Carissimi,
“i cristiani e tutti gli uomini” sono chiamati ad accogliere il dono della conversione e a farsi responsabili del cammino! Credo che questa consapevolezza, che accompagna la Chiesa dal Vaticano II, sia qualcosa per cui dovremmo ringraziare il Signore. Noi cristiani a volte facciamo fatica a “uscire” dalle nostre definizioni di fede, a far parlare l’esperienza di un incontro, la gioia e la speranza di una presenza. La preghiera del pubblicano è così diversa da quella del fariseo: “Abbi pietà di me peccatore!” Mentre il fariseo: “Ti ringrazio perché non sono come gli altri!”
C’è un’esistenza che diventa preghiera e invoca una presenza, perdonante, salvante, e c’è una preghiera occupata a cercare sé stessi, a giustificarsi, sprecando parole. C’è un’esistenza che diventa presenza liberante per l’altro e ci sono parole che giudicano e condannano l’altro.
Abbi pietà di me! Le ferite più profonde, conosciute da Dio prima che gliene parliamo, ci spingono a incontrare il volto dell’altro. Ma sono quelle stesse ferite che possono chiuderci nel nostro orgoglio, nella presunzione di camminare da soli, senza esporci a rischi. Ecco che l’episodio della trasfigurazione, in questa seconda domenica di Quaresima, viene a destarci dal nostro sguardo abituato a ripiegarsi su sé stesso, incapace di alzarsi verso Dio, di farsi domanda.
La parola che passa attraverso l’esperienza della condivisione della vita è la parola raggiunta dalla misericordia; è la parola che ha attraversato l’esperienza del limite, della fragilità, che ha conosciuto la solitudine del silenzio, della crisi: “Di te ha detto il mio cuore: Cercate il suo volto!”.
Gesù ha avuto bisogno di condividere tutto con i suoi discepoli, il tesoro prezioso del suo rapporto con il Padre! Lo ha fatto con i poveri, i sofferenti, ma anche con i lontani, con i pagani, con i peccatori, con chi lo contrastava, con chi cercava di farlo cadere mettendolo alla prova, fin sulla croce. Gesù ha condiviso la sua notte con noi, si è fatto debole.
Nel tempo duro della passione i discepoli non riescono a vegliare, a pregare, a stare accanto a Lui. Non capiscono, si spaventano, le loro attese sono deluse. In chi avevano riposto la loro speranza? La domanda di Gesù “Ma voi chi dite che io sia?” continua a operare in essi, e anche in noi, un decentramento: Chi sono io per te? Esci dalla terra delle tue attese e delle tue convinzioni, dai confini del tuo cuore, del tuo fallimento, del tuo peccato, volgiti all’altro, fatti prossimo, prenditi cura … sono io a chiedertelo! Tu sei amato! Tu puoi amare! Coraggio, apri gli occhi e guarda, c’è qualcuno accanto a te che invoca la tua presenza, che ti spinge a guardare il cielo, a riconoscere le stelle capaci di indicare il cammino. È un dono e un’arte meravigliosa quella di riconoscere l’amore come presenza. Presenza donata, presenza attesa. Tante volte mi capita di vedere anche adulti fissati a chiedersi se sono amati. Questo bisogno grande di sentirsi considerati deve trasformarsi in passi di liberazione e speranza: tu sei capace di amare! Volgiti all’altro, a chi ha bisogno di te, a chi è solo, e la tua ferita si rimarginerà presto, riprendi il cammino! Non temere!
È la notte di Dio, donata alla storia, che può continuare a sorgere come l’aurora, luce che oggi rischiara le tenebre dell’errore, del peccato, della violenza, della morte. È la sua notte capace di indicare i passi, la promessa di giustizia, la salvezza presente.
Sì, la condivisione può rischiarare ogni notte! È quello che accade a Pietro, Giovanni e Giacomo: Gesù li prende con sé ma sono loro che decidono di seguirlo. Entrare nel travaglio che è la conversione è possibile decidendo di salire con Gesù sul monte a pregare: andare oltre il non capire e il non accettare la via che egli ha prospettato avanti a sé; entrare nella luce della sua comunione con il Padre e con tutti gli uomini. Quel monte irradia il volto di Dio nel volto umano del Figlio!
Il monte della paura è ora il monte della speranza, dell’attesa di quell’umanità amata e redenta da Dio, capace di rialzarsi, capace di abbracciare, anche sulla croce, il fratello.
Abbi il coraggio e l’umiltà di rivolgere a Dio la tua domanda, la tua delusione, la tua rabbia! Lascia che Lui trasformi tutto in preghiera! Abbi il coraggio di farlo nella notte, di prendere con te la notte di altri e di sentire quel seme che muore nella terra, fiducioso. Abbi il coraggio di fermarti, di lasciare che Dio ti conduca fuori: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle …” tale sarà la vita generata nuovamente in te!
È proprio nei momenti in cui gli occhi si appesantiscono per la tristezza che il Signore desidera prenderci con sé, farci partecipi di quello che Lui sta vivendo. Noi possiamo rispondere. Allora la croce si rivela luce, speranza alta nel cielo, forza della fede.
Portiamo sul monte i nostri interrogativi, l’esperienza del vuoto, della chiusura.
Anche a voi giovani chiedo di fare lo stesso. Affidate a Dio le vostre insicurezze, le paure, le scelte che vi preoccupano, le relazioni interrotte. Andate anche voi sul monte con Gesù. Non restate soli. Seguite Lui. Restate da soli con Lui. È Lui che vi cerca! Siete voi a farvi particolarmente presenti nella mia preghiera, i vostri volti mi sono noti e cari. Fidatevi di Dio! Gesù chiama a stare con Lui, a prendere sul serio il cammino con Lui, a scoprire con Lui il desiderio più profondo che ci abita. Dio ha a cuore la vostra libertà, tutta la vostra vita! Non chiede rinunce ma apre il cielo sopra di voi, vi dona le stelle, vi aiuta a chiamarle per nome una ad una, rende ricca la vita. Non edulcora la realtà ma vi aiuta a viverla, ad accoglierla, a darle volto nuovo, a trasformarla con la logica dell’amicizia e dell’amore, in forza dei segni di speranza presenti. Egli vi ha già donato tutto ma avete bisogno del suo sguardo, della sua luce, per riconoscerlo, per ringraziare.
Penso alla mia vita, alla vita dei vescovi, dei sacerdoti, dei laici impegnati: sono sempre più convinto che potremo parlare a voi giovani della speranza, della vita come chiamata ad amare, solo se noi stessi abbiamo chiara davanti a noi la via da percorrere sapendo chi davvero stiamo seguendo, solo se abbiamo accolto quella voce che dalla nube afferma “Ascoltatelo!”, ritrovando Gesù davanti a noi, con noi. Voi giovani, con la vostra presenza, siete provocazione per me, per la Chiesa, al reale rinnovamento e cambiamento! Il Signore attraverso di voi ci chiama a uscire e a volgere il volto alle stelle. Di notte e di giorno!
Cari sacerdoti, cari laici, non ci deve spaventare la nostra incapacità di andare incontro ai giovani. Nemmeno voi, giovani, dovete scandalizzarvi se come Chiesa non riusciamo a dialogare con voi, a cercarvi e a trovarvi come quel pastore che si avventura di notte sulle alture a cercare la pecora che gli manca, senza la quale non riesce a vivere. Ma questa esperienza del limite necessita ora di un passo. Ed è chiesto a tutti. Non ci vergogniamo di provare a contare le stelle! Vedremo sorgere nei nostri occhi e nel cielo una luce, rinascere la parola di un Dio che non ci abbandona, che continua ad accompagnarci; vedremo i nostri volti amati e sentiremo la speranza risorgere nel cuore, i passi aprirsi davanti ai nostri piedi. Abbiate fede in Dio che compie le sue promesse!
Carissimi, il momento più difficile per Gesù, momento della consapevolezza che amare vuol dire esporsi al tradimento, alla morte, alle ferite, all’abbandono, diventa per i discepoli un momento di pace: è bello per noi stare qui! Forse i discepoli capiranno solo dopo la resurrezione che tutta la forza di Gesù, nella sua vita e nella passione e morte, è stata la sua preghiera, cioè il suo rapporto con il Padre, e l’aver condiviso tutto con loro, suoi fratelli. La sua vita sarà ricompresa come luce perché è stata sempre nutrimento per loro, in ogni momento del cammino.
Quale grande amore ci ha dato nel volerci figli e lo siamo realmente! Ci ha dato tutto e ora possiamo vivere della sua vita, della sua parola, della sua promessa … Discepoli nel mondo.
Signore, è possibile la nostra conversione perché tu per primo ti converti a noi. Hai incontrato il nostro sguardo, ci hai donato il tuo volto, la tua preghiera. Per sempre.
† don Mimmo, vostro vescovo