Memoria della Beata Maria Celeste Crostarosa – Sant’Agata de’ Goti

11-09-2021

Care sorelle, cari amici, celebriamo questa Santa liturgia facendo memoria della Beata Suor Maria Celeste Crostarosa, fondatrice dell’Ordine del SS. Redentore le cui monache sono note come “Redentoriste” o “Redentoristine”. Una donna, la nostra Beata che, per la profondità dei suoi scritti spirituali, per l’acutezza della contemplazione, è considerata una delle più grandi mistiche del settecento italiano. Nasce a Napoli nel 1696, e muore a Foggia il 14 settembre del 1755, venerata e ricordata da tutti come la Santa Priora. Saluto il Padre Provinciale dei Redentoristi, padre Serafino, madre Anna Maria Ceneri.

Ricordare significa per noi fermarci a riflettere su un cammino spirituale che non è stato solo di sequela, ma di partecipazione vera e propria della vita di Cristo. San Paolo dice: “non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me” e queste parole risultano vere nella sua vita dove troviamo la profondità spirituale propria della cristologia paolina dove è molto chiaro che tutto nella vita cristiana si radica e deriva dal Cristo che “vive, in unione di amore in Dio, viatore in tutte le anime sue care, vita della vita di quelle”.

“Voi chi dite che io sia?” chiese Gesù ai suoi discepoli. Per suor Maria Celeste Gesù era colui verso il quale era orientato il proprio cammino spirituale, ed il fine della vita in Dio. Ed il punto di arrivo di tutto il cammino spirituale era per lei la piena trasformazione eucaristica: “Andai alla santa comunione e mi trasmutaste in voi, perché entrai nell’umanità del vostro divin Verbo e cominciai a sacrificarmi al Padre per tutti gli uomini e a gustare dei meriti e grazie che, per la sua passione, il Cristo diffonde in tutte le anime dei fedeli unendole e glorificandole nella sua umanità unita al Verbo”.

Andai alla santa comunione e mi trasmutaste in voi.

Abbiamo ascoltato nella prima lettura: Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.

Il Signore mi ha aperto l’orecchio ed io non mi sono tirato indietro, non sono scappato. Mi ha donato di ascoltare la sua parola ed io non ho opposto resistenza perché la sua è una parola buona a cui affidare la propria vita.

Suor Maria Celeste non oppose resistenza, scelse di non difendere se stessa, scelse di abbandonarsi ed a lasciarsi guidare da una voce interiore che le indicava un cammino da percorrere, scelse anche di presentare il suo dorso ai flagellatori, di non sottrarre la faccia agli insulti e agli sputi, quando, come ben sappiamo si presentarono tanti ostacoli.

E’ una sapienza che ci chiede fiducia e di vivere per quello che conta: cominciai a sacrificarmi al Padre per tutti gli uomini” e a gustare “dei meriti e grazie”, è quella lei aveva scoperto come sua vocazione.

Pietro riceve un rimprovero durissimo. Pietro vuole bene a Gesù, si preoccupa di lui eppure si sente chiamare Satana. Satana perché tu pensi non secondo Dio ma secondo gli uomini. Ma come si fa a passare  dal pensare secondo agli uomini a … Dio? Come si fa a passare da una vita senza senso ad una vita ricca e bella? Dal mediocre a  quello che vale? Va dietro a me dice Gesù. Pietro vuole quasi che Gesù segua lui ma Gesù gli dice: Sei tu che devi seguire me. È la chiamata di Pietro: seguimi. Camminare non è andare dove mi pare, camminare è seguire; vivere è aprire l’orecchio e non opporre resistenza, seguire è imitare Gesù. Andai alla santa comunione e mi trasmutaste in voi.

Infatti scrive la Beata: la memoria scaturisce necessariamente dall’imitazione. Le Redentoriste dovranno imprimere in loro “la vita e la vera somiglianza” del Redentore, divenendone “in terra vivi ritratti animati”. Non va mai dimenticato però che si tratta di una imitazione per partecipazione operata dallo Spirito, che non si stanca di tracciare in noi la pienezza della somiglianza del Cristo. Infatti questo significa che imitare Gesù non significa contare su se stessi e sulle proprie capacità, ma lasciarsi riempire dallo Spirito del vangelo.

“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.”

La vita, infatti, care sorelle, lo sappiamo è una lotta tra «fiducia nelle cose di Dio» e «fiducia nelle cose degli uomini».

Ma la vita cristiana, vivere la propria vocazione deve essere tenere lo sguardo fisso sul Cristo per lasciarsi trasformare in lui dallo Spirito in maniera da diventare segno trasparente per i fratelli a gloria del Padre, “in terra vivi ritratti animati”. Pietro risponde bene ma lui vuole seguire Gesù senza “seguire” Gesù. Ragionava secondo gli uomini che cercano il successo, la vittoria, la sconfitta del nemico e Gesù si trova costretto a spiegare che lui è un messia diverso ed a chiarire cosa serve per camminare con lui .

Gesù chiede delle cose per poter camminare dietro di Lui, altrimenti si cammina davanti a Lui: Rinnegare se stessi e prendere la propria croce, perdere la propria vita, cioè vivere nell’amore che scaturisce dal vangelo, cioè credere che la vera forza è nel servire non nell’essere serviti. Che il vero potere è quello dell’amore. Tutto passa, solo Dio, il suo amore resta.“La contemplazione assidua del mistero del Cristo svilupperà in noi quella caratteristica di gioia sorridente e irradiante, di chiara semplicità e di fraternità vera, che è specifica della nostra comunità”

Contemplare il mistero di Cristo è in fondo rinnegare se stessi per perdersi in Lui. E questo non significa non amarsi, ma credere che il vero amore non cerca per sé, ma è felice solo dell’amore donato. Per questo rinnegare se stessi significa anche credere che la propria croce, nel senso la croce che ci appartiene, è quella dei poveri, degli anziani, dei bambini; è la croce delle sorelle della comunità che vanno aiutate a portarla, caricandosi dei pesi gli uni degli altri, per rendere più leggero il loro cammino.

E perdere la vita è in fondo accettare di cambiare, di rinnovarsi, di convertirsi, di lasciarsi trasformare dal vangelo dell’amore e della pace, e se il Signore permise che Suor Maria Celeste fosse oggetto di umiliazioni e calamità, fu perché, facendo esperienza del fallimento, diventasse più simile al suo sposo divino, Gesù.

Giovanni Paolo II scrisse nel suo messaggio per il terzo centenario della sua morte: La carità fraterna, che nasce dalla contemplazione, è grazia che dovete saper condividere con i fratelli attraverso quell’accoglienza evangelica, ricordata costantemente dalle vostre Costituzioni, La preghiera cosi vissuta fa dei vostri monasteri dei centri di accoglienza cristiana per coloro che vanno in cerca di una vita semplice e trasparente per incontrare nel Cristo il senso pieno della vita.

Abbiamo tutti bisogno di scendere in profondità nella conoscenza di Gesù. Come Pietro siamo ancora all’inizio della nostra comprensione. Gesù è pace, i suoi seguaci sono figli del Dio della pace. La forza di Dio non è nella potenza, nella forza, ma nell’amore che vince sullo scontro, sulla violenza.

Per questo bisogna ascoltare e parlare al cuore per liberarlo dal dominio dell’io, dal culto dell’onnipotenza o dalla prigionia della rassegnazione. Il cambiamento comincia da se stessi. Perché senza cambiamento del cuore, non è possibile un mondo diverso. GPII: La contemplazione delle “meraviglie operate in Maria dal Signore” e lo sforzo costante a “maturare una pietà mariana sempre più vera e profonda”, come affermano le vostre Costituzioni (n. 8), contribuiranno a darvi slancio e fiducia.

Care sorelle, Maria è per noi non solo la madre del Signore, ma anche il modello di ogni perfezione evangelica e la vita di Maria ci ricorda che quello che conta davanti a Dio non è la forza, ma quello che conta è l’umiltà. Ha guardato l’umiltà della sua serva d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Maria Celeste ha vissuto l’umiltà di portare la sua croce e di seguire Gesù quando dovette lasciare la sua comunità. Infatti lo sappiamo lei venne isolata dalla comunità monastica e privata dell’Eucaristia per poi essere espulsa e con lei, volontariamente, uscirono le altre due sorelle.

Finalmente nel 1742 a Foggia suor Maria Celeste poteva costituire la sua comunità di monache e attuare il carisma che le era stato ispirato, guidando le consorelle, ma anche le ragazze del ceto medio che venivano educate nel monastero, con equilibrio e responsabilità.

Per lei, la vita delle monache doveva essere una perfetta imitazione della vita del Cristo; di conseguenza, doveva ispirarsi alla essenzialità, attinta dalla familiarità con la Parola e concretizzata nel donarsi senza riserve al prossimo, come scrisse nella prima Regola.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il giovane fratello redentorista Gerardo Maiella e di tutto il popolo di Foggia ebbero per lei una grande ammirazione, da chiamarla, come dicevo, “la santa priora”.

Care sorelle, cari fratelli, camminiamo dietro Gesù, lasciamoci trasformare da lui e vivremo, come suor Maria Celeste, la gioia del vangelo, che il mondo non conosce ma di cui ha però un grande bisogno per poter vivere nella fede, nella speranza e nella carità di Cristo, nostro Signore e Redentore nostro.

+ Giuseppe, vescovo