Miei cari figli,
scrivo a voi, in questa prima domenica di Quaresima, ripensando al nostro cammino condiviso, ai miei primi passi da vescovo, alla strada percorsa insieme come comunità diocesana. Vi penso, in questo tempo, in cui sono segnato dall’esperienza dell’isolamento; un tempo sofferto di prova che mi costringe a fermarmi, ma che si fa offerta. Tempo segnato dalla debolezza e dalla spossatezza fisica che mi ha
anche impedito di poter essere tra voi in questo periodo. Tempo in cui anche voi vivete, in qualche modo, la fatica dell’abbandono e la speranza dell’attesa. E sento di poter dire che questo tempo assomiglia molto al deserto, quello stesso deserto che nella fede, ogni anno, ripercorriamo, spesso inconsapevoli dei passi fatti, spesso incapaci di farne altri…
Il nostro essere credenti non è un bigliettino da visita, non è un privilegio come lo sarebbe essere amici di uno che conta, che è stimato da tutti, non è neppure un’aggiunta alla nostra vita, non è un premio, non è un sentirci appagati nella propria fame affettiva o spirituale; è cercare il Signore mentre Lui ci viene incontro, è avere fame e sete di Lui, è avere cura della relazione con Lui, accogliendo la relazione
con l’altro; è attenzione ai dettagli, al perché e al come di gesti e parole; è questione di senso.
Questo tempo, possiamo viverlo come opportunità per assumere un nuovo sguardo sull’essenziale. È Gesù che attrae a sé. Gesù che sulla croce dona tutto se stesso, Gesù vivente, con i segni dei chiodi e delle spine, è il Signore. Su quel crocifisso prendono vita i volti di tanti crocifissi della storia, dei nostri poveri. Su quel volto siamo rimessi in piedi anche noi. Noi. Ciascuno di noi.
È un tempo di grazia, per accogliere lo sguardo d’amore di Dio sulle nostre vite. Fissiamo lo sguardo su Gesù per lasciarci fissare da Lui, per imparare a guardare alla nostra storia come Lui la guarda.
Guardiamo a Lui per sentirlo accanto a noi. Non cediamo il passo alla stanchezza, allo scoraggiamento, al disincanto, alla disperazione. La Quaresima si presenta come tempo di verità e di speranza: è possibile che tutto sia nuovo e diverso perché Dio continua a cercarci e ad amarci. E vuole incontrarci nei nostri deserti, nelle nostre paure, nelle nostre inquietudini. E ci esorta a ricominciare. Sempre.
Ripartiamo da qui. Ripartiamo da quanto abbiamo costruito insieme. Dalla corresponsabilità accolta e donata, per essere Chiesa che cammina realmente insieme; comunità che crede possibile costruire legami di fraternità e attenta al bisogno di chi fa più fatica. Ripartiamo da qui, lontano dai pregiudizi che possono essere di ostacolo alla comunione; lontano dalla paura che paralizza il nostro cuore, la paura di sentirci soli e inadeguati; lontano dalla convinzione di poter bastare a noi stessi e di poter fare a meno di ogni fratello, di ogni sorella. Ripartiamo dal valorizzare quanto abbiamo costruito fino ad ora, dal cammino condiviso tra laici e sacerdoti, da quegli organismi che definiscono ed esprimono il nostro impegno alla corresponsabilità nella Chiesa. Ripartiamo dagli ultimi, dai poveri, i nostri poveri.
Ripartiamo dalla nostra vita per arrivare alla vita dell’altro. Ripartiamo dai passi percorsi per tracciare nuove rotte per il cammino della nostra Chiesa. Impariamo l’arte della cura e della custodia nei confronti dell’amico, ma anche nei confronti di chi ci ha ferito.
Proviamo, insieme, a sentire il bisogno di convertire il nostro sguardo al vero bisogno della gente, quel bisogno per cui Gesù ha scelto di vivere nel modo in cui ha vissuto la sua missione. Sentiamoci tutti invitati ad assumere questo sguardo essenziale sulla fede, sulla vita delle persone, su quanto è tra le nostre mani strumento del nostro vivere. Credo che di questo dobbiamo ringraziare il Signore e credo che, vissuto in comunione con Lui e nel dialogo sincero tra fratelli, questo Tempo di Quaresima possa diventare occasione di profondo e vero rinnovamento del cuore e dell’agire.
Il Signore liberi il nostro sguardo, purifichi i nostri occhi, perché davvero possiamo discernere quanto nel servizio ai fratelli è celebrazione del suo amore, è annuncio del Suo nome che salva. Lasciamoci convertire dalla Sua presenza perché la trasformazione interiore diventi linfa di cambiamenti concreti nel nostro andare incontro all’altro, nei criteri che condividiamo, nelle letture, nei discorsi, nelle piccole e grandi scelte, nelle strutture in cui operiamo.
La Quaresima, con l’immagine del deserto, ha in sé il dono di richiamarci a una interpretazione precisa della vita: la vita come cammino, come attraversamento del deserto. Come a dire che è un’illusione vivere come se le scelte fossero fatte una volta per sempre. Occorre invece, aprire gli occhi e capire che tutta la vita è tempo di deserto e il deserto è il luogo della libertà, ma anche della tentazione; della
fedeltà a Dio, ma anche delle nostre ribellioni; degli avanzamenti, ma anche dei nostri smarrimenti.
Come ha detto papa Francesco nell’omelia di questo Mercoledì delle Ceneri: “Quaresima è discernere dove è orientato il cuore”. È questo il significato nuovo che sembra assumere l’invito che abbiamo ascoltato dal profeta Gioele a “lacerarsi il cuore”. Lacerarsi il cuore per rimettersi in contatto con se stessi, con l’altro e con Dio.
Lacerarsi il cuore per dire no. Dire no a ciò che sembra farmi bene ma che, in realtà, ingabbia la mia vita. Dire no ai gesti e alle parole che feriscono il fratello che ho accanto. Dire no ai falsi idoli che mi allontanano dalla vita in e con Cristo.
Lacerarsi il cuore per dire si. Dire si per imparare a discernere e scegliere il bene, per schierarsi dalla parte della vita; della vita povera, maltrattata, emarginata, dimenticata, fragile. Dire si per riscoprirsi figli e riconoscersi fratelli. Dire si per sentirci, insieme, operatori di misericordia e costruttori di pace.
Lacerarsi il cuore… aprire il cuore… fare spazio… tendere la mano… per avere cura della relazione con se stessi, con l’altro, con Dio.
Ed è questa cura che sento di consegnarvi oggi come impegno concreto per questo Tempo di Quaresima. Cura che si realizza attraverso la preghiera, il digiuno, l’elemosina.
Prendiamoci cura della nostra relazione con il Signore per sperimentare in essa la tenerezza del Padre, quella tenerezza che ci accompagna, ci rende figli e fratelli in questa nostra storia.
Prendiamoci cura del nostro sguardo, imparando a fare spazio alla novità di vita generata dall’incontro con il Signore, perché possiamo avere occhi nuovi su noi stessi e sulle nostre comunità e, con più fiducia, verso il cammino condiviso. Digiuniamo da tutti quei giudizi che ci impediscono di costruire la comunione.
Prendiamoci cura dei nostri gesti di carità e di elemosina, imparando a guardare alla vita del fratello come uno spazio sacro davanti al quale togliersi i sandali; uno spazio sacro da riconoscere e valorizzare eliminando la distanza creata quando tendiamo la mano al nostro fratello guardandolo dall’alto verso il basso, senza comprometterci con lui.
Vi affido questa cura. La cura della strada percorsa. La cura dei volti incontrati. La cura dei sogni coltivati. La cura di quei piccoli semi di bene che, con pazienza e amore, insieme, abbiamo provato a gettare lungo i sentieri della nostra vita, lungo le strade della nostra Chiesa. Abbiate cura di ogni piccolo seme, di ogni dettaglio. E non scoraggiatevi se non vedrete subito i frutti, ma abbiate il coraggio dell’attesa, la speranza dell’attesa; restate fedeli a quel seme, restate fedeli a quel sogno.
Ripartiamo da Gesù: da questa presenza che rassicura i cuori, che rende vivo il nostro sogno, il sogno della nostra Chiesa. Quando tutte le certezze sembrano venire meno, con Lui si apre una nuova via, si apre una possibilità nuova.
Dio ci ama sempre per primo e con questo amore ci incontra e ci chiama. Ci chiama alla sequela, nel segno di una fraternità che genera e rigenera il nostro essere comunità in Gesù. Ci chiama a condividere il desiderio e il sogno di costruire luoghi di fraternità. Nella rinnovata consapevolezza di dover custodire la nostra umanità, nel condividere pienamente la vita di ogni uomo e di ogni donna, nell’apprendere
da ogni incontro l’arte del divenire umani, ci è consegnata la chiave per dischiudere la vita al Vangelo e affermare un’autentica fraternità.
Buon tempo per ripercorrere i passi di Gesù, per imparare da Lui a vivere da risorti.
Buon cammino di Quaresima.
“Signore, dacci sempre il pane del perdono,
dell’affidamento a te, della consegna all’altro.
Donaci questo pane che non muore.
Continua la tua opera in noi.
La nostra azione diventi in questo tempo segno di corresponsabilità
con tutti gli uomini di buona volontà.
Fa’ sentire nelle nostre comunità i confini che si allargano,
le porte delle case che si aprono, la voce del fratello che chiede aiuto.
Sei tu che salvi, non i nostri meriti, non i nostri buoni propositi
che restano sempre buoni propositi e basta, non le nostre opere.
Piuttosto, queste sono frutto della tua comunione donata,
della salvezza accolta, della Parola custodita.
Allora, Signore, ti chiediamo di far rinascere in noi
il desiderio di accompagnare la nostra gente,
come tu hai sentito il desiderio di stare con la folla.
Ti chiediamo di aiutarci a non lasciare indietro nessuno,
soprattutto chi si aspetta da noi una parola, il perdono, la speranza.
Dona unità alle nostre comunità”.
† don Mimmo
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