Cari fratelli,
nel mese di maggio dedicato a Maria ci siamo voluti ritrovare in questo luogo di preghiera intitolato a Lei, la Madonna del Roseto. Questo luogo ha ricevuto il titolo di Santuario, insieme ad altri luoghi a Maria dedicati, perché abbiamo voluto confermare e ratificare quello che già la fede del popolo aveva indicato, cioè che nel cuore della gente questo e gli altri luoghi erano già percepiti come santuario pur senza averne il titolo. Ne sono testimonianza i pellegrinaggi spontanei ed organizzati, come anche la fede dei singoli che ha sempre visto questo, e gli altri luoghi, come casa abitata da Maria, dove venire per portarle gioie, affanni, speranze, dolori, per pregare, supplicare, per aprire il proprio cuore come si può aprire ad una madre premurosa ed affettuosa. Per ricevere, attraverso la preghiera, una sua carezza e fare esperienza della sua tenerezza. Proprio perché è casa di Maria, casa della Madre, è casa che vuole accogliere con amore tutti, che guarda con simpatia tutto ciò che è umano. Tutto. Dio non rinnega nessuno dei suoi figli. È uno dei passaggi centrali della breve “intervista” concessa dal Papa sulla Chiesa e le persone Lgbt. In particolare, al quesito: “Qual è la cosa più importante che le persone Lgbt devono sapere di Dio?”, il Papa risponde in modo molto semplice e altrettanto chiaro: «Dio è Padre e non rinnega nessuno dei suoi figli. E lo stile di Dio è vicinanza, misericordia e tenerezza. Lungo questa strada troverai Dio».
Infine: “Cosa può dire a un cattolico Lgbt che ha subito un rifiuto da parte della Chiesa? «Vorrei che lo vedesse non come “il rifiuto della Chiesa”, ma da parte di “persone nella Chiesa”. La Chiesa è madre e convoca tutti i suoi figli. Prendiamo ad esempio la parabola degli invitati alla festa: i giusti, i peccatori, i ricchi e i poveri, eccetera. Una Chiesa selettiva, di “sangue puro” non è la Santa Madre Chiesa, ma piuttosto una setta».
Il Sinodo ci ha chiesto questo, in particolare verso i lontani: chiesa della vicinanza, della premura, della prossimità, chiesa con un cuore di madre, con il cuore di Maria.
Quanta emozione nel cuore di chi viene qui! Quante lacrime accompagnano la preghiera di tanti e che chiedono a noi di comprendere il bisogno profondo di misericordia, di amicizia sociale, di riconoscere la domanda di amore che la disillusione, la praticoneria, la rassegnazione spesso non ci permettono di comprendere. Quanta attesa di vicinanza, di carezze, di speranza! La devozione che Maria suscita in tanti anche abitualmente lontani, (quanti non praticanti vanno nei santuari), ci spinge a seguire anche noi la giovane donna di Nazareth che va con fiducia verso l’umanità così come è, convinta che tutti possono essere raggiunti da un sentimento di amore. Aiutiamo questa madre con la nostra rinnovata prossimità alle persone, per generare le cose grandi di Dio oggi.
In questo tempo così difficile, incerto, complesso, Maria ci chiede di essere Chiesa madre di misericordia. Il senso della vita della madre sono i figli. La madre è definita dai figli, altrimenti non sarebbe madre. Se la Chiesa non è madre, non ha futuro, perché senza figli diventa sterile, si chiude, si deforma, si ammala. L’amore verso i suoi figli più piccoli qualifica la madre perché si capisce se è davvero madre da come protegge i più deboli e da come chiede agli altri figli di fare altrettanto, come quando si ha un figlio malato. La nostra non può essere mai una “misericordia da burocrati”, insomma che si accontenta di quello che si può fare. La misericordia anticipa il futuro e crea quello che ancora non c’è. E questo non si può delegare e non ci deve spaventare. Non arriva subito; non dobbiamo avere tutte le risposte, ma solo la ferma convinzione che “nulla è impossibile a Dio” e che nulla è impossibile a chi crede. Tanta sofferenza chiede la vicinanza della madre, che non aspetta altro di potere manifestare la sua vicinanza e che non può accettare di perdere uno solo dei suoi figli! Per questo la Chiesa non si compiace di quello che fa, perché ha solo gli interessi di una madre, non è una maestra o un’organizzatrice. Non fa aspettare a lungo, ha sempre fretta la madre, perché sa che farlo significa lacrime, smarrimento nella solitudine, angoscia, indurimento del cuore, disillusione. Questa madre non accetterà mai la logica del mondo, quella del “salva te stesso”, perché lei cercherà la salvezza per i figli, sempre. E continuerà solo a dire: “fate quello che vi dirà”.
Ci fa tanto bene stringerci a lei anche a noi, diversi per età, sensibilità, storia, – perché siamo diversi – eppure tutti figli di questa unica madre. Comprendiamo meglio il tanto che ci unisce, che è sempre nostro, nonostante il nostro peccato. Siamo tutti pastori più o meno maturi, eppure proprio come quando i fratelli si riuniscono attorno alla madre scopriamo sempre meglio che la volontà della madre è che i suoi figli si pensino assieme. Maria Madre dei sacerdoti parla di una fraternità da vivere, di cui siamo poco consapevoli, eppure così necessaria. Una Chiesa che non sa essere luogo della mia fraternità sacerdotale, è una chiesa dove quello che divide ha superato quello che unisce e questo è molto grave perché dietro quello che divide c’è sempre il divisore, sempre pronto a far pensare che in fondo si può stare senza gli altri, che io ho tante cose da fare e non ho tanto tempo. Questo amore tra fratelli intorno a nostra madre non potrà mai diventare un condominio. Questa madre ci chiede con dolcezza, in modo personale perché solo io posso rispondere, di avere cura di questa comunione, di uscire da rifugi personali dove a volte ci isoliamo, di liberarci dalla sottile tentazione di essere autosufficienti, di non preoccuparci del ruolo ma solo di questa casa. Maria, madre della comunione, corre incontro a Elisabetta, ci aiuta a cercare sempre la comunione con lei e con i suoi figli; a farlo anche quando ci sembra tradire le nostre ragioni, perché solo così possiamo essere credibili, perché l’unica ragione è quella di gareggiare nello stimarci a vicenda, perché la comunione non è solo un fine è anche un metodo e solo la comunione ci protegge dal sottile individualismo, ci rende forti, permette di costruire la chiesa. E la comunione cresce se la curiamo, con attenzione, sensibilità, insistenza, Quanta comunione ho trovato nella chiesa di Cerreto e di questo ringrazio di cuore il Signore. I nostri santi patroni ci aiutano in questo. Tante divisioni però sono entrate nella Chiesa. Ci sono critiche e giudizi talvolta molto severi sulle scelte e sulle parole del papa. Soprattutto si va avanti come se non ci fosse una visione comune, almeno sulle questioni più importanti, come se non ci fosse un servitore dell’unità. Lo vediamo in questi mesi di guerra in Ucraina. Addirittura, la tradizionale dottrina della Chiesa sulla pace è sottovalutata e scavalcata – in alcuni episcopati – da posizioni opposte. Tutto questo indebolisce la predicazione della Parola di Dio e la forza profetica del Vangelo.
Fratelli, preghiamo sempre per il papa e per l’unità della Chiesa. E viviamo sempre quello spirito di unità che solo può permetterci di essere profetici e misericordiosi. Il Signore ci ha preservato nell’unità e ne vediamo i frutti buoni: oggi vogliamo dire che l’Ucraina confina con i nostri Paesi e i russi sono nostri fratelli. Questo è il frutto dell’unità per cui vale la pena rinunciare a qualche ragione.
Dicono che per far finire la guerra bisogna fare più guerra, mentre noi diciamo che non è vero che guerra più guerra fa pace in Ucraina e ovunque, ma che significa solo un più grande massacro di vite umane. Molti dibattono e dicono: allora come lo fermate voi Putin? Lo fermate con le preghiere, con le marce per la pace, con le carovane dei pacifisti, con le emozioni della Caritas che portano cibo e medicine in Ucraina e riportano indietro in salvo i disabili e ancora altri profughi? Lo fermate con la diplomazia degli smidollati disposti a parlare con il criminale del Cremlino? Lo fermate con le buone intenzioni, con le buone azioni quelle che le nonne, le madri, le maestre ci insegnavano e ancora ci insegnano quando siamo bambini?
Sembra tutto molto ragionevole, ma c’è da rispondere: scusate ma voi che avete come unica risposta la guerra e tutte le armi e tutte le strategie, tutte le ragioni, e tutti i calcoli giusti, lo avete forse fermato Putin? O vi state facendo suoi soci della nuova guerra? Voi lo state fermando con le vostre armi? Voi che vorreste proibirci anche solo di dire che una terra più piena di armi non è un posto sicuro ma è un mondo che non sa vivere la pace e dunque si prepara a far perdere all’umanità la prossima guerra, voi che risultati state ottenendo?
Maria ci ricorda come la storia d’amore tra Dio e l’uomo inizia in una comunione di volontà, quando la sua e la nostra, quella personale e quella della chiesa, coincidono. L’ultima preghiera di Gesù è per l’unità. Guardando ai discepoli che rappresentano la pienezza del popolo di Dio prega il Padre che “siano una cosa sola, come noi” (Gv.17,11). Gesù prega e muore per l’unità della famiglia umana. Gesù, il Messia, è il segno visibile, dato ai popoli perché smettano di essere dispersi, in lotta, in guerra tra loro. Un segno visibile nel quale ritrovarsi in pace e unità.
Questo sogno antico si è realizzato in Gesù. Innanzitutto, nella sua vita, nelle sue parole, nel Vangelo che ci ha lasciato come parola di vita. Lui si è levato sulla croce per attrarre tutti i popoli alla pace e all’amore. La Chiesa è chiamata ad essere segno visibile di pace, riferimento per l’umanità sulla via della pace.
Cari fratelli, davanti a noi c’è la Pentecoste: sia questo un tempo abitato dallo Spirito! Perché dello Spirito abbiamo bisogno, del respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene, diffonde la gioia. Lo Spirito Santo è Colui che ci guida dove Dio vuole e non dove ci porterebbero le nostre idee e i nostri gusti personali. Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa. E questa è la sfida. Bisogna pregare per la pace e non per la vittoria. Invece oggi i cristiani sia in Ucraina, sia in Russia sono in un certo senso costretti a pregare per la vittoria.
Maria, Madre della speranza, continua a intercedere perché l’acqua sia trasformata nel vino buono del suo amore e perché il Padre e il Figlio riversino su di noi, come in una nuova effusione, lo Spirito Santo, perché la tua Chiesa con entusiasmo comunichi a tutti il vangelo della pace. Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il nostro cuore di sacerdoti e pastori. Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra; rendila nuova con il dono della pace.
Amen.
† Giuseppe, vescovo