Apertura solenne del Sinodo dei Vescovi (2021-2023), Fase Diocesana

Chiesa Cattedrale, Cerreto Sannita
18-10-2021

Cari fratelli e sorelle,

grazie per essere qui, all’apertura del Sinodo Diocesano, Sinodo che Papa Francesco ha inaugurato domenica scorsa per la Chiesa universale. Siete sacerdoti, diaconi, religiosi, consacrati, membri del consiglio pastorale diocesano e rappresentate la Chiesa tutta di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti. Nel preparare la predicazione per oggi ho attinto abbondantemente dalle parole di Papa Francesco per questo evento straordinario.

La parola Sinodo significa: camminare insieme. Iniziamo un cammino e a guidarci sarà lo Spirito che ci darà la grazia di camminare insieme, non ognuno per conto suo; di ascoltarci, uniti nello sforzo di fare un sano discernimento del nostro tempo, capaci di interpretare i segni dei tempi, cercando di cogliere i segni della presenza di Dio, non da spettatori, ma diventando solidali con le fatiche e i desideri dell’umanità. Oggi, lentamente, con il dopo-Covid, riusciamo a vedere una luce in fondo al tunnel fino ad ora oscuro. Iniziare il Sinodo in questo tempo possiamo dire che è dono della Provvidenza, perché dal Sinodo usciremo con una consapevolezza maggiore di come essere Chiesa in questo tempo non facile, testimoni e profeti del Regno di Dio. D’altra parte possiamo ritornare alla vita del mondo precedente come nulla fosse successo? Una cosa ce la dobbiamo dire: il mondo di prima non c’è più e abbiamo nelle nostre mani la possibilità di costruire una Chiesa che sia pronta alla sfida dei tempi contemporanei, pronta per un nuovo inizio che non potrà che essere INSIEME.

Il Sinodo non è un parlamento, il Sinodo non è un’indagine sulle opinioni, ma una occasione per riflettere sulle domande vere e nuove della gente; il Sinodo è un momento ecclesiale, e il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo. Se non ci sarà lo Spirito, non ci sarà Sinodo. Se non ci sarà la preghiera ad accompagnare il cammino, non ci sarà Sinodo. Se non ci sarà l’ascolto del mondo, non ci sarà Sinodo. Se al centro non ci sarà la Parola di Dio non ci sarà Sinodo. Per questo abbiamo voluto mettere la Parola al Centro. È un cammino. Tutti, senza distinzioni, nell’unico Popolo di Dio che riceve e vive il dono dell’unità e si apre alla voce dello Spirito. L’anziano Nicodemo andò da Gesù di notte a chiedergli: “Può un uomo nascere di nuovo quando è vecchio?” Può una Chiesa nascere di nuovo, essere nuova nelle sue tradizioni millenarie? Gesù a Nicodemo risponde: “Quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”.

Non è un evento accademico, cioè riservato agli studiosi, ma è un evento che guarda al futuro. La domanda di fondo del Sinodo è quella di come porre le basi per una Chiesa rinnovata e quindi giovane in un mondo anziano e rassegnato e cercare insieme come vivere la conversione pastorale missionaria che è la grande visione e proposta a cui ci chiama Papa Francesco. La pandemia ha provocato ferite gravi, profonde che non hanno risparmiato nessuno. Sentiamo una forte responsabilità di dare una risposta che aiuti il mondo a curare queste ferite.

Siamo chiamati a esplorare le strade per un futuro in cui fraternità umana e cura del creato stiano insieme visto che questa pandemia ci ha colti, come ha detto Papa Francesco, un pò distratti: “abbiamo proseguito imperterriti pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”.

Non siamo chiamati ad affrontare questioni dottrinali o dogmatiche, ma a pensare semplicemente al nostro futuro, al futuro della Chiesa e al futuro del mondo. Lo facciamo insieme perché solo insieme si cambia. Quando si parla del futuro della Chiesa significa come essere Chiesa nel futuro, in un mondo che cambia con una velocità impressionante dove noi siamo chiamati a difendere la tradizione, ma a mostrare un volto nuovo, spirituale, quello di Dio e, per questo, profondamente umano.

Ci prepariamo insomma a vivere “l’avvenimento ecclesiale più importante dopo il Concilio Vaticano II”. “Per la prima volta in duemila anni di storia della Chiesa un Sinodo è chiamato a coinvolgere tutto Popolo di Dio”. Non è questione di essere più democratici, ma di credere che nessuno è estraneo o escluso.

Il Sinodo è un evento di grazia. Per questo il Papa insiste molto sulla necessità della preghiera di Adorazione; essere aperti, essere grati, consapevoli che noi riceviamo tutto dall’amore del Padre che ci spinge ad ascoltare gli altri e a ridonare il suo amore agli altri. L’iniziativa è sempre di Dio.

Si è sempre parlato nella vita della Chiesa di comunione e missione e queste due parole credo ci siano molto chiare. Oggi, siamo chiamati a compiere un passo ulteriore. Oggi a comunione e missione uniamo la parola partecipazione. Il Sinodo prende atto che, fino ad oggi, non tutti i battezzati hanno partecipato pienamente allo sviluppo della Chiesa.

Nella Chiesa per lunghi secoli, fino al Concilio Vaticano II, in un mondo difficile, è prevalsa una visione principalmente piramidale e clericale della Chiesa, che ha portato ad esempio a non dare valore agli organi di consultazione come i consigli di affari economici e i consigli pastorali. Questo ha impedito spesso che venissero valorizzate tutte le energie dello Spirito presenti nel Popolo di Dio.  Dobbiamo perciò cercare di aprirci all’azione dello Spirito che rende tutti corresponsabili in prima persona di questo grande evento di grazia.

Questo è il primo Sinodo in cui l’ascolto del Popolo di Dio diventa strutturale… Sinodo da vivere con i vicini, ma anche con i lontani. Nessuno sarà estraneo o escluso. Certo, come sempre, forte è il rischio dell’immobilismo: «si è sempre fatto così» – questa parola è un veleno nella vita della Chiesa, “si è sempre fatto così” –, è meglio non cambiare. Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo con il rischio che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi: un rattoppo di stoffa grezza, che alla fine crea uno strappo peggiore.

Per questo è importante che il Sinodo imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione.

Perché questo avvenga bisogna essere Chiesa dell’incontro, della vicinanza e dell’ascolto: arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare, senza giudicare e senza pregiudizi, consapevoli che ci sono tante domande fuori della Chiesa ma anche all’interno della Chiesa stessa; consapevoli che il mondo è dominato da una cultura che il vangelo vuole illuminare. Il Vangelo ascoltato parla di servizio. Gesù spiega che per il Vangelo conta servire non comandare: questa è la mentalità del Vangelo. E uno scopre che quando vivi con questa mentalità quello che conta di più non sei più te stesso ma quelli che il Vangelo ti aiuta ad amare, che conta fare felice quelli che ti stanno attorno o nel cuore. Gesù ci ricorda: vuoi essere felice? Sii servo della felicità altrui. Fai felice gli altri.

Il Vangelo ascoltato parla però della durezza di cuore dei discepoli che stanno attorno a Gesù, non di quelli che stanno lontano da Gesù. Perché il nemico del Vangelo non è la nostra fragilità, i nostri limiti, ma la durezza del nostro cuore, cioè un cuore che non ascolta.

Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo: hanno un desiderio. Chiedono di essere importanti, di ricevere gloria, di distinguersi dagli altri.

Gesù non li rimprovera. Gesù risponde voi non sapete che cosa state chiedendo. Non è dato a me decidere i posti da dare, Gesù lascia fare al Padre.

È il Vangelo a dover dire noi dove dobbiamo stare. Giacomo e Giovanni vogliono scegliere loro la loro parte, il loro posto, non vogliono far scegliere a Dio.

Il Sinodo ci chiede di non restare fermi dove vorremmo, ma di lasciarci portare dallo Spirito del Sinodo. Per molti la Chiesa è solo un luogo di potere dove fare carriera e trovare uno spazio per sé stessi. Altri guardano la Chiesa ma non la capiscono, la considerano superata, ipocrita per certi versi, una istituzione che ha fatto il suo tempo e se ne tengono lontani, forse anche allontanati dai cattivi testimoni. Gesù non si stanca di proporre una Chiesa diversa, una Chiesa che sa farsi serva delle povertà dell’uomo, una Chiesa come casa di perdono, di misericordia e di compassione. È questa la Chiesa di cui parla Gesù; una Chiesa che beve il calice del sangue versato, che sa donare un corpo spezzato quello di Gesù. Papa Francesco, aprendo questo percorso sinodale, diceva: “Iniziamo con il chiederci tutti –Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, sorelle e fratelli laici –: noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” o del “si è sempre fatto così?”.

Gesù si accorge che gli altri dieci Apostoli si arrabbiano con Giacomo e Giovanni, dimostrando così di avere la stessa mentalità mondana. E dice così a loro ed a noi: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (v. 42-44).

Il messaggio di Gesù è chiaro: mentre i grandi della Terra si costruiscono “troni” per il proprio potere, Dio sceglie un trono scomodo, la croce, dal quale regnare dando la vita: «Il Figlio dell’uomo – dice Gesù – non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Insomma Gesù sceglie la via dell’incontro, della vicinanza, dell’ascolto del mondo, mai del giudizio. Gesù ascolta per poter indirizzare verso il bene le aspirazioni dell’uomo.

Il Sinodo chiede di essere Chiesa che non ha paura di dialogare con un mondo estraneo, forse ostile, spesso indifferente; dialogare per illuminare alla luce del Vangelo, vivendo lo sforzo di parlare a tutti, ma soprattutto di ascoltare tutti, pronti alla conversione ed a essere pronti a mettersi in discussione.

La partecipazione di cui parla il Sinodo, la comunione, la missione guariscono da tanti mali.

Perciò, come discepoli di Cristo, accogliamo questo richiamo alla conversione e questo Sinodo come occasione per una conversione personale ed ecclesiale e testimoniare con coraggio e generosità una Chiesa che sa stare tra la gente, che si china ai piedi degli ultimi, per servirli con amore e semplicità; una Chiesa che ascolta e propone un cammino, il cammino della costruzione del Regno di Dio.

Ci ha detto l’Apostolo Paolo: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno”. Sinodo è accostarsi con piena fiducia al trono della grazia.

Ascoltare i fratelli e le sorelle sulle speranze e le crisi della fede, sulle urgenze di rinnovamento della vita pastorale, sui segnali che provengono dalle realtà locali. Infine, Sinodo è opportunità, dopo la pandemia che ci ha isolato ed allontanato, di diventare una Chiesa della vicinanza. Torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza, ascolto. Dio sempre ha operato così. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore. E questo non solo a parole, ma con la presenza, così che si stabiliscano maggiori legami di amicizia con la società e il mondo: una Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio. Non dimentichiamo lo stile di Dio che ci deve aiutare: vicinanza, compassione e tenerezza. Siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro e ogni incontro – lo sappiamo – richiede apertura, coraggio, disponibilità a lasciarsi interpellare dal volto e dalla storia dell’altro. Quante volte preferiamo ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza.

Cari fratelli e sorelle, sia questo Sinodo un tempo abitato dallo Spirito! Perché dello Spirito abbiamo bisogno, del respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene, diffonde la gioia. Lo Spirito Santo è Colui che ci guida dove Dio vuole e non dove ci porterebbero le nostre idee e i nostri gusti personali perché «Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa». E questa è la sfida. Per una “Chiesa diversa”, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire, invochiamo con più forza e frequenza lo Spirito e mettiamoci con umiltà in suo ascolto, camminando insieme, come Lui, creatore della comunione e della missione, desidera e cioè con docilità e coraggio.

Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo fedele di Dio. Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra. Amen.

† Giuseppe, vescovo