Festa di Sant’Agata v. m., Patrona della Città di Sant’Agata de’ Goti

Chiesa Concattedrale, Sant’Agata de’ Goti (BN)
05-02-2022

Care sorelle e cari fratelli è la mia prima celebrazione per Sant’Agata, vergine e martire catanese, patrona di questa città, e sono molto contento di celebrare con voi. Saluto Don Franco, Don Antonio, Don Guido dell’unità pastorale; Saluto il Sindaco e le autorità presenti.

Gesù nella sua predicazione non inganna i tanti che accorrono ad ascoltarlo, non li attira con promesse di una vita facile ricca di soddisfazioni, non garantisce benessere e prosperità, protezione dai mali della vita, parla invece di rinnegare sé stessi, perdere la vita per lui, prendere la croce; tutte cose che cozzano contro l’istinto di difendere sé stessi, la propria vita, evitando, per quanto possibile, ogni situazione che possa portare disagio o produrre dolore. La storia dei martiri ci introduce invece nella lotta tra il bene ed il male, tra la grazia di Dio e lo Spirito di questo mondo ed è la storia di vittorie dello Spirito sulle forze del male, una storia di grazia divina che dona alla creatura la forza di dare la vita per il suo Creatore, la forza di vivere con coraggio: “Se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male, perché Tu sei con me” ci ricorda il salmo 23. Mentre nel salmo che abbiamo appena ascoltato il salmista dice: “In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso”.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato in questa liturgia della santa Patrona di Sant’Agata de’ Goti, ci dice che i martiri non sono vittime, ma testimoni e ci fa capire come il martirio sia sempre testimonianza di una realtà di amore: anche questa festa di Sant’Agata ci parla di un amore che non si nega, che non gira le spalle e che è talmente fedele al punto di offrire anche la vita. “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici”, aveva detto il Signore. Tanti cristiani sono stati uccisi perché hanno scelto di rimanere fedeli al Signore Gesù, al suo Vangelo; altri perché sono rimasti in zone altamente rischiose da cui tutti erano fuggiti. Altri hanno dato la vita proprio perché hanno deciso di non fuggire e rimanere accanto alla loro gente.

Il martirio cristiano ci parla di amore e non di odio; ci parla di persone che rispondono all’odio con la mitezza, che rispondono alla violenza con la preghiera ed il perdono. I martiri non chiedono vendetta ma chiedono di vivere un amore all’altezza di quello che loro hanno vissuto. Ricordate le parole di Stefano, il primo martire che invocava al Signore il perdono per quelli che lo stavano lapidando? “Signore, non imputar loro questo peccato”.

Tanti, come sant’Agata, avrebbero potuto salvare la propria vita dicendo rinnego la mia fede, ma hanno scelto la via della fedeltà al Signore Gesù. Come Gesù stesso che liberamente e non perché costretto, sceglie di donare la sua vita per noi.

E sono tanti i martiri in tante parti del mondo, e più che nei primi secoli; penso a tanti missionari, sacerdoti, religiosi, religiose, laici, e la loro testimonianza colpisce e forse ci inquieta nella nostra tiepidezza.

Colpisce il racconto del Secondo Libro dei Maccabei: sette fratelli e la loro madre contro l’arroganza violenta di chi calpesta la loro dignità e la loro libertà imponendogli o di rinunciare alla propria fede o di subire la morte. I 7 fratelli e la madre possono sembrare dei vinti o degli illusi che hanno confidato vanamente sull’intervento di Dio, ma in realtà sono uomini di fede che scelgono di affermare il primato di Dio nella loro vita. Dissero quei giovani figli al loro persecutore: Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna… ma per te la risurrezione non sarà per la vita”. L’ultima parola sulla vita dei martiri è quella di Dio, non quella del male.

«I martiri non sono ‘santini’, ma uomini e donne in carne e ossa» ha detto papa Francesco.

Gesù chiede nel Vangelo ascoltato di “non aver paura di quelli che possono uccidere il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima”. Il Vangelo ci ricorda che la vita dell’uomo non è abbandonata al caso, ma è custodita con amorevole premura dal Signore… Sant’Agata, a Catania, ancora fanciulla, nel pieno della persecuzione conservò nel martirio puro il corpo e integra la fede, offrendo la sua testimonianza per il Signore. Di questa testimonianza colpisce anzitutto, l’età poco più che adolescente di Agata, una fanciulla, ancora molto giovane ma capace di affrontare la prova decisiva della sua vita, capace di una fermezza che stupì chi pensava di poter avere facile gioco di lei. Sant’Ambrogio celebrando il martirio di Sant’Agnese, giovanissima vergine e martire romana: “Le fanciulle, sue coetanee, tremano anche allo sguardo severo dei genitori ed escono in pianti e urla per piccole punture, come se avessero ricevuto chissà quali ferite. Essa invece rimane impavida fra le mani dei carnefici, tinte del suo sangue”.

Dei suoi primi anni di vita non ci sono giunte testimonianze documentate, ma si può supporre che sin da bambina Agata abbia ricevuto dai genitori una buona educazione e che da loro abbia appreso il valore delle virtù cristiane.

Obbediente ai genitori, che amava profondamente, ma più di ogni cosa amava Dio. Fuggiva il lusso e la vita mondana, cresceva in santità. E fu questo allenamento quotidiano alla rinuncia e al sacrificio che le permise di prepararsi ad affrontare la grande prova del martirio.

A 15 anni si consacra a Dio ricevendo il velo rosso porpora che era indossato all’epoca dalle vergini consacrate. È il velo rosso della consacrazione che, in questa immagine voluta dalla Società Operaia, lei quasi vuole stendere sulla nostra città di Sant’Agata de’ Goti e questo velo parla di protezione sua su ognuno di noi. Alla fine della celebrazione ci sarà l’atto di affidamento di Sant’Agata a lei. Fu, la sua vita, come una casa costruita sulla roccia che riesce a resistere alle tempeste. Di fronte alle contrarietà della vita e particolarmente di fronte a prove assai dolorose, la reazione di tanti cristiani è di incredulità e di rimprovero nei confronti di Dio perché la prova subita è ritenuta una ingiustizia. Nella pandemia quanti hanno imprecato contro il Signore. Agata ci avverte che la prova e la persecuzione della vita non sono un castigo, ma che il Signore è la vera forza per superare la tempesta della vita, Lui è la roccia. Colpisce nel suo martirio la fierezza di Agata: convinta della scelta fatta per Cristo al quale si era consacrata rifiutò le proposte del prefetto romano Quinziano, che la inviò alla tenutaria di un bordello. Trovandola una donna tenace e intrattabile, anche costei rifiutò l’incarico di Quinziano, che, dopo minacce e pressioni, la fece mettere in prigione. Tra le torture subite vi fu il taglio dei suoi seni con le pinze; in prigione, San Pietro, apostolo e martire anche lui, le apparve e guarì le sue ferite. Sant’Agata morì in prigione. Il velo rosso, diventò una reliquia preziosissima che nei secoli ha protetto il popolo di Catania da grandi tragici eventi.

Si racconta che nel corso del processo al quale si presentò vestita da schiava come usavano le vergini consacrate a Dio, a Quinziano che le chiese: “Se sei libera e nobile perché ti comporti da schiava?” Agata rispose “Perché la nobiltà suprema consiste nell’essere schiavi del Cristo”. Sant’Agata aveva preso veramente sul serio le parole di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina sé stesso? Ha preso la sua croce; ha scelto di perdere la sua vita per Cristo; ha guadagnato la vita che non ha fine, risplende come stella che illumina la strada verso il Regno di Dio. Agata, la santa Patrona, oggi, in questo tempo di dubbi, smarrimento, sfiducia, incertezza ci chiede di ripartire da Dio, dal suo amore, dal suo Vangelo e offre l’esempio di una vita coerente con la fede professata e chiede a tutti una testimonianza personale di adesione a Cristo. “Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò… chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.

Il nemico oggi non è solo il virus, ma è il clima di tristezza diffuso, di pessimismo, di delusione, di sfiducia. Se il vaccino e le precauzioni ci aiutano a combattere il virus, il Vangelo ci aiuta a combattere il virus della rassegnazione per aiutarci a riscoprire la bellezza di essere comunità di popolo, amici di Dio, amici di Sant’Agata, amici degli uomini.

Cari amici, oggi, in questo tempo incerto e fragile, in questo tempo sospeso, è forte la tentazione di valutare il tempo che viviamo con pessimismo e sfiducia, e, certo, potremmo averne i motivi. Già al tempo di S. Agostino molti dicevano che i tempi passati erano migliori. Sant’Agostino contestava questo modo di pensare dicendo che questi lo affermano perché non c’erano. “Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene, e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”. È l’oggi di Dio che conta, non ieri.

Carissimi fratelli, noi siamo i tempi, noi qualifichiamo – nonostante il male – la nostra vita e, con la nostra vita, possiamo rendere migliore la vita di tanti. Ieri papa Francesco nell’anniversario della Giornata della Fratellanza umana, documento firmato 3 anni fa da lui e dal grande Imam Ahmed Al-Tayyeb diceva: “Tutti viviamo sotto lo stesso cielo, indipendentemente da dove e da come viviamo, dal colore della pelle, dalla religione, dal ceto sociale, dal sesso, dall’età, dalle condizioni di salute e da quelle economiche. Siamo tutti diversi eppure tutti uguali, e questo periodo di pandemia ce lo ha dimostrato. Ripeto ancora una volta: da soli non ci si salva! …

E per questo oggi, lo ripeto, non è tempo di indifferenza: o siamo fratelli o crolla tutto. E questa non è un’espressione meramente letteraria di tragedia, no, è la verità! O siamo fratelli o crolla tutto, lo vediamo nelle piccole guerre, in questa terza guerra mondiale a pezzetti, come si distruggono i popoli, come i bambini non hanno da mangiare, come cala l’educazione … È una distruzione. O siamo fratelli o crolla tutto. Sant’Agata, vergine e martire catanese, stenda il suo velo fatto di preghiera su questa nostra città; interceda per tutti noi perché siamo liberati dalla pandemia, nel nostro tempo siamo ogni giorno artigiani di pace, testimoni coraggiosi di Cristo e con la nostra fede operosa possiamo dare a tutti testimonianza di fedeltà al Vangelo, di amore alla pace, di misericordia verso i poveri.

E così sia.

† Giuseppe, vescovo