Quanti gesti si sono susseguiti in questi giorni e quanti volti ognuno di essi nasconde! La mia vita, stravolta, è già intrisa di storie, di speranze, di progetti, di sogni.
Ho voluto, prima di ogni parola, scegliere di ascoltare il vostro vissuto, perché questa Chiesa possa essere segno della tenerezza di Dio che si ferma accanto ad ogni uomo e ad ogni donna e li cerca in tutta la loro bellezza, anche e soprattutto quando è attraversata da ferite, per portare la carezza del Signore che non abbandona mai e vive con noi, oltre ogni condizione umana.
Ascoltare è riuscire ad andare aldilà, è saper guardare il cuore, scorgere gli orizzonti nascosti dietro ai confini, tendere verso ogni persona che Dio mi pone dinanzi e farmi suo compagno, gratuitamente ed incondizionatamente. Ascoltare è esserci, qui ed ora. Ascoltare non è sentire le parole. E’ entrare in quelle parole, o, forse ancora di più, entrare in chi sta parlando. Ascoltare è ricordare il volto dell’altro ed imparare il suo nome. E’ scoprire e riscoprire la gioia del cammino condiviso, percorrendo passi diversi ma lungo la stessa strada e verso la stessa meta.
“Tutto è in me, grazie a Te Signore!” Pregavo così nel giorno della mia ordinazione episcopale.
Nell’esservi accanto, nutro in me, sempre di più, il sogno di essere, io per primo, segno e strumento di una Chiesa che intercetta, che va incontro alle fragilità e alle singole storie e, tutti insieme, essere veri testimoni del Vangelo di Cristo, quello che sto incontrando negli occhi e nel cuore di ciascuno di voi, miei figli e fratelli. Con voi e per voi, sognerò sempre una Chiesa libera, povera, una Chiesa che non ha paura di percorrere le strade difficili e strette, una Chiesa che sa gioire e condividere, una Chiesa che sa commuoversi e meravigliarsi davanti alle opere di Dio che si realizzano nel nostro quotidiano.
In questo primo tratto di strada, ho visto uomini e donne che desiderano lasciarsi incontrare da Dio, ho visto fratelli e sorelle che attendono una spalla su cui poggiare le tante croci. Ho visto occhi e cuori capaci di trasmettere stupore, gioia e gratitudine nel dirsi e riscoprirsi di Cristo.
Ho conosciuto volti che sono diventati già miei compagni di viaggio, nei quali attingere nuova forza per percorrere la strada che Lui ha pensato per noi e continuare, giorno dopo giorno, a scommettere sul Vangelo raccontando ad ogni persona che incontreremo lungo le Sue e nostre vie, con la vita, la pienezza che solo la Parola, vissuta e spezzata, può donare ad ogni cammino.
“Prima di ogni parola i gesti”!
Sì, perché percorrere il passo degli ultimi, significa lasciar parlare la propria vita del Vangelo, significa lasciare il segno della gioia di Cristo nel cuore di chi incontriamo per strada, perché segni e gesti arrivano prima di ogni parola, sono impastati di umanità e, in Dio cercano e trovano il loro compimento.
Camminare insieme, mi e ci permette di scoprire e riscoprire quanto ancora il Signore ha da donarci. Ci permette di uscire dalle vesti che abitualmente portiamo, per diversità di ruoli e dimensioni di vita e di meravigliarci davanti alla sconfinata grandezza di un Dio che sta scrivendo la Sua storia d’amore con ognuno di noi. E ogni giorno incontrare la freschezza di un Dio che non ha avuto paura della storia, e ha scelto di farsi Egli stesso storia, fratello e pane per ognuno di noi.
“Perché dietro ogni gesto ci sono i volti”.
E, in ogni volto, ci sono speranze e gioie ma anche paure e preoccupazioni. Ad ognuno di noi viene chiesto di abitare ogni volto con la sua storia, affinché, nel discernimento e nella preghiera, possiamo cominciare ad abitare anche le domande e costruire possibili percorsi, attraverso un cammino condiviso.
La strada che mi porta a voi comincia certo già a presentare le prime fatiche, ma ritrovo subito la forza nell’incontrarvi e nel potervi abbracciare uno ad uno, perché siete un dono per me, in ogni vostra storia, in ogni vostro racconto, in tutte le gioie e le fatiche che ho incontrato e che certo incontrerò nel mio cammino di Pastore in mezzo a voi.
Dopo aver incontrato i miei “primi ultimi”, in questo piccolo tratto di strada ho spezzato e condiviso fraternità, accoglienza, speranza e carità. Sono venuto tra voi per dare ed ho ricevuto in cambio più di quanto ho provato ad offrire nelle mie capacità.
L’incontro con i sacerdoti anziani ed ammalati, don Mimì e don Vincenzino, e tutti gli altri che aspetto di incontrare, mi ha aperto il cuore e mi ha fatto sentire piccolo davanti alla loro meravigliosa testimonianza di amore per la Chiesa e per tutti quelli che condividono la loro esperienza quotidiana. I loro volti pieni di felicità e di gratitudine, nel vedermi chinato, con stupore ed interesse, sulla loro vita, donata a tutti noi attraverso la sofferenza, mi ha fatto cogliere la carezza di Dio.
L’incontro con le persone diversamente abili, le persone che vivono nella malattia e gli anziani che hanno parlato al mio cuore nella loro fragile umanità ma ricca di affetto, simpatia, attenzione e accoglienza, non solo perché hanno ricevuto la visita del Vescovo, ma perché si sono lasciati trasfigurare dalla gioia di un incontro autentico e carico di gratitudine, mi ha dato testimonianza di quanto sia bello incontrarsi nel nome del Signore e sapersi nel cuore di qualcuno, facendo passare ogni fragilità attraverso la tenerezza di Dio.
Custodisco gelosamente nel mio cuore l’originale affidamento alla materna protezione di Maria, di Piera, 93 anni, che nel vibrato dei suoi sentimenti, mi ha cantato la bellissima Ave Maria di Gounod. Un incanto!
Ho incontrato e toccato con mano le ferite di Antonio e Concetta, una coppia di divorziati risposati che condividono l’amore di una casa, la fedeltà della loro scelta e l’affidamento fiducioso a Dio, ma che vivono nello stesso tempo l’affanno di un’esperienza spirituale ed ecclesiale e che attendono solo di essere accompagnati ed accolti nella ricerca sincera del Signore. Ho incontrato e toccato con mano la tensione e la preoccupazione per la vita di Marika, loro figlia, attraversata dalla malattia.
Con loro ho voluto dar credito alla speranza, alla carità, portando ai loro cuori affaticati, l’abbraccio della Misericordia del Signore. Perché dove l’uomo dice perduto, Dio dice trovato. Dove l’uomo dice finito, Dio dice rinato.
Mi sono sentito colpito, come se avessi ricevuto un pugno nello stomaco, nel vedere una lacrima bagnare il viso della piccola Costanza, durante l’incontro con i dipendenti e le famiglie dei bambini in cura presso il Centro Erre di Sant’Agata. Il suo pianto, nel vedere quello della sua mamma, è la provocazione che Dio sta facendo alla nostra vita e alla nostra Chiesa nel chiederci da quale parte vogliamo stare.
Ho incontrato, continuerò ad incontrare e vorrei incontrare insieme a voi, volti, storie, occhi, cuori, vite che ci facciano essere credenti inquieti che non lasciano che la vita attraversi il tempo ma che attraversano il tempo con la vita, riempiendolo di senso e pienezza nell’agire di quel Dio che, ancora una volta, oggi, ci chiede di alzarci e di passare accanto ai nostri fratelli e sorelle con la mano tesa, gli orecchi attenti, gli occhi accoglienti ed il cuore traboccante di quella gioia che solo camminando con e verso di Lui possiamo sperimentare e trasmettere, contagiandolo, al mondo intero. E’ il coraggio del Vangelo. Il coraggio della speranza.
La speranza continua a vivere anche quando sembra impossibile, anche quando è come annegata dalle lacrime. Dio naviga in un fiume di lacrime, e lì accende il cuore. Dove tutto si ferma, lì Dio riparte.
La nostra vita non è raccogliere o arrivare, ma partire ogni giorno, seminare ad ogni stagione.
Coraggio, alziamoci … oggi come ieri, il Maestro è qui e ci chiama.
don Mimmo, vostro vescovo