SI PRESE CURA - In cammino da Gerico a Gerusalemme

“Lo caricò sulla sua cavalcatura”

Prendersi cura non è scaricare la responsabilità su altri. Il samaritano utilizza il suo giumento, mette a disposizione i mezzi in suo possesso,

innescando un processo di solidarietà. 

(DALLA LETTERA PASTORALE DEL VESCOVO MIMMO “Coraggio. Alzati, ti chiama!)

Fa pensare questo samaritano che caricò quell’uomo sul suo cavallo; fa pensare che abbia voluto mettere a sua disposizione tutto quanto aveva in possesso in quel momento per aiutare il malcapitato; fa pensare che non abbia esitato, cercando prima altri mezzi o altre modalità per poterlo aiutare, ma che sia stato istintivo per lui donare ciò che era suo. E, fa pensare che, per poter caricare quell’uomo, sia dovuto scendere dal suo cavallo e chinarsi su di lui per aiutarlo a rialzarsi, con cura e delicatezza, per evitare di procurargli altro dolore. L’atteggiamento del samaritano è quello che noi stessi siamo chiamati ad avere: scendere per chinarsi sull’altro, per mettersi al livello dei suoi occhi, a livello del suo cuore e prendersi cura di lui, per aiutarlo a rimettersi in piedi; donare tutto se stessi, tutto quanto si ha, per far sì che possa rialzarsi.

L’appuntamento con Dio è proprio su quella strada. Quante volte decidiamo di non caricare sulla nostra cavalcatura chi non ce la fa e chi fa più fatica degli altri? Quante volte scarichiamo le nostre responsabilità sugli altri? Quante volte cambiamo strada e ci giriamo dall’altra parte? Perché non vogliamo perdere tempo. Perché non c’interessa.

Ma ciò che noi abbiamo ricevuto siamo chiamati a donarlo, a condividerlo con chi incontriamo lungo la strada affinché, attraverso di noi, Dio stesso possa prendersi cura dell’altro e l’altro possa sentirsi benedetto ed amato.

Quel samaritano interroga ognuno di noi ed oggi, in particolare, indica la via a tutti i sacerdoti. Non la via della perfezione e del perfezionismo, ma quella dell’amore. Non la via della legge ma quella della vita vera. Quella vita che parte dai pezzi rotti per creare i mosaici più belli, dalle note stonate per realizzare le sinfonie più emozionanti, da ciò che c’è di più piccolo e fragile in ognuno di noi per renderci grandi nell’amore.