Ascensione

Scampia (NA)
29-05-2022

Care sorelle e cari fratelli, celebriamo oggi la festa dell’Ascensione: 40 giorni dopo la Pasqua Gesù, dopo essersi “mostrato loro vivo” e parlato loro del regno di Dio, ascende in alto, salendo verso il cielo sotto gli occhi dei suoi discepoli. 33 anni prima i cieli si erano aperti e Gesù era venuto a vivere in questo mondo e ora Gesù sale al cielo e ci mostra che il cielo, e non l’abisso o il nulla, è il nostro futuro. Luca narra due volte dell’Ascensione. La prima per chiudere il suo Vangelo e la seconda per aprire il libro degli Atti degli Apostoli (è la prima lettura della liturgia di oggi). L’ Ascensione, da una parte indica la chiusura della vita pubblica di Gesù, dall’altra segna l’inizio di tutta la storia della Chiesa, della Comunità cristiana.

È salito al cielo, siede alla destra del Padre, dice il nostro Credo, Gesù porta con sé la nostra umanità. La nostra fragilità è amata ed accolta da Dio.

Ascensione non vuol dire che i gli uomini sono lasciati soli nella vita concreta, nei loro problemi, nelle loro speranze, nelle loro difficoltà. Con l’Ascensione Gesù non si è allontanato dal mondo, anzi, sta nel cielo, cioè ovunque, egli sta con noi e anche con il mondo intero. E noi siamo invitati a seguire Gesù e ad aprirci al mondo più grande che ci circonda.

Infatti, nel congedarsi dai discepoli, Gesù dice loro: “Voi mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Atti 1,8). E noi sappiamo che i primi discepoli di Gesù erano persone modeste, un po’ ignoranti, fragili che provenivano da una periferia della Palestina. Eppure Gesù li chiama a mettersi in cammino per raggiungere tutti. Gesù infatti è andato dappertutto, per le strade, per i villaggi, nelle città, nelle case; e si è fatto vicino a tutti, specialmente ai più poveri, a quelli che erano disprezzati e giudicati male da tutti.
Gesù, con il Vangelo, ha insegnato anche a noi a mettere al centro proprio quelli che il mondo mette da parte, dimentica, allontana.

Gesù che era venuto non per condannare il mondo, ma per salvarlo, sale al cielo per presentarsi al cospetto di Dio in nostro favore.  Gli apostoli allora non solo non sono tristi per la separazione, addirittura sono pieni di gioia. Quel giorno i discepoli hanno capito che il Signore era ormai definitivamente accanto a loro, con la sua Parola e il suo Spirito. Gesù stesso, nel Vangelo di Matteo dirà:” Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Gesù sale in  un cielo ampio come il mondo, che copre la vita dei deboli, copre le terre martoriate dalla guerra, quelle dell’Ucraina, della Siria, della Libia …;  si stende sul letto dei malati, copre le piazze o le strade ove vivono i senza tetto, copre le case dove c’è solitudine e pianto; copre tanti istituti dove tanti anziani vivono nei ricordi e nella tristezza. Il cielo dove è Gesù copre i tanti che vivono ai margini della vita, anche se stanno accanto a noi, nei nostri palazzi; o vivono ai margini della città; o fuori del nostro paese. A volte persone che parlano una lingua diversa dalla nostra, con un colore della pelle diverso dal nostro. Copre la vita dei profughi.

Gesù è asceso al cielo anche per loro, perché potessero far parte di quella famiglia che non esclude nessuno. Quando un povero è accolto, soccorso, ricordato, il regno di Dio è in mezzo a noi. Quando qualcuno che non ha nulla da dare in contraccambio è amato, il Regno di Dio comincia. Quando noi che facciamo tutto per amore di noi stessi, compiamo “un gesto gratuito” il regno di Dio è vicino. Il cielo è sempre aperto, mai ostile, ma come è forte la tentazione di pensare che il proprio piccolo cielo è un cielo chiuso, vuoto, senza Dio, dimenticandoci che il cielo è abitato dal Signore Gesù e che verso il cielo il nostro cuore deve essere orientato. Molti scrutano il cielo per conoscere il futuro: Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma quegli uomini non sono lasciati soli di fronte alla vita: riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Gesù non parla del futuro da vivere, ma di una forza che verrà dal cielo che renderà capaci di essere suoi testimoni.

Dobbiamo essere suoi testimoni. Lo chiede Gesù a tutti, nessuno escluso; non per un periodo, ma sempre. Non siamo discepoli per noi stessi, o per crederci migliori di altri. Siamo discepoli perché lui ci ha amati e scelti, perché andiamo e portiamo frutto. A noi affida la sua forza, l’amore. L’amore se non si comunica finisce; se cerchiamo di possederlo, di farlo nostro, lo perdiamo.
Gesù i suoi li manda: in tutto il mondo, perché il discepolo è fratello universale, è cittadino del mondo, si sente a casa con tutti; è familiare di ognuno.

L’ultimo gesto di Gesù è benedire. e, alzate le mani, li benedisse. Nella Bibbia la benedizione indica sempre una forza vitale che scende dall’alto, entra in te e produce vita.

Una benedizione, non un giudizio; non una condanna, ma una parola buona sul mondo, di enorme speranza in noi: c’è del bene; c’è molto bene in ogni uomo, su tutta la terra.

Di questo voi sarete testimoni che il bene è possibile, sempre e per tutti, testimoni che il bene non è mai una perdita, ma sempre un guadagno.

L’Ascensione significa che non ci sono più tanti cieli, ma un solo cielo, quello di Dio che raduna tutti i popoli perché formino un’unica famiglia. E non si può essere uomini e donne del cielo se non si amano i fratelli e le sorelle, se non si ama il mondo in cui viviamo: due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Il Signore è già in mezzo a noi e ogni giorno torna nella Parola, nella eucarestia, nei poveri. Ci trovi uniti nella fraternità, nell’amicizia e nella pace.

Papa Francesco in una sua omelia diceva che oggi è il tempo di vivere la sfida a scoprire e trasmettere lo spirito del vivere insieme, di non aver timore di mescolarsi, di incontrarci e aiutarci.

Sì cari fratelli e sorelle, giovani, bambini, anziani, immigrati, famiglie, tutti insieme per dire che con l’amicizia, la solidarietà, l’inclusione su può costruire un mondo per tutti, inclusivo, senza paura né violenza.

Cari amici, i cieli e la terra non sono più separati, come se una cosa fosse la vita con Dio ed una cosa fosse la vita di tutti i giorni.

Con Gesù ed in Gesù, cielo e terra sono uniti, perché il Regno di Dio è in mezzo a noi, è già in noi.  La preghiera, il vangelo ci fanno vedere questo cielo perché anche noi possiamo vivere la gioia dei primi discepoli di Gesù, la gioia di essere suoi testimoni.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo