Il vescovo diocesano Mazzafaro sottolinea e si congratula: "Dove c'è Gesù, ogni posto è il centro. Siete senza dubbio un'associazione di cuori che hanno a cuore la vita".

Assemblea Azione Cattolica, l’appartenenza alla famiglia umana, cristiana e associativa al centro delle diverse riflessioni all’inizio dell’anno associativo

La vicepresidente nazionale Giovani Emanuela Gitto: “Nulla che è umano ci può essere estraneo. Prendiamoci cura del bello e del buono, perché genera altro bene”.

Il senso di appartenenza è generato dalla radice della propria identità. Nel caso dell’Azione Cattolica, un’appartenenza al proprio territorio da laici impegnati che aderiscono all’associazione. L’AC diocesana della Diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, ha preferito focalizzarsi su questo punto, all’Assemblea d’inizio dell’anno associativo a Faicchio (presso il salone della Casa Madre delle Suore degli Angeli), per tracciare una riga netta prima riprendere il cammino, avendo ben presente sia il “per Chi siamo?”, sia che l’AC è di tutti e per tutti. Il Consiglio diocesano ha voluto farlo partendo da un titolo-slogan (da una famosa canzone di Ambra Angiolini degli anni ’90) “T’appartengo ed io ci tengo”. In preparazione a quest’Assemblea d’inizio anno, che ha visto gli interventi principali della vicepresidente nazionale Giovani Emanuela Gitto e del vescovo diocesano mons. Giuseppe Mazzafaro, era stato proposto a tutti i soci di condividere ed esprimere il motivo per cui si sentono di Azione Cattolica. Dai ragazzi agli anziani, passando per i giovani e gli adulti, le risposte ricevute sono state numerose, emozionanti e commoventi. “Facciamo attenzione ai gesti e alle parole – ha detto la vicepresidente nazionale Giovani – per essere frutto nelle nostre comunità. Prendiamoci cura del bello e del buono, perché genera altro bene. Nulla che è umano ci può essere estraneo. E l’ascolto dell’altro presuppone un dinamismo. Siamo portatori del bene e del bello, abitiamo i luoghi dove siamo chiamati ad essere”. Questo richiama, necessariamente, ad un educarci e ad un responsabilizzarci rispetto alle parole che diciamo e in cui crediamo o diciamo di credere, ha sottolineato il presidente diocesano di Ac Giovanni Pio Marenna. “Dobbiamo sempre provare ad essere consequenziali alle parole che pronunciamo o che scriviamo. Con le nostre scelte. Con gesti ed azioni. Le parole possono mediare la realtà e sono talmente potenti da avere un ruolo importante nel plasmare la nostra coscienza e le nostre percezioni. È un’illusione pensare che le parole siano un qualcosa di neutro o di indifferente. Le parole che scegliamo di esprimere ci schierano apertamente, in un senso o in un altro. Per questo, alla luce della via del Vangelo, siamo sempre chiamati a scegliere in maniera netta da che parte stare, se cioè dalla parte dell’umanità o se dalla parte diametralmente opposta”. Avere gli occhi fissi su di Lui è l’appartenenza di tutti i credenti, prima di tutto. Ma quell’appartenenza cristiana è anche un avere e sentire gli altri dentro, tatuati nella propria pelle. “Dove c’è Gesù – ha esordito il vescovo diocesano mons. Mazzafaro – ogni posto è il centro, altrimenti diventa periferia. L’Ascolto della Parola è la condizione indispensabile per ascoltarlo, perché orienta il cuore e ci fa guardare tutti nella stessa direzione. L’appartenenza ci salva, perché ci dice che non siamo soli”. Il vescovo diocesano, infine, ha augurato all’Ac di avere sempre un entusiasmo così contagioso della presenza dello Spirito e di un cuore inspirato da Dio. “Siete senza dubbio un’associazione di cuori che hanno a cuore la vita”, ha concluso mons. Mazzafaro. Guardare la nostra realtà sempre più complessa ma bellissima, con gli occhi di Gesù, e quindi con gli occhi del Vangelo, naturalmente deve scomodarci, interrogarci, scuoterci, indignarci e, da credenti, impegnarci. Ed è proprio in questo partire e ripartire sempre da quel motore che ci anima che è Gesù Cristo, che l’annuncio del Vangelo, l’ascolto del territorio e la costruzione delle relazioni (i temi principali che hanno suscitato domande alla relatrice) avvengono in ognuno di noi, a seconda dei diversi carismi che ci sono stati donati. “Nell’annunciare il Vangelo – rispondeva Emanuela Gitto ad una delle domande ricevute – partiamo anzitutto da noi, dai e nei luoghi che abitiamo, con una testimonianza del messaggio di Cristo non da comizio pubblico, ma che si fa pratica in modo diretto nei gesti e negli sguardi. L’unico modo per annunciare il Vangelo non è di strumentalizzarlo ad uso e consumo del momento, ma di viverlo. E di viverlo seriamente e concretamente prima noi”. Pronti, dunque, tutti a ripartire, riscoprendo la bellezza dello stare insieme.