Care sorelle fratelli,
siamo in un tempo difficile, non solo per il Covid-19. Il cambiamento d’epoca in cui ci troviamo va capito e accolto come una domanda alla nostra vita personale e a quella delle nostre comunità. La pandemia non è ancora finita. Finché una parte del mondo sarà malata, l’altra parte non potrà dirsi sana. È il grande problema della diffusione dei vaccini nei paesi poveri. Tuttavia, non è più il mondo del lockdown, ma post-pandemico, che chiede di vivere sempre con prudenza per evitare il contagio. Bisogna fare i conti con l’ospite inopportuno, un virus che ci ha messi in ginocchio. Il periodo post-pandemico non può essere un ritorno al passato. Il mondo prima della pandemia non era certo un mondo felice, anzi è un mondo che va cambiato. Quale sogno? Un mondo di fratelli, senza guerra, in cui la solidarietà animi la politica, si lotti contro la povertà, si abbia la casa, ci sia un salario minimo universale (ha chiesto Francesco), si affronti la questione ecologica presto. Diceva un rabbino, un capo ebraico: “…un paese è forte quando si prende cura dei deboli… diventa ricco quando si occupa dei poveri… diventa invulnerabile quando presta attenzione ai vulnerabili”.
La pandemia ci ha resi più fragili, più soli, pieni di paure e di domande, incerti e disorientati, senza riuscire sempre a trovare risposte chiare e condivise. È cresciuta la povertà, come l’abisso tra poveri e ricchi. La situazione dell’Afghanistan ci ha mostrato con chiarezza le conseguenze negative della guerra.
Dinnanzi a tutto questo nascono molte domande: “Che cosa posso fare io?”, “Di che cosa abbiamo bisogno nei tempi difficili”? Ognuno potrebbe trovare le sue risposte, ma siamo chiamati a cercarle insieme percorrendo la Bibbia e le vicende di quegli uomini e donne che si sono lasciato trovare dal Signore, ed hanno vissuto come strumenti dell’amore del Signore, i Santi.
Cari amici, i santi non sono persone senza colpe o senza peccati o difetti, ma persone che hanno accolto la luce del Vangelo nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo. Santità è illuminare con la luce del vangelo le tenebre, il buio del mondo. E’ la luce di cui c’è bisogno in questo tempo per illuminare la vita dei poveri, degli anziani, di chi è solo e dimenticato. Dobbiamo tutti essere santi perché troppe sono le ombre di questo tempo segnato dalla pandemia, ombre che vengono anche dalla paura e dallo smarrimento. Gesù annuncia un Dio che non è imparziale, ha un debole per i deboli, incomincia dagli ultimi della fila, della storia, ha scelto chi è debole e vale poco per il mondo per creare con loro una storia che non si afferma con la forza, ma con la giustizia e la pace.
Oggi nel Vangelo Gesù si rivolge ai suoi, a tutti noi, dicendoci «Beati». È la parola con cui inizia la sua predicazione, che è “vangelo”, buona notizia perché è la strada della felicità. Chi sta con Gesù è beato, è felice. La felicità non sta nell’avere qualcosa o nel diventare qualcuno, no, la felicità vera è vivere per amore e lasciarsi amare. Ama il Signore Dio tuo e ama il prossimo tuo come te stesso ci dice il Vangelo. E le beatitudini ci presentano il mondo come lo guarda il Signore, ed il Signore guarda il mondo capovolto, a partire dal basso: sono beati i semplici, gli umili che fanno posto a Dio, che sanno piangere per gli altri e per i propri sbagli, restano miti, lottano per la giustizia, sono misericordiosi verso tutti, operano sempre per la pace, non odiano e rispondono al male con il bene. Le beatitudini non sono un precetto in più, una regola in più o un nuovo comandamento, ma la buona notizia che se uno si fa carico della felicità di qualcuno, il Signore si farà carico della sua felicità.
La festa di Ognissanti non è la festa degli uomini importanti, di quelli che guardiamo con ammirazione e forse con un po’ di invidia, ma è la festa dei piccoli, degli uomini buoni che hanno creduto all’amore e lo hanno vissuto. Di quelli che non si sono fatti grandi sentendosi migliori degli altri, ma hanno voluto bene. È la festa degli uomini che sono stati buoni perché hanno voluto bene.
Non super uomini ma uomini, donne che vogliono bene agli altri. Non c’è santità nella violenza, nelle armi, nell’odio. Non c’è santità perché non c’è nessun legame o rapporto con Dio. Di fronte alle tante violenze fatte nel nome di Dio noi crediamo che chi usa il nome di Dio per commettere atti violenti non è né religioso, né eroe, ma offende milioni di credenti. Infatti la santità è solo nell’amore mai nell’odio. I Santi ce lo hanno dimostrato nelle loro esistenze. Non erano grandi uomini per natura. Non forti, non ricchi, non potenti. Pensiamo agli Apostoli, a San Francesco, alla stessa Maria la Madre del Signore.
Non c’è una età per diventare santi. Carlo Acutis, morto nel 2006 all’età di 15 anni è stato beatificato il 10 ottobre dell’anno scorso. Un ragazzo molto giovane che amava la preghiera, appassionato di informatica e che attraverso i social testimoniava la sua fede, un giovane che amava i poveri.
I santi sono tanti, non solo i santi del calendario, ma tanti fratelli e sorelle “della porta accanto”, che magari abbiamo incontrato e conosciuto. La santità è dare un bicchiere d’acqua a chi ha sete, dar da mangiare a chi ha fame, visitare gli ammalati, e i carcerati, accogliere i forestieri, perdonare e quindi è di tante persone semplici che in realtà aiutano Dio a mandare avanti il mondo perché diffondono l’amore. E ce ne sono tanti, oggi! Ce ne sono veramente tanti.
I «poveri in spirito» che sono all’inizio delle beatitudini sono quelli che non vivono per il successo, il potere e il denaro; sanno che chi accumula tesori per sé non arricchisce davanti a Dio. Credono invece che il Signore è il tesoro della vita, e l’amore al prossimo l’unica vera ricchezza da cercare. A volte siamo scontenti per qualcosa che ci manca o preoccupati se non siamo considerati come vorremmo; ricordiamoci che non sta qui la nostra beatitudine, ma nel Signore e nell’amore: solo con Lui, solo amando si vive da beati.
Non è santo chi non pecca mai. Non è santo chi si crede giusto. È santo chi non cessa di accogliere il vangelo e metterlo in pratica operando per la giustizia e per la pace, guardando con occhi misericordiosi e commossi i poveri e i deboli. Ecco perché tutti, davvero tutti, possiamo essere santi, resi santi quando ci lasciamo illuminare dalla luce del vangelo.
Gesù oggi è come se salisse di nuovo sul monte, e noi ci avviciniamo a lui come i discepoli e lo ascoltiamo, mentre ci rivolge parole che stupiscono. Nelle beatitudini viene proclamata infatti una felicità così diversa da quella che ci viene proposta ogni giorno, cercata con affanno e mai raggiunta pienamente. Sembra infatti impossibile essere beati, cioè felici, se poveri, afflitti, miti, misericordiosi, puri di cuore, perseguitati per il vangelo. Il mondo ci insegna ben altro! Ci insegna che ciò che conta sono la ricchezza, l’arroganza, la durezza, l’interesse per sé, che provocano tanta ingiustizia, il conflitto e il litigio e non la pace.
Care sorelle e fratelli, di tante cose c’è bisogno oggi, ma in particolare c’è bisogno di un pastore buono, che è Gesù, che ci guidi su terre diverse, aiutandoci a costruire un mondo diverso.
Non si diventa santi da soli, ma insieme.
Caro don Alex, che tu possa essere santo insieme al popolo di Dio di cui dovrai avere cura, qui a Moiano. Vivi la santità dell’amore; che chiunque ti incontri, incontri un pastore buono e si senta voluto bene da te. Che tu cerchi sempre la felicità non nel ruolo, ma nel servizio che sei chiamato a vivere. Dicevamo alla tua ordinazione: che il tuo ministero abbia come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche noi veniamo edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito. Che tua vita presbiterale cresca ben ordinata per essere tempio santo del Signore; vita e ministero dove tanti possano fare esperienza dell’incontro con Dio.
Che tu possa essere discepolo dell’uomo delle Beatitudini, Gesù, e da lui camminare per i sentieri della vita.
Lo chiediamo per te e per tutti noi al Signore per intercessione della Madonna della Libera. Auguri di un ministero fecondo e ricco di grazia e di santità.
E così sia.
† Giuseppe, vescovo