Si scrive sempre “catechesi”, ma si deve leggere per forza di cose in maniera differente, a seconda dei contesti. In quello attuale, ad esempio l’attenzione al mondo digitale e alla globalizzazione, oltre che alle larghe fasce di poveri e migranti, è indispensabile perché l’annuncio cristiano giunga agli uomini e alle donne del nostro tempo. Sono questa alcune delle novità del nuovo Direttorio per la Catechesi, redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, approvato da Papa Francesco il 23 marzo scorso e presentato il 25 giugno 2020 in Sala stampa vaticana, a 23 anni dal Direttorio generale per la catechesi e a 15 anni dal Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, da Mons. Rino Fisichella, Presidente del dicastero vaticano, da monsignor Octavio Ruiz Arenas, Segretario dello stesso Pontificio Consiglio e da monsignor Franz-Peter Tebartz-van Elst, Delegato per la Catechesi del medesimo Pontificio Consiglio.
Il documento sottolinea innanzitutto “che non si fa catechesi per ricevere un sacramento”, ma “per inserirsi progressivamente nella vita della comunità cristiana” e poter dare “anche oggi la nostra testimonianza coerente”. Inoltre, viene separata la catechesi da ogni modello e modalità scolastica: “Come ci sono aula e testo di scuola, si sono aula e testo di catechismo… ma non è così”. Per questo la catechesi va nelle carceri, incontra i migranti, abbraccia le persone disabili e quelle più deboli “perché nessuno sia lasciato solo nel suo cammino di fede”.