“TENDERE LA MANO A TUTTI” – lettera del vescovo Mimmo per la II Domenica di Avvento, 4 dicembre 2016

04-12-2016

Caro Federico,
ho ripercorso con la mente e con il cuore i giorni passati e le parole che ci siamo scambiati ed ho pensato di scrivere a te per questa seconda settimana di Avvento, partendo da quanto ci siamo detti, provando a scavare un po’ di più.
Con la tua riflessione, mi hai riportato indietro nel tempo … come in una passeggiata nella memoria, mi trovo a percorrere le viuzze del mio piccolo paese, strade consumate di ricordi e nostalgia, di immagini di ieri e vita di oggi… è quasi Natale e non posso non ripensare alla gioia dei miei Natali, quando da piccolo, per quelle stesse strade, nelle case, nella mia scuola, respiravo il tepore di una vita fatta in semplicità ed accoglienza. Era un tempo umile: rivedo mio nonno raccogliere con il polpastrello dell’indice le briciole di pane sparse sulla tavola, lo sento ancora dire: “per queste ci vogliono tre chicchi di grano e non vanno perse”. Era il Natale.

Oggi, invece, mi guardo attorno sulle stesse strade e la solitudine che vivo è tanta, la respiro dappertutto, tra le case, tra la gente, per le vie neanche più addobbate a festa… Torno a casa, nella mia stanza. C’è una luce sola, fioca, accesa ad illuminare un’immagine, quella di un crocifisso uguale a quello di S. Damiano. Solo, in silenzio, osservo quella luce, per provare a riscaldare con il suo calore il freddo di solitudini e dolore che incontro, il gelo dei ricordi e della
mia nostalgia. Forse per ricercare il Natale, la luce di una mangiatoia, fioca anche quella, ma capace di illuminare di speranza gli spazi ed i secoli. “La speranza viene a noi vestita di stracci, perché le confezioniamo un abito da festa” … Mi chiedo come, oggi, quella piccola luce possa illuminare e trasfigurare gli stracci delle nostre vite, delle storie che incontro, i mille volti delle persone che ogni giorno rispecchio nel mio volto, le loro fatiche, la loro speranza vestita di stracci … Così, nel conservare nel mio cuore questi volti, quella luce fioca si fa più intensa. Il calore di quella luce accende ancora in me la passione per la vita, per le loro vite; quella luce è il segno del calore di un Dio che si coinvolge nella loro umanità, nella mia umanità, è il Dio con noi.
Quella luce che ormai allontana il buio, Federico caro, fa nuove le cose, le scalda, le illumina, dona loro un nuovo colore, così come la speranza che entra nelle case, nelle storie, nei giorni delle donne e degli uomini di questo nostro tempo. Ed una ad una, rivedo una stilla di quella luce riflessa nelle lacrime che hanno rigato i singoli volti … uno ad uno li riconosco e, non posso, nel silenzio di questa stanza, non ripormi accanto alle loro vite.
Accanto alla vita di Francesco, che piange perché un altro tra i suoi amici è stato ingannato dalla sua stessa truffa, fino ad arrivare alla morte, ingannato da un’overdose che gli è stata fatale; a lui che piange per il suo amico con il quale si era sentito il padrone del mondo, con il quale aveva vissuto l’illusione della roba; a lui che piange perché non ha saputo aiutarlo, che piange perché i suoi genitori hanno perso il secondo figlio, ingannato dall’illusione della sostanza. Accanto a Francesco, prego perché il Dio che viene, lo liberi dalle catene del fallimento, gli restituisca il coraggio, e possa credere che dinanzi a Lui, nessuno è perduto per sempre.
In quelle sue lacrime vedo anche la mia fragilità, e non come un ostacolo, ma come un riflesso di quella luce che chiamo speranza. Perché il bene possibile domani vale più del male di ieri e di oggi. Buon Avvento, perché gli stracci che vestono oggi la sua speranza possano mutarsi in abiti adatti all’impegno, al cammino, alla ricostruzione.
Accanto alla vita di Chiara, che vive ogni giorno come se fosse uguale ad un altro, nell’umana prigione per cui per ogni cosa, ha sempre bisogno che ci sia qualcuno accanto a lei; non ha mai detto mamma, né papà, non ha mai avuto la possibilità di chiamare alcuno con il proprio nome, eppure con il suo sorriso contagia tutti … il suo papà, testimone di questo Avvento, mi ha detto che lei è il dono più bello che Dio ha fatto alla sua vita. Riponendomi accanto alla sua storia, nella quale rivedo i miei tanti limiti, colmo della mia debolezza, prego che Dio, partecipe della sua storia, si chini fino a intrecciare il suo respiro con quello di Chiara e le Sue lacrime con le sue. I panni che ricoprono la sedia da cui non può alzarsi, nemmeno per celebrare i suoi diciotto anni appena compiuti, sono gli stracci di cui la sua speranza è abbigliata, sono i paramenti sacri da profeta che parla con il suo sorriso e, attraverso il silenzio, con le parole mute di quel Bambino nella mangiatoia.
Da lei ho imparato che gli archivi di Dio sono pieni di lacrime, raccolte una ad una, e che quelle lacrime sono i tesori di Dio. Buon Avvento, perché la terra del suo respiro non si illumini più della luce oscura della nostra rabbia ma splenda del sole della speranza; il dolore, che è il luogo della nostra impotenza, non diventi mai motivo di disperazione ma abbandono fiducioso nelle mani di un Dio che nel Natale rivela il volto dell’amore.
Accanto a Veronica e Claudio, che vivono oggi nell’attesa di una vita che sta per nascere, frutto del loro amore; sento l’emozione di un’attesa che è gioia ma anche trepidazione, memore del giorno del loro “si”, il giorno di una promessa che si perpetua attraverso una nuova vita che sta per venire.
Mi ripongo accanto a loro che già si sentono coinvolti nel mistero dell’attesa, loro che sono il riflesso della celebrazione nuziale di Dio che prende in sposa l’umanità, e già nutrono di sogni e di amore la loro creatura. Buon Avvento, che venga Gesù a vivere nel luogo del loro amore, li trovi pronti a renderlo vivo dinanzi a questo mondo, a incarnarsi ancora in tutte le nostre case, nelle nostre strade, nelle mura di questa nostra città. Dio viene come un bambino, non fa paura, si affida alle nostre mani, vive solo se qualcuno lo ama. Gli stracci della loro speranza siano ancora il “si” a difesa della vita, a protezione della vita, per amore della vita. Ogni vita!!!
Perché chi viene alla luce, illumina.
Accanto alla vita di Romina, educatrice della mia comunità, che vive ogni giorno nella fatica di chi è in cammino, contrariata dalle mille storture che incontra nella sua giornata, affannata da un bisogno di coerenza e di semplicità; accanto a lei, educatrice nel lavoro, madre nella vita, mi pongo e chiedo al Dio che viene che possa darle sempre la gioia dello stupore, lo spirito del bambino pronto a credere; lei, madre, ad imitazione del suo piccolo William.
Gli stracci di cui la sua speranza è vestita sono gli abiti consumati nella fatica del credere ogni giorno nelle resurrezioni possibili dei ragazzi, nella logorante scommessa sul futuro di chi crede che l’uomo non coincide con i suoi sbagli, che la sua vita non equivale ai suoi fallimenti, né con le sue fratture. Sono abiti rivestiti di dignità, sono gli ornamenti di una speranza condivisa, che è dar credito all’altro, in base non al suo passato, ma al suo futuro. È la logica della rinascita in Dio, non un tribunale che emana sentenze, né di assoluzione né di condanna, ma un grembo di madre dove si rinasce e si riparte con un cuore nuovo. Buon cammino a te, perché sai bene che la speranza è un passo in più. Un metro in più. Andare un po’ oltre. E’ la bellezza del Figlio di Dio quando dice: d’ora in avanti va’, e non arrenderti, non tornare indietro.
Accanto a loro ed accanto ad ogni persona della nostra comunità diocesana che sto scoprendo, incontrando, ascoltando, accarezzando, Federico, raccolgo, come mio nonno, briciole di dignità, di fatica, di speranza: per queste ci vogliono diversi chicchi di grano. Anche Betlemme vuol dire “terra del pane”: per arrivare ad essere pane c’è un lungo cammino da compiere, un lavoro duro in cui si eliminano cortecce, involucri e gusci protettivi finché non appaia il buono nascosto di ogni cuore. Spiga dentro la paglia, chicco dentro la spiga, farina dentro il chicco. Al buono di ciascuno Dio arriverà! E davanti a quella luce scopro che la speranza cambia nome e diventa perseveranza, coraggio, resistenza. Dopo che avrò toccato quel crocifisso, posta ai suoi piedi la mia preghiera, costruita sulle speranze di ogni persona che fa parte della mia vita, voglio tendere la mano a tutti, certo che nessuno tirerà la sua indietro. Solo così sarà davvero Natale.

Cerreto Sannita, 01 dicembre 2016

+ don Mimmo, tuo Vescovo