Antonio, Michele, Tonino, Marcello, Nicola e Giuseppe con le loro rispettive aziende agricole, Gianni con conserve e confetture artigianali, Lorenzo e Nicola con le loro prosciutterie, Rosa con il suo pastificio, Giuliano e Salvatore con i loro caseifici, Mario con il suo tartufo, Marino con la sua birra e Roberto con i suoi dolci e pasticcini artigianali, che è anche il referente della Comunità. Sono loro gli indiscussi Custodi del Monte Mutria, gruppo che s’è consolidato negli ultimi anni, ma che s’è presentato ufficialmente al territorio nel tardo pomeriggio di martedì a Pietraroja. Vogliono essere i custodi di prodotti sani e di biodiversità locale, di genuinità e tradizione da salvaguardare, di impegno e passione da curare, di tenere vive, abitandole e valorizzandole, le ricchezze del proprio territorio. Lo ricordava anche il vescovo della Diocesi, mons. Giuseppe Mazzafaro, in un suo messaggio di saluto alla Comunità di giovani produttori, promossa da Slow Food Valle Telesina, dall’Azione Cattolica diocesana, dai comuni di Cusano Mutri e Pietraroja e dal Gal Titerno. “Il titolo della vostra iniziativa contiene la parola CUSTODI e sottintende il verbo custodire, entrambi importantissimi nelle pagine bibliche. Dio Creatore affida all’uomo il suo giardino perchè lo custodisca, cioè lo porti alla massima fioritura possibile. So che è questo il vostro intento di fondo”. La stessa barca, di cui ci parlò papa Francesco lo scorso anno, passa dal fatto che, ancora di più in questo momento, non possiamo fare traversate oceaniche da soli, ma abbiamo tutti il dovere di camminare insieme allo stesso passo e, laddove qualcuno fa più fatica, di attendere i passi dell’altro senza dimenticare però, nel frattempo, di muovere i nostri verso l’altro e nei luoghi che abitiamo. “Questa vostra iniziativa si inserisce pienamente all’interno del percorso che la nostra Diocesi sta compiendo per custodire e soprattutto per far crescere questo nostro bellissimo territorio. L’attuale situazione di crisi (per la pandemia, ma non solo) – ha fatto presente il vescovo – può portarci a perdere lo sguardo positivo sul futuro. Ma anche questo tempo può risultare profondamente fecondo. Papa Francesco molte volte ci ha ricordato che non ci salviamo da soli; e proprio nelle prove più dure, la possibilità di essere solidali e di aiutarci reciprocamente può essere la luce necessaria per continuare a camminare”. Dopo una breve presentazione dei protagonisti, in attesa di mostrare i propri prodotti nella saporita vetrina-percorso al termine della tavola rotonda, sono intervenuti rappresentanti di Slow Food Campania e Slow Food Basilicata, nonché i fiduciari uscenti e attuali. Mentre Mariarosaria Donnarumma della Comunità Slow Food dell’ “Orto Condiviso Vesuviano” e suor Raffaela Letizia della Comunità Emmanuel di Faicchio hanno raccontato la propria esperienza. Donnarumma ha condiviso il percorso dell’orto condiviso, inteso come ambiente didattico di apprendimento rivolto a giovani e ad adulti, e di impegno di costoro nelle attività di semina, coltivazione e condivisione del raccolto, rispettando la biodiversità e la stagionalità dei prodotti e realizzando un’agricoltura sostenibile. Suor Raffaela Letizia ha illustrato l’intesa che ha caratterizzato, quasi da subito, la sua comunità di recupero per le dipendenze patologiche con la Condotta Slow Food: da Orti STOrti (Sociali e Terapeutici Orti), il programma di orticoltura sociale e terapeutica lanciato insieme all’UOCSM – Asl Bn1 di Puglianello, al laboratorio di panificazione “Buono come il pane” che coinvolgerà i ragazzi dell’Istituto penale minorile di Airola. Il responsabile diocesano della Scuola d’Impegno Socio-Politico don Matteo Prodi, infine, ha ricordato, oltre all’impegno dei vescovi della Metropolia per il rilancio delle aree interne e della nostra Diocesi con l’itinerario “Giovani e Lavoro”, l’aspetto di umanità e di profezia di quest’iniziativa, un tassello non solo simbolico ma concreto di speranza preziosa ed immensa nel tessuto socio-economico del nostro territorio che vuole provare a prendersi cura dell’ambiente, dello sviluppo economico e lavorativo attraverso economia circolare e spesa sostenibile e della politica, intesa come convivenza solidale capace di valorizzare beni comuni e imprenditorialità diffusa. Lo stesso vescovo Giuseppe ha proprio sottolineato più volte, nel suo saluto, il valore profetico del dover unire tutti le forze. Profetico perché capace di rilanciare la bellezza della vita. Profetico perché segno del cambiamento che si vuole vedere. Un cambiamento che parte dalla terra. E che, già da alcuni anni, con Slow Food Valle Telesina, il cui referente da qualche mese è il ristoratore e pizzaiolo Giovanni Civitillo, è pienamente iniziato. Caciocavalli, arrosticini, prosciutti, pane, pasta, biscotti, miele, tartufi bianchi e neri, patate interrate, grani antichi, miele e birra. Il sogno di un cambiamento passa dalla genuinità di questi prodotti e da giovani coraggiosi che investono su questa produzione nella propria terra. E, forse, su questo la scuola di formazione per imprenditori, lanciata da don Matteo Prodi nel suo intervento, potrebbe essere un’ulteriore freccia all’arco del Sannio-Pentro. Presenti anche, oltre al presidente diocesano di Azione Cattolica Giovanni Pio Marenna, l’animatore di comunità del Progetto Policoro Danila Boni e il direttore della Pastorale Sociale e del Lavoro Fabio Della Ratta.
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