Incendio Monte Cigno, il dolore delle fiamme e la natura incontaminata che c’è stata donata

Come dimenticare quella sensazione: un improvviso vuoto allo stomaco, un senso di smarrimento e di iniziale incredulità seguiti dal totale annichilimento delle emozioni e dei pensieri. Nonostante ci si renda conto sin da un primo sguardo di ciò che sta accadendo, la mente tenta ancora di rifiutarlo, ma l’evidenza è incontestabile e, unitamente all’accettazione, si viene inondati da una tristezza dilagante; tristezza che resta in qualche modo mitigata ma impressa nel profondo e tra cui si fa subito spazio una cieca rabbia. Si resta, così, chiusi in sé stessi; una totale disconnessione dalla realtà. Sensazione che forse adesso vi sarà familiare, sensazione che migliaia di occhi spenti hanno provato nel vedere l’innalzarsi, l’avvilupparsi feroce, delle colonne di fumo che sovrastavano Monte Cigno qualche giorno fa; uno spettacolo di fronte al quale non si può fare altro che rimanere inerti. L’umanità ha dato nuovamente prova della sua sconfinata crudeltà: prodotto di una popolazione che continua a rinnegare sua madre, che si ostina a oltraggiarla giornalmente mediante disboscamenti, scarico di rifiuti, emissioni di gas serra, incendi … è così: le nostre radici, la terra a cui siamo tanto cari, la nostra splendida montagna, in fiamme. Un rogo di ben dieci ettari di bosco. Riflettendoci, non ci suona come nuovo; in effetti, quel monte, alcuni anni fa, aveva già conosciuto il dolore delle fiamme. Ebbene, l’evento è risultato ancora più tragico: la natura, arrancando lentamente, era riuscita a riconquistare la precedente rigogliosità che le è stata nuovamente sottratta in pochi minuti dalla follia di semplici individui. Esatto;  non un fulmine, non le alte temperature, non una meteora … un uomo. Uomo: capace di dare vita ad ardenti lingue di fuoco che, per i principi della natura stessa, si abbarbicano attorno alla vegetazione fino ad obliterarla completamente. Non per questo, nella mitologia greca, Prometeo rubò la fiamma agli Dei. Sarà dura attraversare la strada interessata dall’incendio d’ora in poi: quel sentiero quasi sospeso che serpeggia tra due saggi giganti per poi perdersi all’interno del più vicino tra i due; quel fiume idilliaco che scorre con lo scorrere delle automobili, quegli alberi che si stagliavano sulle nostre teste quasi perpendicolarmente … a vedere ora il fianco di quel gigante sdraiato, brullo, arido e riarso farà a tutti un po’male il cuore. Mi piace pensare che, in queste situazioni devastanti che troppo spesso si ripetono, la strada resti chiusa, obbligandoci a seguire il percorso alternativo, proprio per volere della montagna, la quale non vuole farsi vedere sterile, plumbea, dipinta di quel grigio che caratterizza l’industrializzazione e l’operato umano, preferendo mostrarci l’altro suo versante. Abbiamo una fortuna enorme: vivere circondati dalla natura incontaminata, e non sappiamo tenercela cara. Probabilmente, da abitanti di questo meraviglioso territorio: poco industrializzato e in cui il colore caratterizzante dei meravigliosi panorami è il verde, ci sentiamo, in un certo senso, estranei ai grandi temi della questione ambientale. Di sicuro è una condizione positiva, ma mi auguro che, nello guardare quella grigia parete, possiamo renderci conto che la realtà delle emissioni, dell’inquinamento, dell’industrializzazione e delle città smorte e slavate non è così distante; e che riusciamo finalmente ad aborrire i giacigli di rifiuti che “adornano” le sponde dei nostri ruscelli e gli sporadici incendi boschivi che punteggiano i nostri monti. Vorrei ora soffermarmi, da un punto di vista naturalistico, sulle conseguenze che il rogo ha apportato alle nostre zone. Basterà dire che, al tempo d’oggi, i vegetali costituiscono il mezzo più efficiente, più affidabile e, allo stesso tempo, a noi così comune per ridurre l’ammontare di anidride carbonica (responsabile del riscaldamento globale) nell’atmosfera e, allo stesso tempo, sfruttarla per la produzione di ossigeno, a noi indispensabile. Un singolo albero è in grado di assorbire tra i 10 e i 20 kg di CO2 all’anno; disastroso quindi l’impatto ambientale avutosi lo scorso 13 agosto.

Bisognerebbe vedere le piante come quello che sono in realtà: esseri viventi, e non solo, per usare un parallelismo calzante, come legna da ardere; solo così si avrà la speranza di sensibilizzare la popolazione a preservare questo patrimonio meraviglioso e perfetto nella sua poco notoria complessità. Infine, in un periodo storico in cui è in atto una corsa disperata alle energie rinnovabili, in cui si tengono congressi globali per prevenire gli effetti dell’aumento costante di temperatura, in cui gli alberi vengono comprati online e piantati dall’altra parte del mondo, ci si permette di dare alle fiamme gli sforzi di madre natura atti a rallentarci, a farci desistere in quest’avanzata rovinosa dettata dalla menefreghista e indifferente economia. Un insulto all’intelletto umano, al senso civico, alle nostre origini, a noi stessi, alla natura, ma soprattutto alla vita.

Cristian Perfetto

foto: Fabio Salvatore Del Vecchio