Care sorelle e fratelli,
è con profonda emozione che celebro la mia prima Liturgia qui, in questa chiesa Cattedrale, all’inizio del mio ministero episcopale in questa Diocesi che il Santo Padre Francesco ha voluto affidarmi come Pastore del popolo Santo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti. Appena ieri ho ricevuto l’ordinazione episcopale e mi sono insediato ed oggi condivido con voi la gioia di questo giorno che ci vede riuniti per la Solennità del nostro santo Patrono, Sant’Antonio di Padova, per pregare insieme, ascoltare la Parola di Dio, celebrare l’Eucarestia e fare memoria di un santo cui è legata la nostra Diocesi, Patrono di Cerreto Sannita e della Diocesi tutta. Antonio fu proclamato Patrono di Cerreto Sannita nel 1731. Quest’anno sono 290 anni. Sant’Antonio è un nome di pace, di amore per i poveri, di vicinanza agli ultimi, di guarigione, di speranza. È un nome che parla di Vangelo e di predicazione ed è bello riunirsi, insieme nel suo nome.
Siamo diversi, di età diversa, di condizioni diverse, ma oggi siamo uniti, siamo il popolo di Sant’Antonio.
Essere uniti, sentirsi parte di un corpo è sempre molto importante: pensiamo soltanto alle parole di Gesù quando dice: “In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,19) . È la forza della preghiera comune. La forza del riunirsi nel nome del Signore.
Non importa chi siamo. Ciò che conta è essere popolo di Dio, uniti dalla fede in Gesù. Ciò che conta è scoprire ogni giorno, nella nostra vita, che il Signore ci ha scelti e chiamati per una missione che è per tutti: Annunciate il Vangelo ad ogni creatura. A tutti portate amore e pace nel nome di Dio.
E lo chiede a tutti noi non perché siamo migliori, per i nostri meriti, ma forse proprio perché non abbiamo meriti e non siamo i migliori. Lo spiega bene l’apostolo Paolo, quando dice ai Corinti: “considerate la vostra chiamata fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo Dio lo ha scelto per confondere i sapienti”. Il Signore chiama e tutto è possibile quando le cose si fanno nel suo nome; tutto è possibile perché Lui stesso accompagna e conferma le parole con i prodigi del suo amore. La vocazione di tutti è il servizio, non è il potere o il comando. Nel regno di Dio il più grande è colui che serve! Ricordiamolo sempre!
Ecco, fratelli e sorelle, che cosa ci ricorda la Festa del nostro santo Patrono che nella sua vita si distingueva per il suo essere grande e umile nello stesso tempo, grande predicatore, ma anche uomo del silenzio e della preghiera.
Patrono viene dal latino pater, padre e patronus, protettore. E i santi patroni sono gli amici di Dio che diventano amici degli uomini segno della vicinanza di Dio, porte aperte a cui bussare perché nessuno si senta mai abbandonato o si senta solo. Lo sappiamo, il Lockdown ha fatto crescere la solitudine: quella degli anziani, la solitudine dei bambini, la solitudine dei poveri, ma anche la solitudine di chi, nel bisogno viveva il dramma di non sapere su chi poter contare. Questa solennità che celebriamo è allora una festa proprio per il nostro tempo nel quale davvero in tanti si sentono soli e orfani, vivono la sensazione di non avere nessuno su cui poter contare. A chi si sente solo o orfano Sant’Antonio fa una promessa, una promessa d’amore: Lui è il Patrono, è colui che protegge, è colui a cui poter chiedere, nessuno è mai solo.
A partire da questo comprendiamo meglio le parole del Vangelo ascoltato, quelle che Gesù disse ai suoi discepoli: Proclamate il Vangelo ad ogni creatura, a tutti arrivi la buona notizia del vangelo, che il Signore è risorto e che il suo amore è più forte di ogni male. Per il Vangelo nessuno è estraneo, nessuno è mai straniero. Per il Signore ogni vita è preziosa, un tesoro da custodire.
La vita di Antonio fu una vita fatta di preghiera come segno dell’amore verso Dio, e fu una vita di carità come segno del suo amore per gli uomini. Preghiera e carità sono due tipi di amore strettamente legati e interdipendenti. La vita è preghiera e carità. E anche la predicazione era per Antonio una forma di carità perché Antonio sapeva che la gente era povera di parole buone, di incoraggiamento, povera di fraternità e di amicizia; povera di parole di speranza e di futuro.
Ha detto Papa Francesco: in tante situazioni della vita, infatti, capita di scoraggiarci perché vediamo la debolezza del bene rispetto alla forza del male. E può capitare di scoraggiarsi perché non vediamo frutti da quello che facciamo e le cose sembrano non cambiare mai. Il Vangelo ci dona uno sguardo nuovo su noi e sulla realtà.
Antonio operò molti miracoli e la tradizione ci ha trasmesso quelli che lo hanno reso celebre in tutto il mondo. Tra questi ricordiamo quello dell’uomo avaro al cui funerale partecipò Antonio che urlò di non seppellirne il corpo perché privo di cuore. Fu cosi che i medici, aperto il petto del defunto, constatarono l’assenza di cuore, rinvenuto, più tardi, nella cassaforte dove l’uomo teneva i propri soldi. Sembra una favola eppure quanti hanno il cuore che si preoccupa solo del denaro o del proprio benessere; quanti hanno un cuore chiuso in cassaforte?
Ma forse il miracolo più conosciuto è quello del O ppàne p’’e pezziènte, era appunto il pane donato ai poveri che ci ricorda il miracolo della resurrezione del piccolo Tommasino un bimbo di venti mesi di Padova annegato in una tinozza piena d’acqua. La madre pregò Sant’Antonio promettendogli di dare ai poveri, ogni anno, una quantità di grano corrispondente al peso del suo bimbo. Così il bambino fu riportato dalla madre.
Da quel momento nacque la tradizione del peso del bambino con la quale, i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano al Santo tanto pane quanto era il loro peso. Oggi il pane per motivi di sicurezza non può essere distribuito, ma ieri in piazza abbiamo raccolto offerte per i poveri per dire che il miracolo anche quest’anno c’è stato anche se in forma diversa.
Sant’Antonio continua ad intercedere presso Dio a favore di chi lo invoca con fede e gli chiede aiuto, quale amico speciale del Signore. Ma noi siamo chiamati a vivere anche noi la sua vita sapiente fatta di preghiera e di carità. La Sapienza di Antonio non è per le persone speciali o con capacità particolari: la prima lettura ci ha detto: “Io pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne a me lo spirito della Sapienza.” La Sapienza va chiesta nella preghiera. La Sapienza viene dal Vangelo.
Antonio ci ricorda che nel nome di Gesù tutti possiamo scacciare i demòni della solitudine, della rassegnazione, della indifferenza; tutti possiamo prendere in mano i serpenti, affrontare cioè il male senza paura ma ricchi di speranza; tutti possiamo vivere liberati dal veleno della rabbia, della discordia, della divisione, della separazione, del giudizio, della violenza.
Fratelli e sorelle, gioiamo per questa festa che ci chiama ancora a vivere la nostra vocazione di popolo di Dio che lui si è acquistato per proclamare le sue opere meravigliose. Preghiamo per i nostri anziani, per i nostri malati. Preghiamo per la pace nei tanti paesi feriti dalla guerra. Preghiamo perché non ci siano più profughi ma solo uomini, donne liberi di cercare un futuro umano.
Preghiamo il Signore perché protegga la Chiesa di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti da ogni male, perché ci custodisca nell’unità, nell’amore e nella pace e perché benedica con la sua grazia il cammino che oggi iniziamo insieme.
+ Giuseppe, vescovo