Memoria liturgica di Santa Maria Cristina Brando, Fondatrice delle Suore vittime espiatrici di Gesù Sacramentato

Chiesa "San Michele Arcangelo", Amorosi (BN)
20-01-2022

Care sorelle e cari fratelli, oggi 20 gennaio, memoria liturgica di Santa Maria Cristina Brando fondatrice dell’ordine delle suore vittime espiatrici di Gesù sacramentato, ci ritroviamo insieme per ringraziare il Signore per il dono di questo carisma che, donato a Maria Cristina, ancora oggi, si diffonde ed illumina con la luce dell’amore, la vita di tanti piccoli, a cui lei aveva dedicato la sua vita e che, attraverso la congregazione, continua ad illuminare la vita di tanti.

Saluto con affetto Don Marino, saluto le Suore della Congregazione qui presenti, saluto il nostro caro Sindaco, saluto tutti.

Maria Cristina brando è stata proclamata Santa da Papa Francesco il 17 maggio del 2015 a piazza San Pietro, insieme ad altre tre suore di cui due suore palestinesi. Maria Cristina al secolo Adelaide, nacque nel 1856 da una famiglia agiata – suo padre era un dirigente del banco di Napoli – e, scegliendo la vita claustrale perché attirata da una vita di preghiera, entrò molto giovane in monastero, prima tra le clarisse di Chiara, e poi nelle Sacramentine di San Giuseppe dei Ruffi. Dopo avere lasciato la vita monastica per motivi di salute, si trasferì a Casoria nel 1884 dove fondò la sua congregazione. L’istituto da lei fondato a Casoria si è, nel tempo, si è diffuso in Italia e all’estero; solo nella nostra Diocesi abbiamo 4 case. Morì a soli 50 anni, nel 1906, ed è stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II nel 2003, Santa con Papa Francesco nel 2015 e, dopo Giulia Salzano e padre Ludovico, è la terza Santa di Casoria, che è diventata Terra dei Santi. Le sono stati attribuiti alcuni miracoli: uno dei confronti di una donna filippina affetta da una gravissima malattia e, un altro nei confronti di una donna di questo paese, Maria Angela di Mauro, che non riusciva ad avere figli e che, per intercessione della Santa, diede alla luce Pasqualino nel 2005.

Papa Francesco nella omelia per la canonizzazione spiegò che il «segreto dei santi è dimorare in Cristo, uniti a Lui come i tralci alla vite, per portare molto frutto. E questo frutto non è altro che l’amore».

È quello che ha fatto Suor Maria Cristina Brando, completamente conquistata dall’amore ardente per il Signore; e dalla preghiera, dall’incontro cuore a cuore con Gesù risorto, presente nell’Eucaristia, da lì riceveva la forza per sopportare i disagi di una salute malferma, ma poi anche per donarsi come pane spezzato a tante persone desiderose di conoscere l’amore autentico, quello che solo Dio può donare.

Suor Maria Cristina è cresciuta in odore di santità: aveva appena tre anni, quando stupì tutti dicendo: «Voglio diventare santa!».

A Casoria, dove ancora oggi si trova la casa madre, Maria Cristina aveva fatto costruire la sua “grotticella” vicino alla chiesa, per essere sempre accanto al tabernacolo e per tenere “compagnia” in ogni istante a Gesù Eucaristia. Eucarestia come sorgente eterna di amore eterno. Infatti, come diceva Madre Brando, l’amore di Dio e quello del prossimo sono due rami che partono dal medesimo tronco, e lei concretizzò l’amore per il prossimo nelle opere di educazione e formazione: nei conservatori femminili, educandati, orfanotrofi e scuole. Amava dire: «Bisogna che le piantine vengano curate fin da piccole». Ed è quello che le nostre amate suore continuano a fare ancora in questo tempo segno della grande attualità del carisma che il Signore donò alla Brando. Dopo vari decenni, gli stessi vescovi italiani sentirono la necessità di affrontare la sfida educativa sostenendo un progetto culturale che era, a ben vedere, già nella missione di Suor Brando. Fede e vita, Chiesa e città, amore di Dio ed amore per il prossimo, non sono più separati. Aveva detto l’apostolo Giacomo: come puoi amare Dio che non vedi se non ami il fratello che vedi?

Amorosi è un posto un po’ speciale nella storia di Dio e di Maria Cristina. Qui è avvenuto il miracolo che l’ha portata all’onore degli altari. A dire cha la forza della preghiera non dipende dai luoghi: pensiamo a Gesù che nasce a Betlemme e non nella grande Gerusalemme dove c’era il Tempio; non dipende dai ruoli sociali, essere famosi, ricchi, potenti: Gesù nasce da una piccola donna sconosciuta della Palestina la forza della preghiera è da cercare nella fiducia che noi mettiamo nella preghiera, nella insistenza della preghiera, nel saper chiedere ma senza pretendere, sapendo poi mettere tutto nelle mani di Dio.

Come è stato per Maria Angela, la mamma di Pasquale, che ha saputo dire: «da ogni croce può nascere un fiore, pur nella sofferenza». È stato questo il miracolo vero: aver accettato la volontà di Dio, aver messo tutto nelle sue mani. Come suor Maria Cristina che seduta, giorno e notte, davanti al tabernacolo, aveva trovato sulla terra il suo paradiso, ricca del sentirsi sempre amata anche nelle difficoltà della vita.

Sorprendente è quanto Iddio ha compiuto attraverso Maria Cristina Brando. I cristiani infatti non sono quelli che fanno le cose per il Signore, ma quelli che permettono al Signore di fare nella loro vita: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” dice Maria nel Magnificat. La sua è una spiritualità eucaristica ed espiatrice, dove l’amore di Gesù, da cui si sente riempita, viene come “travasato” nelle opere educative, mirate a restituire alle persone la loro dignità e ad aprirsi all’amore misericordioso del Signore.

La fede cambia la storia ed orienta la storia. Abbiamo ascoltato dalla prima lettura che Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore, …».

Davide sa che il Signore è con il suo popolo. Non dubita dell’aiuto di Dio. Saul vuole che Davide imiti la sua condotta e indossi l’armatura per la guerra. Ma Davide rifiuta di essere come Saul, propone una radicale alternativa: solo cinque pietre lisce. Ed ecco l’uno di fronte all’altro Davide e Golia il filisteo: da una parte la forza militare e dall’altra la debolezza, il gigante e il ragazzo, colui che confida in sé stesso e colui che si affida a Dio. Davide rende testimonianza alla forza di Dio e dice a Golia: “Il Signore ti farà cadere nelle mie mani”. Ed è quello che succede.

Gesù entra nella sinagoga. C’era lì un uomo dalla mano inaridita. Un disabile fisico non poteva partecipare pienamente, poiché era considerato impuro, era emarginato. Doveva rimanere lontano.

Gli avversari osservano per vedere se Gesù guarisce in giorno di sabato. Vogliono accusarlo. Gesù chiede due cose al disabile fisico: Alzati e mettiti in mezzo! Gli uomini scartano, dice il Vangelo, ma quello che gli uomini scartano Dio lo mette al centro. Nessuno deve essere escluso.

Gesù chiede: In giorno di sabato è permesso fare il bene o fare il male? Salvare una vita o toglierla? Gli avversari rimasero senza risposta. Gesù reagisce con indignazione e tristezza dinanzi all’atteggiamento dei farisei e degli erodiani. Ordina all’uomo di stendere la mano, e la guarisce. Curando il disabile, Gesù mostra che lui non è d’accordo con chi mette la legge al di sopra della vita.

Cari amici, tante volte si è religiosi senza speranza; si ha fede ma poi si spera poco che la vita degli altri possa cambiare. Spesso si dà più valore alle regole ed ai precetti che alla forza dell’amore.

Quante volte noi vediamo la figura dei santi, in modo un po’ schematico, persone che sono già nate sante, capaci di fare grandi cose perché predestinate. In realtà sono persone comuni, che attraverso l’ascolto, lo stare vicino al Signore lasciandosi amare da Lui diventano capaci di affrontare l’imprevisto e sono per la nostra generazione, per questo tempo, un grande esempio.

Con la pandemia ci siamo trovati di fronte all’imprevisto, ci siamo turbati, spesso ci siamo sentiti di fronte a un vicolo cieco. Ma invece di fronte all’imprevisto, è necessario ascoltare, fare scelte personali, non chiudersi nel presente, non chiudersi nel vittimismo. Maria Cristina avrebbe potuto sentirsi vittima di una situazione più grande di lei, quella della salute malferma, che non poteva governare, che in fondo rovinava il suo futuro. Ma non rinuncia a pregare, ad amare, ad avere fiducia, ad avere speranza, a volere bene agli altri. Grazie a Dio per avercela donata; facciamo nostro il suo amore, quello dei due rami che escono dal tronco: quello dell’amore per Dio e quello dell’amore per il prossimo per riscoprire il senso della luce e della gioia anche in questo tempo difficile.

† Giuseppe, vescovo