Santissima Trinità

Chiesa Cattedrale, Cerreto Sannita (BN)
12-06-2022

Cari fratelli e care sorelle, celebriamo oggi, alla Vigilia della Festa del nostro Santo Patrono, la Solennità della SS.ma Trinità a cui è dedicata questa nostra Cattedrale: Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone, un solo Dio. Lo sappiamo perché ce lo ha detto Gesù, altrimenti non avremmo mai potuto capirlo. Dio è uno e tre persone contemporaneamente. Che ricchezza di amore. Saluto con affetto i sacerdoti presenti: don Antonio, don Giuseppe, don Pasquale.

La Pentecoste celebrata domenica scorsa ci ha ricordato che un   tempo di grazia si è aperto su di noi, benedetto dal dono dello Spirito che è l’amore di Dio. È un dono di cui c’è un grande bisogno. In questo tempo di incertezza e smarrimento c’è infatti un grande bisogno di quella Sapienza di cui ci ha parlato la prima Lettura, di una parola che ci aiuti ad orientare la vita verso quello che vale, per non vivere come dice l’apostolo paolo “come fanciulli in balia delle onde, trasportati di qua e di là da qualsiasi vento di dottrina”. Chiedete e vi sarà dato cercate e troverete bussate e vi sarà aperto leggiamo nel Vangelo di Matteo. La Sapienza va chiesta, il Signore va cercato bisogna bussare alla sua porta perché egli possa manifestarsi con la forza amorevole della sua presenza. Mai accontentarsi di quello che siamo né di ciò che facciamo ma nella Sapienza della Parola di Dio troveremo le risposte vere per la nostra vita e per il mondo. Il Vangelo ascoltato è una parte del lungo discorso di addio, pronunciato da Gesù, nell’ultima cena. Gesù vuole assicurare ai suoi che non li abbandonerà, perché sarà lo Spirito a continuare nella vita dei discepoli la missione di Gesù, quella che il Padre gli aveva affidato.

Lo Spirito non parlerà di dottrine nuove, ma aiuterà a una piena comprensione di tutto ciò che il Figlio ha udito dal Padre e che ha fatto conoscere ai discepoli. Dio è amore, l’unione tra il Padre e il Figlio è una realtà di amore che chiamiamo Spirito santo. Non è qualcosa di incomprensibile; in maniera imperfetta lo sperimentiamo anche noi quando due o più persone si vogliono bene, si amano, si aiutano; in qualche modo, anche se imperfetto, diventano una sola cosa.

Dio è comunione ed egli chiama noi, suoi figli ad entrare in questa comunione. E ogni momento di comunione, ogni spazio in cui si fa comunione, si vive la comunione, in qualche modo ci rende partecipi della vita stessa di Dio che è comunione.

Dio ci ha creato a sua immagine, come leggiamo nel libro della Genesi: «Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza … Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,26-27). Questa immagine viene deturpata quando viviamo nella divisione, nell’indifferenza vicendevole, quando facciamo spazio alla contrapposizione, quando ci chiudiamo in noi stessi, quando discriminiamo o escludiamo gli altri dalla nostra vita.

E Dio ci manda il suo Figlio per darci la possibilità di ricostruire questa comunione. Gesù viene a manifestarci l’amore di Dio; le sue parole, i suoi gesti, i suoi rapporti ci mostrano la vita stessa di Dio. Una vita che Gesù ci invita a vivere assieme a Lui. Quando aiutiamo i bambini a vivere insieme, senza fare differenze e senza esclusioni, noi vediamo la comunione, facciamo comunione. E così con gli anziani, con gli stranieri: quando non lasciamo che gli anziani restino soli noi operiamo perché non si interrompa la comunione; quando accogliamo gli stranieri, quando insegniamo a comunicare con la nostra lingua, noi operiamo per la comunione.

Nella liturgia noi impariamo la comunione, la pratichiamo, anche se in modo imperfetto. Dobbiamo ancora imparare a riconoscerci fratelli e sorelle, coltivare i rapporti che si radicano in questo essere figli dello stesso Dio, tutti creati a immagine e somiglianza di Dio. La guerra, le lotte, gli scontri, le accuse vicendevoli vanno nella direzione radicalmente opposta alla comunione.

In ciascuno di noi ci sono stimoli, forze interiori che ci spingono l’uno verso l’altro. Ma purtroppo ci sono anche forze che ci spingono alla contrapposizione. Ma il Signore, se noi invochiamo la sua forza di amore, egli ce le dona, ci ascolta e ci risponde. E qui pensiamo allo spazio della preghiera nelle nostre giornate. Senza preghiera è come restare con le sole nostre forze che sono ambivalenti. Gesù come uomo sentiva il bisogno quotidiano della preghiera per rimanere intimamente legato a quella comunione del Padre e del Figlio, nello Spirito Santo.

Moltiplichiamo gli spazi di incontro, di ascolto, di accoglienza, di vicinanza, di aiuto fraterno: sono spazi che fanno crescere la comunione, che manifestano la nostra identità di figli e di fratelli e sorelle. È vero che siamo fragili, che siamo attaccati alle nostre abitudini; ma il Signore con pazienza non ci lascia soli, ci parla, ci riunisce, ci invita a tessere tanti fili di amicizia che danno gioia, che ci fanno camminare insieme.

Il Dio cristiano, come ci dice l’apostolo Giovanni, non è potenza e forza, ma è amore, e l’amore non può esistere senza l’atro. È questa la sua essenza: essere con l’altro. Per questo le persone della trinità sono tre: diverse ma insieme, unite da un vincolo di amore.  Nella vita di Dio quello che conta sono i legami tra le tre persone. Per questo nella nostra vita quello che conta veramente sono i legami che sappiamo vivere e costruire.

Se hai creato legami, se hai procurato gioia a qualcuno, stai vivendo l’amore trinitario di Dio e stai vivendo un cristianesimo felice perché fondato non sul dovere ma sull’amore.

Ateo è chi non crea legami, comunione, accoglienza. Chi diffonde gelo attorno a sé. «Se vedi l’amore, vedi la Trinità» (sant’Agostino).

Allora capiamo perché la solitudine ci pesa tanto e ci fa paura: perché è contro la nostra natura. Allora capiamo perché quando siamo con chi ci vuole bene, quando accogliamo e siamo accolti da qualcuno, stiamo così bene: perché realizziamo la nostra vocazione.

Per stare insieme non bisogna essere uguali, avere lo stesso colore della pelle, essere della stessa religione, avere lo stesso carattere o pensarla allo stesso modo. C’è bisogno di cuori pieni di amore.

L’apostolo Paolo ricorda oggi che: “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Sì a Pentecoste ci viene donato quell’amore totale e tutto rivolto all’altro. Eppure tanti allo Spirito di amore ed unità di Dio hanno preferito lo spirito di divisione che sta alla radice della tanta violenza che segna il mondo di oggi. La radice della guerra, dell’odio, della divisione nella società, dell’essere gli uni contro gli altri.

Infatti, fratelli e sorelle, ogni gesto che esclude e allontana un fratello o una sorella, perché disprezzato, antipatico, nemico e semplicemente perché estraneo è una negazione dello Spirito Santo. Il cristianesimo felice è fatto di persone che vivono e operano insieme in una comunione, fatta di parole e segni comuni, con legami personali amichevoli e affettuosi. E che vogliono rendere felici gli altri.

Il Diavolo ci sconsiglia, semina diffidenza e paura perché non vuole che l’amore di Dio si diffonda nel mondo, che la Trinità regni in mezzo agli uomini. “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” dice Gesù nel vangelo di Giovanni, accogliamo dunque lo Spirito di amore che ci viene dal Vangelo ed egli ci guiderà alla verità tutta intera che è l’amore di Dio Trinità. La Vergine Maria, nella sua umiltà, ha accolto la volontà del Padre e ha concepito il Figlio per opera dello Spirito Santo. Ci aiuti Lei, luce della Trinità, a rafforzare la nostra fede nel Mistero trinitario e a viverla con scelte e atteggiamenti di amore e di unità.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo