Festa di San Sebastiano m. e ricordo a 13 anni dalla morte di Mons. Quarto Michele Sordillo

Chiesa "Maria SS. Assunta", fraz. Bagnoli di Sant’Agata de’ Goti (BN)
20-01-2022

Care sorelle e cari fratelli, è molto bello per me essere qui stasera nell’occasione della festa di San Sebastiano e lo è ancora di più perché, a distanza di 13 anni vogliamo rinnovare il nostro affetto e la nostra gratitudine verso il caro parroco don Michele Sordillo.

Grazie a don Andrea, ho conosciuto la figura di don Michele Sordillo: il suo animo nobile e gentile, il suo carattere forte ma allo stesso tempo docile e laborioso, il suo senso di giustizia, l’attenzione agli ultimi. Insieme a lui ricordiamo la sua famiglia che tanto ha fatto per la crescita di questa comunità parrocchiale.

È bello ricordare queste figure in occasione della ricorrenza di San Sebastiano. È bello perché questo ci aiuta a vedere come, persone semplice come don Michele, nel corso della loro vita, si sono ispirate alla vita dei Santi per poter sempre più operare secondo le logiche del cielo consapevoli che l’amore dato resta in eterno.

Cari amici, da sempre, nel corso dei secoli, l’umanità è stata colpita ed afflitta da epidemie dalle quali non sempre è riuscita a difendersi in modo efficaci. Colera, peste, vaiolo, hanno afflitto la nostra Europa. Un terzo della popolazione europea scomparve con la peste a fine 800. Certo prima non c’erano le medicine di oggi; ci si difendeva come si poteva e la preghiera rivolta ai protettori celesti era spesso l’unico modo per difendersi. Per gli dei pagani magari si offrivano sacrifici di animali.

Per i cristiani si chiedeva con forza e fiducia l’intercessione dei santi. Tradizionalmente ci si rivolgeva alla vergine e al crocifisso, come anche ad alcuni santi considerati speciali San Sebastiano, San Rocco, San Michele arcangelo, Santa Rita. San Sebastiano nei secoli è stato invocato come protettore contro le epidemie e le pestilenze, poi, come militare e servitore dello stato è diventato anche il patrono della Polizia Municipale. Oggi lo invochiamo perché ci doni di uscire presto dal tunnel della pandemia.

Cari amici, all’inizio di quest’anno ancora segnato dal dramma del coronavirus, abbiamo bisogno di ricentrare il nostro sguardo sull’essenziale. Abbiamo capito meglio che la famiglia è essenziale, che gli affetti sono essenziali, che aiutarsi gli uni con gli altri è essenziale, ma soprattutto dobbiamo comprendere che Gesù è l’essenziale, perché ci ricorda una cosa che troppe volte dimentichiamo: che siamo amati sempre, che gratuitamente abbiamo ricevuto il suo amore, il suo perdono e la sua misericordia e gratuitamente dobbiamo donarlo a chi incontriamo pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi come ci ha ricordato l’apostolo Paolo; vivendo come dice l’apostolo con dolcezza e rispetto così che, chiunque parla male di noi, sappia che si sta giudicando da solo per quello che dice.

San Sebastiano, nato e cresciuto a Milano nel III secolo, da padre francese e madre milanese, sin da bambino fu educato cristianamente. Nel 270 si trasferì a Roma dove intraprese la carriera militare, fino a diventare tribuno della guardia imperiale. Era stimato dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano. Grazie al suo ruolo diede aiuti ai cristiani perseguitati e fece opera di conversione di militari e nobili della corte.

Determinante per Sebastiano fu l’arresto di due fratelli cristiani Marco e Marcelliano. In carcere stavano per essere vinti dalla paura, rinnegando il Signore, quando intervenne Sebastiano che riuscì a convincerli a perseverare nella fede. All’improvviso comparse una straordinaria luce che fu vista tra gli altri da Zoe, moglie del capo della cancelleria imperiale, che era muta da sei anni. La donna si inginocchiò davanti a Sebastiano, che le restituì la voce. Tutti in seguito subirono il martirio.

Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle frecce. Legato ad un palo fu colpito da molte frecce. Ritenendolo morto, il suo corpo fu abbandonato sul luogo per diventare pasto per gli animali selvatici. Ma una nobile donna, Irene, si accorse che era vivo e lo ricoverò e lo curò nella sua casa. Sebastiano riuscì a guarire e, contro il parere di tutti, andò a proclamare la sua fede a Diocleziano. L’imperatore ordinò che fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. Sebastiano apparve in sogno ad una nobile donna, Lucina, indicandole il luogo dov’era il cadavere e chiedendole di seppellirlo nel luogo delle catacombe, oggi dette di San Sebastiano.

Sebastiano, divenne molto popolare, anche perché si attribuì alla sua intercessione, la fine di una grave pestilenza che aveva colpito Roma nel 680. È considerato il terzo patrono di Roma, dopo i due apostoli Pietro e Paolo.

Cari amici, Gesù raggiunge gli uomini, ciascuno di noi, ovunque. Noi siamo chiamati dalla Parola di Dio, che ci invita a seguirlo con una vita pacificata e generosa, impegnata e accogliente; e riscoprendo l’amore, che non spiega, ma guarisce. Gesù passa e riaccende la vita. Molta gente, cammina nelle tenebre. Sono le tenebre della pandemia, di chi ha perso il posto di lavoro, l’angoscia di chi non riesce a procurarlo a sé ed ai figli, una malattia seria, un lutto improvviso, la solitudine, sono tutte tenebre nelle quali ci si trova improvvisamente e non si sa come venirne fuori. La salvezza è nella luce. Ripensando a san Sebastiano, sono note le parole con cui sant’Ambrogio lo esaltava: “È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio (At 14, 22). Ciascuno può avvertire come, di fronte alla tribolazione o alla ostilità, possa insinuarsi la rassegnazione che “tutto è inutile”, e “non vale la pena darsi da fare”. Di fronte alla tribolazione c’è chi sperimenta la propria vulnerabilità, la propria fragilità a resistere al male. Sembra quasi meglio allora lasciare perdere! Sebastiano è testimone del “resistere”, già dentro di noi, a quegli scoraggiamenti che indeboliscono la volontà buona che è dentro di noi.

Proprio così: forte è colui che resiste al male, perché non rinuncia a fare il bene, anche quando diventa difficile. Grande coraggio Sebastiano lo avrà trovato nelle parole di Gesù appena ascoltate: E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.

Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!”

Non abbiate paura, non abbiate timore disse Gesù ai suoi discepoli, sono con voi sempre. Che queste parole diano coraggio anche a noi fratelli e sorelle in questo tempo in cui il coronavirus sembra minacciare la nostra vita così come fu minacciata la vita di Sebastiano. Il contrario della paura infatti non è il coraggio, ma la fede. E avere fede significa diffondere bene ed amore attorno a noi. Facciamo il bene, sempre e a tutti.

Con le parole del salmo 33 abbiamo pregato: “Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni paura mi ha liberato. Guardate a Lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Questo povero grida ed il Signore lo ascolta, lo livera da tutte le sue angosce”. Nutriamo allora la nostra fede con la Parola di Dio e impareremo a guardare la vita, gli altri, con lo sguardo di Dio, sempre pieno di futuro e di speranza, così anche il nostro lavoro, il nostro quotidiano diventerà una benedizione per le nostre famiglie, per il paese dove viviamo, per tutti i deboli ed i poveri che incontriamo.

E così sia per sempre.

† Giuseppe, vescovo