“Duc in altum! Plenum con i sacerdoti diocesani

Incontro del vescovo Giuseppe con i sacerdoti, Aula Magna del Seminario diocesano.
28-09-2021

“Duc in altum!” disse Gesù a Pietro sulle rive del lago di Galilea. In questo tempo nuovo che si apre davanti a noi, il tempo di un dopo pandemia che si sta delineando anche se ancora incerto, vogliamo sentire per noi queste parole di Gesù, Duc in altum: Chiesa di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti prendi il largo, non restare ferma negli orizzonti in cui ci ha confinato la pandemia, non restare confinata negli orizzonti di sempre del prima della pandemia, non rimanere prigioniera di abitudini: prendi il largo, alza le vele per farti portare dove lo Spirito chiede. Abitudini, pigrizia, rassegnazione, tristezza, possono diventare zavorra che spingono a non uscire fuori dove il Signore chiede ed attende. Tutti dobbiamo “prendere il largo”. Questo richiede una decisione chiara e un impegno nuovo. Restare fermi è una tentazione sottile e, quindi, più pericolosa. È facile per i sacerdoti pensare che si fa già tanto; e è anche vero che si lavora davvero molto. Ed è altrettanto facile per i fedeli, presi dai ritmi della vita, nascondersi dietro la pigrizia che ha preso la vita di tanti, soprattutto con la pandemia.

“Cosa posso fare di più ?” Rispose così anche il giovane ricco: “Ho sempre osservato tutte queste cose” (Mt 19,20). Ma Gesù chiedeva di andare oltre. Quel giovane, invece, convinto di aver fatto tutto scelse di restare com’era, e se ne andò via triste. Ma questo tempo che abbiamo vissuto, non trovi una chiesa spenta,  una Chiesa triste, perché convinta di aver fatto tutto il possibile o rassegnata perché di fronte ad una società diversa, difficile, smarrita, disincantata. Ecco perché sentiamo oggi “Duc in altum!”

Io credo che questo tempo nel quale siamo entrati, che abbiamo iniziato, non è solo un cambio di calendario; è soprattutto una vocazione, una chiamata. Questo tempo  ha bisogno di ricevere il Vangelo e il Signore ci chiama a gettare con abbondanza il seme della Sua Parola perché il nuovo tempo riceva una energia nuova di pace, di amore, di solidarietà, di futuro e di speranza. Non importa perciò se sino ad ora abbiamo “faticato tutta la notte senza aver preso nulla”, come rispose Pietro; ma neppure è più sufficiente dire che in fondo, come sempre, stiamo facendo il nostro dovere, che abbiamo portato avanti il nostro lavoro. Il Vangelo ci esorta a ripetere con Pietro: “Sulla tua parola getterò le reti!” E noi, con obbedienza umile ma decisa, le reti, le gettiamo. E le gettiamo a partire dalla Messa della Domenica.

Vogliamo partire da questo che è il nostro specifico. La messa è il cuore della nostra vocazione, è il motivo per cui siamo diventati preti. Uomini della liturgia, discepoli che preparano la mensa per sé e per tutti gli invitati alla mensa del Signore.

Papa Francesco ha invitato tutta la Chiesa a interrogarsi sulla sinodalità: un tema decisivo per la vita e la missione della Chiesa. Ne terremo conto in quest’anno che si apre davanti a noi, convinto che la sinodalità non è solo una strategia pastorale, o una organizzazione diversa delle cose di sempre, ma Sinodalità, alla luce del vangelo è e deve essere soprattutto fraternità che si fa azione comune. La fraternità è il presupposto di ogni azione pastorale senza la quale diventiamo operatori anche bravi, ma operatori. Ma noi non siamo operatori, noi siamo fratelli, uniti nell’unico sacerdozio che è quello di Cristo. Forse siamo ancora troppo condizionati dai rapporti umani, da simpatie, antipatie, giudizi, pregiudizi, ma noi siamo fratelli in Cristo. Lo siamo certo attraverso il Battesimo, lo siamo ancora di più per il dono del sacerdozio.

Duc in altum: Quest’anno ci fermeremo sulla Liturgia Eucaristica domenicale non come un aspetto, certamente importante ma parziale, della vita della nostra Chiesa diocesana. No, l’Eucaristica domenicale costituisce il cuore stesso della nostra Chiesa: è ciò che la fa vivere e che le da forza; è ciò che le da gioia e che la sostiene nella testimonianza del Vangelo; è ciò che la forma come famiglia e che le permette di essere l’anima della società. Il dopo pandemia credo ci chiede di recuperare, di far brillare la liturgia della Domenica come momento di festa e di gioia di una Comunità che si raccoglie attorno alla mensa del Signore. Una Comunità, non tanti individui che entrano tali e che escono tali. La liturgia della domenica è dono di Dio che si ribella al nostro individualismo, non lo accetta e che quindi non rinuncia a raccoglierci perché impariamo ad essere una famiglia, parte del popolo di Dio. Non individui, ma persone che si sentono uniti gli uni agli altri. Vogliamo “prendere il largo” a partire dalla Liturgia Eucaristica domenicale. E sappiamo bene di non partire a vuoto e alla cieca. L’evangelista Luca, subito dopo la risposta di Pietro, nota: “e avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano”. Questa certezza che ci viene dal Vangelo è la nostra forza.

“Prendere il largo” non vuol dire, ovviamente, partire da zero. La nostra Chiesa diocesana con i miei predecessori, ultimo il nostro caro don Mimmo, che in ogni occasione sempre ringrazio per tutto quanto fatto e seminato prima di me, sempre ha compiuto un notevole cammino alla luce del Concilio vaticano II. E il mio pensiero, in modo particolare va, pieno di gratitudine, ai nostri vescovi che hanno vissuto e accolto il Concilio. In particolare a Mons. Leonardo, vescovo dal 1957 al 1991 che ha vissuto il tempo del Concilio ed il post-concilio con le sfide di una novità che ha fatto fatica all’inizio ad essere accolta. Ma poi dopo di lui Mons. Paciello, Mons. De Rosa, Mons. Battaglia. Soprattutto all’inizio si trattò di un difficile e doloro passaggio da una tradizione secolare al nuovo che il Concilio chiedeva. Nella Chiesa di Napoli da cui provengo, ci fu una vera e propria emorragia di sacerdoti che lasciarono.

Come non ricordare però anche tutti i sacerdoti che, con zelo e fedeltà alla celebrazione eucaristica, hanno trasmesso il mistero della Eucarestia di generazione in generazione? La loro memoria sia di benedizione per il nostro cammino.

Coloro che ricordano com’era la Messa prima del  Concilio Vaticano II sanno bene quanta strada sia stata fatta. E tuttavia molta ne resta ancora da fare per gustare e vivere appieno il dono che la Liturgia rappresenta per la comunità cristiana.

La Costituzione sulla Liturgia emanata dal Vaticano II, la Sacrosanctum Concilium, fu il primo documento firmato dai Padri conciliari, quasi segno di una priorità che lo Spirito mise nel cuore dei Padri Conciliari. Questo documento conciliare sarà l’orizzonte nel quale si inseriranno queste nostre riflessioni.

Ci troveremo ad approfondire il senso della festa e della liturgia, della celebrazione comunitaria attorno alla mensa della Parola e dell’Eucarestia, del cammino di fede costituito dall’anno liturgico E ancora: “L’Eucarestia nel Giorno del Signore resta l’antidoto più naturale alla dispersione” e “il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata”.

Guardiamo le nostre celebrazioni domenicali. Rispondono a questo ideale? Ogni parrocchia e comunità conosce le proprie, o meglio, ciascuno conosce la sua Messa. La pandemia ha rallentato  la partecipazione dei fedeli all’eucarestia domenicale e reso problematica ogni attività pastorale. Non metto in dubbio che da molte parti questo possa essere vero e che il protrarsi dell’emergenza sanitaria ci metta a dura prova. Mi chiedo però quanto serva insistere con le lamentazioni o se non serva, piuttosto, ricominciare a fare con cura le cose che contano. Rimettere al centro le poche cose che valgano veramente. Togliere l’inutile ed accudire l’essenziale.

Che vuol dire cura liturgica (che non è estetismo), predicazione accurata (che non è moralismo), vicinanza alle persone (che non è verbalismo).

Una comunità cristiana non preoccupata dei numeri, piuttosto preoccupata, più che di sé, di seguire la verità del Vangelo che sta sempre davanti. Non dietro o, peggio, in tasca. Mi torna spesso alla mente il Vangelo secondo Matteo di Pasolini: Cristo in questo splendido film è ripreso spesso di spalle. È lui che cammina avanti. Anche in questo tempo. Tempo di semina e di grazia. Nonostante tutto. Nonostante noi.

La nostra Chiesa diocesana non è certo l’unica in Italia a registrare livelli molto bassi di “praticanti regolari”, ma pur essendo bassa la partecipazione, è molto alto il livello di identificazione religiosa: la maggioranza si dichiara comunque cattolica. Questo porta a dire che il nostro cattolicesimo è un cattolicesimo a larga diffusione ma a bassa intensità: insomma, la grande maggioranza si professa cattolica ma solo pochi partecipano alla Messa domenicale.

In questo anno pastorale in tutte le parrocchie, nei gruppi, nei movimenti, negli istituti religiosi, in tutti i luoghi di culto, vorrei si aprisse  un grande e prolungato “esame di coscienza” sulle Messe della Domenica. È molto  ancora radicato il senso devozionale e individuale della Messa domenicale, che va a scapito di una concezione comunitaria; una  concezione privatistica della liturgia. È necessario che la Messa sia una vera esperienza di incontro con Dio e con i fratelli. Ovviamente non è solo questione di riorganizzare i riti e di abbellire i luoghi, cose peraltro urgenti e necessarie, ma di rinnovare nella nostra vita il senso vero della Liturgia Eucaristica domenicale per la propria vita e per quella dell’intera comunità. La posta in gioco, infatti, è alta: ne è della santità stessa di ciascun credente e della stessa comunità diocesana. E, mi permetto di aggiungere, anche della salvezza delle nostre città.

La Liturgia Eucaristica della Domenica non è una delle pratiche di pietà personali. È molto, molto di più: è la fonte della santità e della salvezza per i credenti e per il mondo. Vogliamo essere un popolo che prega incessantemente, un popolo che fa della Liturgia Eucaristica il luogo prioritario della sua crescita spirituale ed umana. Non temo di esagerare affermando che la santità della Chiesa di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti (e di ciascuno di noi), e la salvezza della nostra terra, si giocano a partire dalla Liturgia Eucaristica domenicale.

Credo si possa dire, pertanto, che la Messa domenicale resta il cuore della nostra Chiesa e della nostra terra. Tutte le nostre attività pastorali confluiscono nella messa della Domenica.

La vita triste e a volte violenta delle nostre terre è legata anche all’assenza o alla fiacchezza delle Messe domenicali. Tutti abbiamo bisogno del giorno della risurrezione, del giorno della festa, del giorno dell’amicizia e del perdono, del giorno in cui è possibile vedere le “primizie dello Spirito”. L’apostolo Paolo parla di tutta la creazione che “geme e soffre nelle doglie del parto”(Rm 8,22). Ebbene, la Liturgia Eucaristica domenicale è ciò che maggiormente mostra alla nostra terra la “presenza di Dio”, ciò che maggiormente le rivela il “senso di Dio” e, di conseguenza, ciò che con più vigore la spinge ad essere una “terra nuova”.

Una  Domenica scialba, come tante volte sono le nostre Domeniche, sbiadisce la gioia e mostra una Chiesa fiacca e avara che non è fermento di vita nuova.

Si potrebbe tuttavia affermare che, nonostante le nostre manchevolezze, la Liturgia Eucaristica domenicale continua la sua opera di redenzione del mondo, un po’ come quel seme – di cui parla il Vangelo – il quale, una volta gettato dal padrone nel campo, opera sia che noi vegliamo sia che noi dormiamo (Mc 4,26). Un autore russo, forse pensava proprio a questo, quando scriveva della celebrazione della Eucaristia nella sua terra: “se la società non è ancora totalmente sgretolata, se gli uomini non nutrono ancora un odio assoluto gli uni per gli altri, la causa segreta di ciò è la celebrazione dell’Eucarestia”.

E allora quest’anno che si apre davanti a noi chiedo a tutti di vivere questa tensione del cuore: non si tratta di fare qualcosa in più, ma di ricomprendere meglio quello che già facciamo.

Ci soffermeremo allora nei nostri incontri mensili, da un lato ad approfondire il cammino sulla sinodalità che la chiesa universale vivrà, ma poi ci soffermeremo volta per volta sui vari aspetti della liturgia: i canti, la predicazione, l’accoglienza, le letture, i silenzi, il raccoglimento…

…E adesso se ci sono domande da fare…

† Giuseppe, vescovo