Care sorelle e fratelli, prima di ogni cosa saluto con affetto don Mimmo e lo ringrazio della sua presenza, segno dell’affetto verso don Alex che ha avuto la gioia di accompagnare nel suo cammino di discernimento e di formazione fino al diaconato. Saluto Mons. Franco, Mons. Salvator Niciteretse, vescovo del Burundi, il caro Vicario, i vicari foranei, i presbiteri, i diaconi, i religiosi, le religiose, il seminarista Agostino, saluto Biagio prossimo candidato al sacerdozio e che riceverà il lettorato nella Giornata Mondiale dei Giovani, saluto gli amici di “Casa Samuele”, saluto i familiari di Alex, saluto il popolo santo di Dio.
Oggi siamo tutti nella gioia per questa celebrazione che introduce Alex, nel ministero sacerdotale. Immagino che tanta sia la sua emozione insieme al timore, come anche l’emozione di chi gli vuole bene. Tanta è anche la mia emozione insieme al timore. È, questa, la mia prima ordinazione sacerdotale. Emozione e timore per questo mistero di amore che il Signore ha donato alla mia vita: quello di generare figli alla sua Chiesa; fratelli nel sacerdozio, padri nella vita spirituale e di fede, servi della Parola di Dio e dell’altare, servi dei poveri, amici e fratelli di tutti. Il nostro grazie al Signore perché continua a mostrare il suo amore per la nostra Diocesi donandoci sacerdoti e aprendo strade nuove nei cuori di altri giovani. È il Signore a suscitare uomini e donne che accettano di seguirlo e di stare con Lui, separandosi da sé stessi. Così avvenne fin all’inizio, quando Gesù, dopo aver passato la notte in preghiera, chiama persone a cui affidare la sua missione, e non sceglie il più bravo, il più colto, il più bello, il più furbo, il più comunicativo, ma persone semplici e diverse che portano la loro esperienza di vita e la loro storia. Gesù prega e per Gesù pregare, significa mettersi in ascolto del Padre, cercare di capire quale è la sua volontà, diventare una sola cosa con Lui, ed essere in comunione. condividendo con il Padre quanto si preparava a fare. Gesù chiamò i discepoli sul monte perché stessero con Lui prima di incontrare poi le folle bisognose della Palestina. Questo è ciò che conta, il senso di tutto, il senso di una vita, di una vocazione, di un sacerdozio, perché la chiamata del Signore è quella che dona senso alla nostra esistenza. Siamo chiamati, non per merito, ma solo per grazia; non per noi stessi, ma per amore di Gesù che ci chiede, nel chiamarci, di renderlo visibile nella vita e nel mondo. E nella chiamata, ognuno riceve dei talenti da spendere perché portino frutto. Guai a chi seppellisce i talenti per paura, per timore, per rassegnazione o per pigrizia. E siamo chiamati perché il Signore si fida di noi e vuole che proprio attraverso la nostra debolezza possa giungere al prossimo l’amore, che è al centro di tutto e spiega ogni cosa. Non siamo noi a scegliere lui, è Lui che sceglie noi e non siamo neppure scelti per le nostre qualità né per i nostri meriti o per la nostra bravura. Non si direbbe vista la fragilità di ognuno di noi. Noi portiamo questo tesoro in vasi di creta, dice Paolo. Caro Alex, il sacerdote è un umile, che trova nel Signore la sua forza e si affida quindi a Lui quotidianamente attraverso la preghiera, la celebrazione della Santa Messa, la meditazione delle Sante Scritture, cercando la benedizione dei poveri. Caro Alex, questo devi ricordare innanzitutto: se vuoi essere fedele alla chiamata del Signore e al ministero che oggi ti viene affidato, non devi pensare al ruolo che rivestirai, quanto piuttosto alla comunione quotidiana con Lui, come Gesù che nei Vangeli si vede che sempre cerca il Padre nella preghiera. Da Lui tutto proviene. Da Lui scaturisce quello che farai nelle situazioni che ti saranno affidate. Facendo nostre le parole dell’apostolo Paolo: che il tuo ministero abbia come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche noi veniamo edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito. Che tua vita presbiterale cresca ben ordinata per essere tempio santo del Signore, vita e ministero dove tanti possano fare esperienza dell’incontro con Dio. Ricevi l’ordinazione sacerdotale in questo giorno in cui la Chiesa celebra la festa dei santi apostoli Simone e Giuda. Possa tu essere apostolo del Signore in questo tempo ed in questa terra. In un tempo in cui le scelte definitive sembrano spaventare, la tua ordinazione mostra come bisogna imparare a fidarsi del Signore e, anche nelle difficoltà dei tempi, affidarsi a lui. Vorrei dire a tutti i giovani qui presenti, agli amici di Alex: non abbiate paura di fare scelte definitive; non abbiate paura di aprire il cuore a Cristo. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo, disse Papa Giovanni Paolo II nella sua prima omelia. Non abbiate paura di dire sì al Signore Gesù, dire sì a delle scelte definitive sia che esse conducano verso una consacrazione religiosa o sacerdotale sia verso il matrimonio, anche se oggi per motivi anche oggettivi è forse più difficile che nel passato e si tende spesso a rimandare. Il Signore chiama tutti a seguirlo e per Lui ognuno di noi ha un grande valore. La domanda da farsi è: mi sono mai chiesto se il Signore ha un disegno speciale per me? Queste parole possono sembrare oggi un po’ anacronistiche. Infatti noi tutti vediamo che molta gente, anche tanti giovani anche intorno a noi, sono presi da altro, preoccupati per la mancanza di tante cose, lavoro, cibo, futuro. Gesù conosce il loro bisogno. Ma il Signore ci invita a credere che proprio nel bisogno egli è presente, è vicino, non abbandona mai. Per questo la fede, se si nutre di preghiera, è una grande forza anche nei momenti difficili. Ci ha detto il Vangelo che: C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Mi colpisce sempre che il Vangelo precisi che le persone di quella folla erano andate per ascoltarlo e poi dopo faccia elenco dei loro bisogni: malattie, spiriti impuri. Come a dire che i problemi del mondo sono tanti e non si può stare a guardare, ma che bisogna cambiare i cuori ed i cuori cambiano ascoltando la parola di Dio. In ogni cosa insomma, anche nel semplice dare la spesa ad una famiglia bisognosa, si deve sentire il profumo del vangelo. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. È la forza dell’amore e della pace. Il Signore ti aiuti ad essere “voce” di speranza nel tempo del vittimismo, nel tempo del lamento. Possa tu essere luce per chi vive nel buio rassegnazione e del pessimismo. Possa tu essere segno visibile della grazia e della misericordia di Dio, nei percorsi che porteranno ai sacramenti e all’incontro con il sacramento della riconciliazione. Non cercare di imporre te stesso, ma con umiltà possa tu essere paziente nell’amore e nella bontà, senza mai rinunciare a “rendere ragione della speranza che è in te”. Possa tu essere, come gli apostoli Simone e Giuda, audace nell’annuncio del Vangelo, perché tanti possano gustare la felicità dell’amicizia di Gesù. Infine, possa tu essere al servizio dei deboli e dei poveri, perché solo attraverso di loro noi godremo la gioia del Regno dei cieli, come ci ha detto con chiarezza Gesù, che si è identificato con i piccoli e i poveri. Rinnova sempre il tuo legame con il Signore; non dimenticarti che il Signore non è solo per gli altri, ma che il Signore è anche per te. Questo ti aiuterà a non rimanere intrappolato dalle preoccupazioni materiali e a non finire per vivere in quel clericalismo, che si nutre del ruolo e delle approvazioni degli altri. L’ordinazione sacerdotale che oggi ricevi non ti introduce in una casta o in una corte di privilegiati, in una situazione di sicurezza in cui rifugiarti. Tu oggi rivesti l’abito del servo, di colui che è chiamato ad abbassarsi con misericordia sulle ferite, sul dolore, sulla vita delle persone che incontrerai e che ti saranno affidate. Noi, sacerdoti e vescovi, siamo solo e unicamente servi, servi del Signore innanzitutto, servi del suo Vangelo, servi della misericordia perché questa si diffonda attorno a noi, servi del prossimo, a partire dai piccoli e dai poveri. Servi perché fratelli; servi per amore e con amore. La fraternità è il presupposto del servizio. Il celibato, che oggi abbracci definitivamente, non è scelta di solitudine né rinuncia ad amare, anzi è un dono che chiede un amore ancora maggiore. Non di amare qualcuno in particolare, ma di essere via di amore verso tutti. Il celibato chiede di avere un cuore veramente grande. Non è un destino di solitudine, ma la richiesta di essere famiglia con gli altri sacerdoti, e di fare delle parrocchie una grande famiglia di cui tu sarai il capofamiglia. Senza famiglia infatti non si può vivere o è brutto vivere. Ricordati che l’altare non è il luogo del nostro protagonismo o della nostra esibizione, tanto meno del nostro potere, ma il luogo dove noi celebriamo il Cristo crocifisso e risorto, Lui che ci ha tanto amato da donare sé stesso. Quando celebriamo incontriamo Gesù povero e spogliato di tutto, che volontariamente si dona per noi e che proprio perché ha amato fino alla fine nell’obbedienza al Padre, viene da lui liberato dalla morte. L’amore infatti è una via di Resurrezione. Dall’altare sgorga una sorgente di tenerezza e di misericordia, da lì sgorga la forza di amore che ti potrà sorreggere.
Papa Francesco parla spesso di una Chiesa povera per i poveri. Sii servo dei poveri e dei deboli e sarai libero dall’inganno della ricchezza e dalla ricerca di consenso e di ruolo, così diffuso nel mondo e tra i cristiani, non esclusi i ministri dell’altare. Sappi che la gioia viene dal dare più che dal ricevere.
Oggi il mondo ha bisogno che noi, suoi ministri, mostriamo la misericordia e la tenerezza di Dio, quelle della madre che si commuove su suo figlio. Consola, conforta, correggi e ammonisci con pazienza, mostra sempre un volto sereno che dia pace e serenità a coloro che ti incontreranno. Ascolta il bisogno di chi si rivolgerà a te, mostra loro il volto buono di Dio, perché si convertano a lui. Comunica la grazia di Dio attraverso i sacramenti, perché tutti possano gioire della grazia che viene dal Signore ed entrare a far parte del suo popolo.
Molti guardano la Chiesa come a un luogo di potere dove fare carriera e trovare uno spazio per sé stessi. Altri guardano la Chiesa ma non la capiscono, la considerano superata, ipocrita per certi versi, una istituzione che ha fatto il suo tempo e se ne tengono lontani, forse anche allontanati dai cattivi testimoni. Gesù non si stanca di proporre una Chiesa diversa, una Chiesa che sa farsi serva delle povertà dell’uomo, una Chiesa come casa di perdono, di misericordia e di compassione. È questa la Chiesa di cui parla Gesù. Infine, tu sei il sacerdote dell’anno del Sinodo appena iniziato. Sinodo è opportunità, dopo la pandemia che ci ha isolato ed allontanato, di diventare una Chiesa della vicinanza. Possa fare tuo, nel tuo ministero, come dice Papa Francesco, lo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza, ascolto. Dio sempre ha operato così, e chiede di essere Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio. Non dimentichiamo lo stile di Dio che ci deve aiutare: vicinanza, compassione e tenerezza, esperti nell’arte dell’incontro e dell’ascolto.
Caro Alex possa fare tuo lo Spirito del Sinodo, sacerdote spinto dallo Spirito sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene, diffonde la gioia.
«Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa». E questa è la sfida.
Caro Alex, la vera forza è nell’umiltà, perché solo un cuore umile sa capire gli altri, ascoltarli, aiutarli, amarli. Umile è chi sa essere sempre discepolo, che ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica. Chi è umile prega.
Non dimenticare mai che davanti a Dio siamo tutti mendicanti del suo amore e della sua misericordia, mendicanti della sua Parola.
Abbi una cura particolare della celebrazione della domenica, nella quale si ricostituisce la comunità, dove tutti ci volgiamo verso il Signore distogliendo almeno per un po’ gli occhi e il cuore da noi stessi. La liturgia della domenica sia un momento di fraternità, di incontro, di guarigione dalla solitudine e dall’isolamento; sia un momento di festa e di gioia nell’incontro con il Signore. Il mondo va cambiato camminando insieme ed ha bisogno di uomini e donne che sappiano avvicinare gli altri al Signore, costruendo un’umanità accogliente, buona, non violenta, non prepotente, non egoista, non chiusa nel limite del proprio particolare. Vivendo in comunione con il Presbiterio, con il Vescovo, con i laici, possa tu essere testimone di quell’unità per cui il Signore ha pregato prima di essere condotto alla croce.
Ti accompagnino la Vergine Maria, tanto venerata nella nostra terra come la Madonna delle Grazie, gli angeli e i santi che insieme invocheremo, in particolare i patroni della Diocesi, Sant’Antonio di Padova e Sant’Alfonso Maria de Liguori, pastori sapienti in tempi difficili e di divisione. Sei il nostro fratello più piccolo. Noi ti saremo vicini con l’amicizia e la preghiera. Che il Signore ti benedica e ti faccia crescere in sapienza e grazia, e noi con te.
E così sia.
† Giuseppe, vescovo