù sia capace di offrire insegnamenti autorevoli e di fare prodigi. I paesani di Gesù rimangono scandalizzati perché non sono capaci di fare una vera sintesi tra fede e vita. È come se la Parola di Dio fosse una cosa e la vita fosse un’altra cosa. È come se dicessimo: cosa c’entra il vangelo con la mia vita, con il lavoro? Gesù nelle parabole è molto concreto, come sono concreti coloro che il lavoro se lo sudano ed i soldi se li guadagnano onestamente.

Cari amici, con alto senso di responsabilità, siamo chiamati a inventarci nuovi percorsi movendoci soprattutto insieme. È il senso degli incontri organizzati da “Giovani e lavoro”. Il futuro va pensato insieme, perché il futuro sia per tutti un futuro dignitoso. Senza lavoro non c’è dignità. Senza lavoro il rischio è di perdere se stessi. Anche la società corre il rischio di diventare una società di élite e non per tutti, matrigna e non madre. Desideriamo tutti un mondo più giusto e non c’è giustizia senza lavoro, così come non ci deve essere lavoro senza giustizia. E su questo c’è ancora molto da fare.

Cari amici, il “figlio del falegname” ci assista tutti nell’opera che ci attende, interceda per noi perché sempre possiamo vivere il nostro lavoro e lo possiamo svolgere con solidarietà aiutandoci gli uni gli altri. E così sia.

† Giuseppe, vescovo