Nei mille colori di Napoli, un pastore che si farà carico delle speranze

di Giovanni Pio Marenna, nostro corrispondente a Napoli

Da adesso, entrando nella Cattedrale di Napoli, stiamo iniziando a vedere lo strano effetto che fa. Ed è ancora più strano, non essendo un funerale ma un momento gioioso di festa per tutti, entrare in una chiesa per separare le proprie strade da qualcuno. Per “lasciare” che la limpidezza di un’acqua, che ribolle della concretezza di un Vangelo che mette l’uomo al centro e che lungo il suo tragitto ha potuto commettere anche degli errori (come, d’altronde, quelli che può commettere ognuno di noi), si trasferisca in un altro ramo del grande fiume della famiglia umana, per poi sfociare e bagnare altri luoghi di ricchezza di vita e di umanità. Per “lasciare” un vescovo, da ieri sera arcivescovo di Napoli e amministratore apostolico della nostra Diocesi, che tanto s’è speso per i più deboli, esclusi e abbandonati ma non per staccare le mani dall’impronta luminosa che ha gettato. “Lasciare”, essere fisicamente distanti da un vescovo che ha abitato per più di 4 anni, in lungo e in largo con noi, il nostro territorio, non per morire di quegli istanti come una parentesi che si chiude quasi crudelmente, ma per vivere a partire da quegli istanti sognati come puntini sospensivi che aprono all’infinito di nuove possibilità di dolcezza e tenerezza.

Perché la pastorale del prendersi cura delle fragilità, la pastorale dei sogni che diventano segni concreti, deve proseguire il suo cammino. Perché “ogni distanza può essere colmata anche solo da uno sguardo, da una carezza, da un abbraccio”. Istanti, già. Quelli in cui ci siamo immersi innanzitutto negli incontri con le persone che don Mimmo ha vissuto in Calabria. Quelli con cui siamo stati protagonisti di tappeti volanti non utopici, ma possibili che si sono realizzati. Quelli dentro i quali abbiamo gioito, pianto e osato, e soprattutto quegli istanti in cui don Mimmo è stato accanto a chi vive difficoltà. E proprio nelle sabbie mobili di quelle difficoltà, ha ricevuto una continua regola d’incoraggiamento proprio da quelle persone che visitava, le prime a non tirarsi indietro con gli occhi attenti di chi quelle situazioni negative le vuole provare a cambiare. E’ proprio questa la speranza di cui ha parlato ieri sia nell’incontro con le istituzioni, sia durante l’omelia nel corso della celebrazione. Perché è solo la spinta contagiosa della forza e della bellezza della speranza che possono trionfare equità e giustizia nel nome del Vangelo. “Celebrare la speranza – ha detto ieri don Mimmo – significa davvero aprire il cuore e lasciarci raggiungere dalla tenerezza di Dio. Mi piace riconsegnare il sogno di riorganizzare la speranza. Dobbiamo riprenderci la possibilità di sognare assieme”. E l’emergenza Covid, soprattutto in una città come Napoli, ha, purtroppo, ulteriormente aumentato in modo devastante le diseguaglianze, e quindi le povertà.

NAPUL’E’ E UN SOGNO BELLISSIMO. Napoli, con la sua generosità e le sue tante fatiche (che non devono rimanere un luogo comune e retorico, ma ferite da risanare e cicatrici da poter guardare e amare per poter ripartire dalle voci e dai volti di chi deve ritrovare il coraggio di rialzarsi). Napoli, con i suggestivi e vivaci colori dei suoi talenti creativi e con la crudezza di una realtà dura fatta di camorra, droga e disoccupazione che non può essere minimizzata, né trattata con sprezzante e freddo cinismo, ma accompagnata e custodita amorevolmente con tenerezza. Questa Napoli dalle mille risorse e dalle altrettante contraddizioni troverà nel suo nuovo arcivescovo Mimmo un compagno di viaggio, alla ricerca della verità, nel desiderio di una Chiesa che, come ha ripetuto ancora una volta don Mimmo durante l’omelia, “si spogli da ogni legame con forme di potere, compromessi e carrierismi, esca dalle sagrestie a servizio dell’uomo nel nome del Vangelo; una Chiesa che non sfuma le finali per paura del quieto vivere; una Chiesa dalle porte aperte a tutti dove non si celebrano solo i riti ma dove si celebra la vita delle donne e degli uomini; una Chiesa in uscita, libera, fedele al Vangelo, povera, sinodale, una Chiesa in ascolto dello Spirito senza paura di percorrere strade difficili e strette; una Chiesa che sa gioire e condividere, commuoversi e meravigliarsi davanti alle opere di Dio che si realizzano nel quotidiano”. Buon viaggio, don Mimmo, nel cammino verso una Chiesa che per essere credibile, dentro le sofferenze quotidiane dei luoghi, ha il sogno di abbracciare fede e vita. E’ ancora una volta questa la Chiesa che cerca don Mimmo. Per essere, reciprocamente, gli uni l’ala di riserva degli altri. “Benedetti  – era riportato nella preghiera scritta di don Mimmo distribuita tra i banchi – gli uomini e le donne che con semplicità, ogni giorno, racchiudono ogni abbraccio, ogni carezza, ogni sguardo in un unico e bellissimo sogno: la comunione”. Una primavera possibile a Napoli è iniziata.

 

foto: Pasquale Ciambriello